Conclusioni dell’Avvocato generale della Corte di Giustizia europea

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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE MACIEJ SZPUNAR

presentate il 17 luglio 2014 (1)

Cause riunite C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13

XXXX (C‑22/13),

XXXX (C‑61/13),

XXXX (C‑62/13)

contro

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

e

XXXX (C‑63/13)

contro

Comune di Napoli

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Napoli (Italia)]

e

XXXX

contro

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (C‑418/13)

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Corte costituzionale (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 1999/70/CE – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Successione di contratti di lavoro a tempo determinato – Settore della scuola pubblica – Clausola 5, punto 1 – Misure di prevenzione del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Nozione di “ragioni obiettive” che giustificano tali contratti – Sanzioni – Assenza di risarcimento del danno – Divieto di riqualificazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato»

I –    Introduzione

  1. Una normativa nazionale che consenta la stipulazione di contratti di lavoro a tempo determinato con docenti e personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che svolgono supplenze nel settore della scuola pubblica per un lungo periodo, vale a dire per diversi anni, e senza che sia stato fissato un termine preciso per l’espletamento di concorsi di assunzione, prevede misure sufficienti a prevenire e sanzionare il ricorso abusivo a tali contratti ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (2)? Questa è in sostanza la questione sottoposta alla Corte dal Tribunale di Napoli (Italia) (cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13) nonché dalla Corte costituzionale (Italia) (causa C‑418/13) nell’ambito dell’accordo quadro.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

1.      La direttiva 1999/70

  1. L’articolo 1 di tale direttiva dispone quanto segue:

«Scopo della presente direttiva è attuare l’accordo quadro (…), che figura nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)».

  1. Conformemente alla clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Obiettivo», l’obiettivo dell’accordo è, da una parte, migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione e, dall’altra, creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.
  2. La clausola 4 di tale accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», dispone, al suo punto 1:

«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».

  1. Ai sensi della clausola 5 del suddetto accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi»:

«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

2.      La direttiva 91/533/CEE

  1. La direttiva 91/533/CEE (3) mira a garantire che il lavoratore sia informato sugli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro.
  2. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva:

«Il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore subordinato cui si applica la presente direttiva, in appresso denominato “lavoratore”, gli elementi essenziali del contratto o del rapporto di lavoro».

  1. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera e), della suddetta direttiva, l’informazione al lavoratore, se si tratta di un contratto o di un rapporto di lavoro temporaneo, riguarda, tra l’altro, «[la] durata prevedibile del contratto o del rapporto di lavoro».
  2. Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della stessa direttiva:

«Gli Stati membri introducono nel loro ordinamento giuridico interno le misure necessarie per consentire a qualsiasi lavoratore che si ritenga leso dalla mancata osservanza degli obblighi derivanti dalla presente direttiva di difendere i propri diritti per via legale dopo aver fatto eventualmente ricorso ad altri organi competenti».

B –    Il diritto italiano

  1. L’articolo 117, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana prevede che «[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
  2. In Italia, la stipulazione di contratti a tempo determinato nel settore pubblico è disciplinata dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» (supplemento ordinario alla GURI n. 106 del 9 maggio 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 165/2001»).
  3. L’articolo 36 di tale decreto, come modificato dalla legge del 3 agosto 2009, n. 102, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge del 1° luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali» (supplemento ordinario alla GURI n. 179 del 4 agosto 2009), intitolato «Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale», dispone quanto segue:

«1.      Per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato seguendo le procedure di reclutamento previste dall’articolo 35.

2.      Per rispondere ad esigenze temporanee ed eccezionali le amministrazioni pubbliche possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti. Ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine alla individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalle vigenti disposizioni di legge, i contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti di lavoro a tempo determinato (…).

3.      Al fine di combattere gli abusi nell’utilizzo del lavoro flessibile, entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base di apposite istruzioni fornite con Direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, le amministrazioni redigono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un analitico rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile utilizzate da trasmettere, entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai nuclei di valutazione o ai servizi di controllo interno di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, nonché alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica che redige una relazione annuale al Parlamento. Al dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato.

(…)

5.      In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. (…)».

  1. Secondo le decisioni di rinvio, il lavoro a tempo determinato alle dipendenze dell’amministrazione pubblica è altresì soggetto al decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, di attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES) (GURI n. 235 del 9 ottobre 2001, pag. 4; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 368/2001»).
  2. Ai sensi dell’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001, come inserito dalla legge del 24 dicembre 2007, n. 347, e modificato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112:

«Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato (…)».

