Alcune considerazioni sull’anticipo a 5 anni

Alcune considerazioni sull’anticipo a 5 anni

di Claudia Fanti

 

Tanti anni fa scrissi un articolo sull’ argomento: l’anticipo a 5 anni della frequenza alla scuola elementare.

Era il 2002, epoca della Riforma Bertagna – Moratti. Inserisco il link per comodità del lettore interessato: http://www.edscuola.it/archivio/ped/anticipo.html

Ora la questione si ripropone, almeno nelle dichiarazioni preelettorali del Ministro Stefania Giannini.

La prima reazione è stata di grande stupore, non perché i ministri nel passato non abbiano annunciato cose che non stavano né in cielo né in terra, bensì per il fatto che ritenevo ormai impossibile che si affondasse ancora e ancora il coltello nella piaga della scuola primaria tagliata fino all’impossibile.

Se Sparta piange, Atene non ride: mi riferisco infatti anche alla scuola dell’infanzia.

Sono gli ordini di scuola che maggiormente negli anni hanno avvertito il sommovimento culturale, sociale, economico di tutto il Paese, perché i bambini sono nei loro comportamenti e atteggiamenti, specchio della realtà, specchio fedelissimo fatto di fragilità e paure, di tensione e di ansie, di tendenza alla fretta e alla mancanza di serenità che induce poi alla difficoltà di attenzione e di rievocazione… ecco, ritenevo che i due ordini di scuola avessero già dato in abbondanza.

Ai bambini e alle bambine della scuola primaria viene richiesto di tutto proprio dai documenti ministeriali: basta leggere le Indicazioni Nazionali per comprendere quanto si pretenda in competenze e apprendimenti dalla fascia di età 6-11.

Non sono certo bazzecole visto che bambini e bambine devono apprendere proprio i “codici formali” delle discipline.

Di gioco, certo non si parla, di pregrafismo e prelettura neppure, se non en passant, in modo implicito.

No no, bambine e bambini devono, alla fine dei 5 anni di frequenza, raggiungere dei traguardi prescrittivi per poter accedere all’ordine di scuola successivo.

Detta così sembra facile, ma non è.

Tra l’altro le nostre scuole, quando sono fortunate, hanno palestra e qualche aula laboratorio, ma nella maggioranza dei casi presentano aule anguste, non hanno né carta né gessi né colori né colla né forbici né cartoncini né strumenti-materiali musicali, ecc. ecc.

Dentro un’aula sono stipati bambini e bambine fino a numero di 26-27.

In corso d’anno vengono inseriti alunni e alunne provenienti da Paesi stranieri senza alcun supporto.

Le compresenze delle maestre, che per un numero esiguo di ore, qualche anno fa consentivano di fare piccoli gruppi o di recuperare alunni in difficoltà, sono inesistenti perché vengono utilizzate per coprire le supplenze (le supplenze brevi non ci sono più. Eliminate e sacrificate al dio denaro)…

Scusatemi se sono costretta a non parlare in versi, ma a raccontare la realtà.

Perché desidero essere esplicita? Semplicemente perché molti ritengono che bambini e bambine siano dei bambolotti da mettere seduti su una sedia e che una volta lì stiano belli e tranquilli a bocca aperta e che la maestra possa introdurre in quelle bocche i saperi necessari alla crescita e che poi quei bambolotti come per magia divengano umani e apprendano tacendo contenti del proprio sapere!

Non è così a 6 anni, figuriamoci a 5 e perfino a poco più di 4 anni (per i nati nell’ultima parte dell’anno solare).

Finiamola di prendere in giro la gente per bene con i “se la scuola fosse ludica”, “se le classi fossero poco numerose”, “se ci fossero strumenti adatti” ecc…

Bisogna essere pragmatici e ragionare sul fatto che le maestre con i polli nella stia stanno facendo spesso dei miracoli, poi ci sono alcuni casi di docenti che “scoppiano” perché a una certa età non sopportano più né la fatica fisica né quella tensione psicologica che procura il dovere sempre controllarsi nelle situazioni a rischio e dinanzi alle patologie comportamentali presenti in ogni classe senza potere ricorrere all’aiuto esterno di nessuno.

A volte si dice che il numero di alunni è ininfluente, visto che un tempo una sola maestra insegnava fino a 50 alunni di pluriclasse e io sorrido all’ingenuità di una tale affermazione di comodo, la quale finge di non tenere conto che spesso oggi neppure i genitori riescono ad arginare il proprio figlio/a quando riceve a una festicciola il compagno o la compagna di classe in casa e la mette a soqquadro infischiandosene dei rimproveri e delle contumelie degli adulti!

Se si aggiunge poi che i docenti sentono la pressione delle richieste esterne in relazione agli apprendimenti, quindi aumentano le richieste di prestazioni, immaginiamo come si potrebbero portare avanti insegnamento/apprendimento e buone relazioni in classi di bambini e bambini piccolissimi.

Non regge neppure la frase “il mio bambino è preparato a leggere, a scrivere, a esprimersi…”

No, perché in questo mondo bislacco, si sono aggiunti pure i voti e le scalette di giudizio a stimolare la competizione e a stuzzicare l’istinto di primeggiare di alcuni genitori e bambini/e influenzati da tale istinto.

Poi mettiamoci le prove Invalsi, le verifiche e i questionari e il quadro dell’accoglienza ai piccoli è bello che completato: bambini, bambine e maestre compresse a rischio di boom! Lasciamo perdere!

Invece, come società civile, come genitori, dovremmo chiedere che i governi si prendessero cura dell’infanzia di tutti e la considerassero degna di attenzione e rispetto profondendo un impegno in economia e in ascolto della pedagogia e della psicologia dell’età evolutiva e che rispettassero pure il lavoro di maestre e maestri rendendolo efficace tramite un numero adeguato di alunni, spazi decenti, strumenti di vario tipo a cominciare dai più necessari al bisogno di esprimersi e di giocare di bambine e bambini, che lasciassero libertà di valutazione e di insegnamento rendendo più facile l’applicazione di ciò che i docenti studiano e preparano per i figli di tutti.

Finora sono stati soltanto tagli e pretese in una realtà di deprivazione totale di mezzi e risorse.

Ogni ministro chiede, annuncia e destabilizza ciò che già è stato profondamente snaturato: non mi pare proprio il caso di parlare di anticipo, se mai si chieda alle docenti della scuola dell’infanzia se ritengano proficuo rendere obbligatorio almeno l’ultimo anno del loro ordine di scuola!