Docenti precari “figli di un Dio minore”: l’Europa è contraria

da tecnicadellascuola.it

Docenti precari “figli di un Dio minore”: l’Europa è contraria

Sono in molti  a sostenere che in materia di precariato scolastico, l’Italia sta palesemente violando la normativa europea. E anche una volta entrati in ruolo il “peccato originale” di essere passati attraverso il precariato continua a penalizzare i docenti.

È un problema che l’Italia si trascina dietro da anni, un male atavico che nessun governo è riuscito mai a risolvere. Stiamo parlando del precariato del personale scolastico ed in particolare del precariato degli insegnanti. Si tratta di una vera e propria vergogna che sta sotto gli occhi di tutti, e nessuno fa niente per trovare soluzioni. I numeri sono imponenti e con l’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento e delle successive graduatorie d’Istituto i dati sono nuovi e reali. Stiamo parlando di 170 mila docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, ed oltre a questi c’è un altro mezzo milione circa di docenti che hanno appena fatto domanda di inserimento nelle graduatorie d’Istituto. Un esercito di docenti che supera le 600mila unità e che in alcuni casi è anche abilitato in diverse classi di concorso, ed è di fatto considerato dal punto di vista giuridico ed economico “figlio di un Dio minore”, tanto da non godere  degli stessi diritti del personale assunto a tempo indeterminato.
Eppure esistono delle precise direttive europee che dicono espressamente che non ci devono essere differenze tra personale precario e quello di ruolo.
In buona sostanza ce lo chiede l’Europa di sanare quella che sta diventando una palese ingiustizia. Ma qual è la direttiva europea che vorrebbe stesso trattamento giuridico ed economico tra personale precario e quello di ruolo? Si tratta della direttiva 1999/70/CE che non lascia dubbi interpretativi per quanto è chiara. In  tale direttiva troviamo  scritto  quanto segue: “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”.
Ma c’è di più : “I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
In Italia tutto questo non viene minimamente applicato e non se ne comprendono i motivi ostativi. Non viene nemmeno riconosciuto per intero, nei punteggi di mobilità , il servizio prestato prima dell’inserimento in ruolo. Un docente di ruolo che nella mobilità o nelle graduatorie d’Istituto per individuare i soprannumerari  dichiara 10 anni di pre ruolo, avrà dimezzato il punteggio relativo al servizio svolto da precario. Ma quando i sindacati si decideranno a sottolineare questa enorme incongruità? Per la verità la FLC CGIL e la Gilda FGU è da qualche anno che chiedono insistentemente il riconoscimento del servizio pre-ruolo equiparato a l servizio di ruolo e cioè 6 punti per ogni anno di servizio riconosciuto ai fini della ricostruzione della carriera. Ma questi due sindacati sono per ora rimasti inascoltati. Cosa attendono CISL scuola e Uil scuola ad appoggiare questa iniziativa, che per altro va nella direzione di non infrangere chiare direttive europee acquisite anche dalla legislazione italiana? Ci piacerebbe vedere i sindacati uniti nel richiedere il cambiamento delle tabelle di anzianità del servizio inserite nei prossimi contratti sulla mobilità, in modo da considerare il servizio pre-ruolo alla stessa stregua di quello di ruolo così come espresso nella clausola 4 della direttiva europea 1999/70. Bisogna certamente dire che piaccia o non piaccia, è assolutamente  necessario oltre che giusto equiparare il punteggio del servizio svolto come pre-ruolo con quello svolto nel ruolo di attuale appartenenza.