  1. Ai sensi dell’articolo 10, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001, come modificato dall’articolo 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 70/2011»), convertito in legge del 12 luglio 2011, n. 106 (GURI n. 160 del 12 luglio 2011):

«(…) sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA [amministrativo, tecnico ed ausiliario; in prosieguo: il “personale ATA”], considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto».

  1. Per quanto riguarda il personale docente ed ATA, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato è contenuta nell’articolo 4 della legge del 3 maggio 1999, n. 124, recante «Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico» (GURI n. 107 del 10 maggio 1999), come modificata dal decreto-legge del 25 settembre 2009, n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2009, n. 167 (GURI n. 274 del 24 novembre 1999, in prosieguo: la «legge n. 124/1999»). Secondo il giudice del rinvio nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13, tale legge non è applicabile alla scuola comunale, che resta soggetta ai decreti legislativi nn. 165/2001 e 368/2001.
  2. Ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 124/1999:

«1.      Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo.

2.      Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario.

(…)

11.      Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario [ATA]. (…)

(…)

14-bis. I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dall’articolo 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni».

  1. Ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministero della pubblica istruzione del 13 giugno 2007, n. 131, gli incarichi dei docenti e del personale amministrativo della scuola sono di tre tipi:

–        supplenze annuali, su posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare;

–        supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, su posti non vacanti, ma ugualmente disponibili, e

–        supplenze temporanee per ogni altra necessità, ossia supplenze brevi.

  1. L’immissione in ruolo dei docenti di cui all’articolo 4, comma 14‑bis, della legge n. 124/1999 è disciplinata dagli articoli 399 e 401 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, recante «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione» (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»).
  2. Ai sensi dell’articolo 399, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994:

«L’accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401».

  1. Ai sensi dell’articolo 401, commi 1 e 2, dello stesso decreto:

«1.      Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna,elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui all’art. 399, comma 1.

2.      Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l’inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell’ultimo concorso regionale per titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente all’inserimento dei nuovi aspiranti è effettuato l’aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono già compresi nella graduatoria permanente».

III – I fatti all’origine delle controversie principali

A –    Le cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13

  1. Le sig.re XXXX sono state assunte mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi, le prime tre in qualità di docenti al servizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (in prosieguo: il «Ministero») e l’ultima in qualità di docente al servizio del Comune di Napoli. In forza di tali contratti, esse hanno lavorato per i loro rispettivi datori di lavoro per i seguenti periodi: un totale di 71 mesi su un periodo di 9 anni per la sig.ra XXXX (tra il 2003 e il 2012); un totale di 50 mesi e 27 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra XXXX (tra il 2006 e il 2012); un totale di 60 mesi su un periodo di 5 anni per la sig.ra XXXX (tra il 2007 e il 2012) e un totale di 45 mesi e 15 giorni su un periodo di 5 anni per la sig.ra XXXX (tra il 2006 e il 2011).
  2. Ritenendo illegittimi tali contratti di lavoro a tempo determinato successivi, le ricorrenti nei procedimenti principali hanno adito il Tribunale di Napoli chiedendo, in via principale, la riqualificazione di tali contratti a tempo determinato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e, pertanto, la loro immissione in ruolo (4), nonché il pagamento degli stipendi corrispondenti ai periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto e l’entrata in vigore di quello successivo e, in subordine, il risarcimento del danno subito.
  3. Secondo il Ministero e il Comune di Napoli, al contrario, l’articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dalla legge n. 102, vieta qualsiasi riqualificazione del rapporto di lavoro. L’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001 non sarebbe applicabile, tenuto conto dell’articolo 10, comma 4‑bis, dello stesso decreto, introdotto dall’articolo 9, comma 18, del d.l. n. 70/2011. Peraltro, le ricorrenti nei procedimenti principali non avrebbero nemmeno diritto al risarcimento del danno, visto che la procedura di assunzione era conforme alla legge e comunque non vi era prova di alcun illecito. Infine, poiché i contratti a tempo determinato non erano connessi gli uni agli altri e non costituivano pertanto né il proseguimento né la proroga dei contratti precedenti, non sussisterebbe alcun abuso.
  4. Nei procedimenti dinanzi al giudice del rinvio, la questione principale è quella dell’incompatibilità con la clausola 5 dell’accordo quadro del sistema utilizzato dallo Stato italiano per le supplenze dei lavoratori a tempo indeterminato nel settore della scuola pubblica. Il Tribunale di Napoli osserva che tale sistema si basa su graduatorie, nelle quali i docenti supplenti sono iscritti in ordine di anzianità. Essi possono essere immessi in ruolo in funzione della loro progressione in tali graduatorie e dei posti disponibili. Secondo tale giudice, detto sistema si presterebbe, come dimostrano il numero e la durata complessiva dei contratti a tempo determinato stipulati nelle presenti cause, ad un utilizzo abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato nel settore della scuola pubblica. Il giudice del rinvio sottolinea (5), in particolare, che tale sistema non contiene misure di prevenzione degli abusi ai sensi del punto 1, lettere da a) a c), della suddetta clausola. Esso si interroga altresì sulla compatibilità di tale sistema con diversi principi generali di diritto dell’Unione o con disposizioni della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

