Digitale come meglio non si può

180 DIGITALE COME MEGLIO NON SI PUò di Umberto Tenuta

CANTO 180 Digitale Digitale! Digitale come mostro, Digitale come Bacchetta magica! Niente di tutto questo: Digitale può essere uno strumento per insegnare, e non va, oppure uno strumento per apprendere, ed è molto utile.

 

Nient’altro!

Credo di aver espresso il mio pensiero in tanti miei scritti in questa rubrica ed in www.rivista.didattico.com

Qui, se volete, lo riassumo.

Ne sento anch’io il bisogno, perchè troppo se ne sta dicendo a sproposito e mai abbastanza a proposito.

Tout court.

Se il Digitale serve per insegnare, tenere lezioni, relazioni, esposizioni, dimostrazioni, cambia poco.

Può rappresentare un grande risorsa se utilizzato dagli studenti per apprendere, scoprire, inventare, costruire conoscenze e competenze.

Per acquisire conoscenze rinvio a TOMMASO D’AQUINO:

<<vi è un doppio modo di acquistare la scienza: uno quando la ragione naturale da se stessa giunge alla conoscenza di cose ignote, e questo modo si chiama invenzione; l’altro quando la ragione naturale viene aiutata da qualcuno dall’esterno, e questa maniera si chiama dottrina (insegnamento). In ciò in vero che viene prodotto dalla natura e dall’arte, l’arte procede allo stesso modo e con gli stessi mezzi che la natura. Come infatti la natura guarirebbe riscaldando chi soffre di frigidezza, così fa pure il medico; per cui si dice che l’arte imita la natura. Il simile accade anche nell’acquisto della scienza: il docente cioè conduce altri alla scienza di cose ignote allo stesso modo che uno, scoprendo, conduce se stesso alla conoscenza di ciò che ignora>>[1].

Ritengo che questo criterio possa servire, di volta in volta, per creare le situazioni di apprendimento che riproducano quanto più possibile quelle in cui verosimilmente la conoscenza è stata acquisita dal primo uomo.

Al riguardo, ci limitiamo a riportare quanto, riprendendo J. Piaget, scrive Bruner:

<<Se è vero che l’abituale decorso dello sviluppo íntellettuale procede dalla rappresentazione attiva, attraverso quella iconica, alla rappresentazione simbolica della realtà, è probabile che la migliore progressione possibile seguirà la stessa direzione>>[2] .

Sintetizzando, le situazioni di apprendimento debbono essere predisposte, prima con materiali concreti, poi con materiali digitali ed iconici, infine con materiali simbolici.

Non ci stancheremo mai di ribadire che, per quanto possibile, i giovani operino prima con materiali concreti, comuni e strutturati (gli uni e gli altri!), poi con materiali digitali (preferibilmente, di realtà aumentate o, almeno, 3D, eventualmente con materiali iconici, oggi riproducibili in digitale, ed infine, ma proprio alla fine, con rappresentazione simbolica (parole orali e scritte, simboli).

Stante la ineliminabile funzione delle rappresentazioni concrete, non si deve minimamente pensare che il digitale possa sostituire la manipolazione, la pedipolazione, l’uso dei sensi e del corpo in genere.

Questo è il rischio, facile rischio, che ora si corre, e non solo a scuola.

Si vorrebbe sostituire il digitale al corporeo.

Ma già Vico insegnava.

Verum ipsum factum!

Gli uomini, e le donne, non cesseranno mai di sentire il bisogno di toccare, vedere, ascoltare, annusare, assaporare, correre, saltare, danzare, cantare, suonare…

Lasciamoli fare!

Poi, solo poi, al posto della tua bella o del tuo bello, ti porterai la sua foto nel portafogli!

Ed infine, ma non alla fine, dirai soltanto: Maria, Mario!

 

[1] Casotti M. (A cura di), De magistro, La Scuola, Brescia, 1957, p 28.

[2] BRUNER J.S., Verso una teoria dell’ístruzione, Arnando, Roma, 1967, p. 85.