B –    La causa C‑418/13

  1. Le sig.re XXXX nonché i sigg. XXXX sono stati assunti dal Ministero mediante contratti di lavoro a tempo determinato successivi, i primi quattro in qualità di docenti e l’ultimo in qualità di collaboratore amministrativo, in diversi istituti scolastici. In forza dei suddetti contratti, essi hanno lavorato per periodi compresi, a seconda dei casi, tra quattro e sette anni scolastici.
  2. Ritenendo che tali contratti di lavoro a tempo determinato successivi fossero illegittimi, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito, rispettivamente, il Tribunale di Roma e il Tribunale di Lamezia Terme chiedendo, in via principale, la riqualificazione dei loro rispettivi contratti in contratti di lavoro a tempo indeterminato e, di conseguenza, la loro immissione in ruolo e il pagamento delle retribuzioni dovute per i periodi di interruzione tra la scadenza di un contratto e l’entrata in vigore di quello successivo. In subordine, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto il risarcimento del danno subito.
  3. Nell’ambito delle controversie per le quali sono stati aditi, il Tribunale di Roma e il Tribunale di Lamezia Terme si sono interrogati sulla compatibilità dell’articolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 con la clausola 5 dell’accordo quadro, in quanto tale disposizione consente all’amministrazione di assumere, senza limiti, a tempo determinato, personale docente, tecnico o amministrativo al fine di coprire posti vacanti nell’organico di una scuola. Ritenendo che non si potesse risolvere tale questione né attraverso un’interpretazione conforme, essendo la suddetta disposizione formulata in maniera non equivoca, né tramite la disapplicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi, essendo la clausola 5 dell’accordo quadro priva di effetto diretto, tali giudici hanno sottoposto alla Corte costituzionale, in via incidentale, una questione di legittimità costituzionale relativa all’articolo 4, commi 1 e 11, della legge n. 124/1999 per incompatibilità con l’articolo 117 della Costituzione della Repubblica italiana.
  4. Nella sua decisione di rinvio, la Corte costituzionale constata che la normativa italiana applicabile al settore scolastico non prevede, per quanto riguarda il personale assunto a tempo determinato, né la durata massima dei contratti, né il numero massimo dei loro rinnovi, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettere b) e c), dell’accordo quadro. Essa si chiede tuttavia se tale normativa non possa essere giustificata da una «ragione obiettiva» ai sensi del punto 1, lettera a), della suddetta clausola.
  5. A tal proposito, la Corte costituzionale rileva che la normativa nazionale sarebbe strutturata, almeno in via di principio, in modo tale che l’assunzione del personale scolastico mediante contratto di lavoro a tempo determinato possa soddisfare le ragioni obiettive di cui alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. Tuttavia, essa esprime dubbi quanto alla compatibilità con tale clausola di diverse disposizioni della normativa nazionale.

IV – Le questioni pregiudiziali

  1. Le questioni pregiudiziali dei giudici del rinvio si sovrappongono in parte. Le prime sei questioni sollevate nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 sono identiche. Le questioni dalla prima alla terza sollevate nella causa C‑63/13 corrispondono rispettivamente alle questioni dalla seconda alla quarta sollevate nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13. Nelle cause C‑61/13 e C‑62/13 viene sottoposta alla Corte una settima questione. Infine, le questioni sollevate nella causa C‑418/13 corrispondono sostanzialmente alla prima questione sollevata nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13.
  2. Per ragioni di chiarezza, ho riportato di seguito tutte le questioni pregiudiziali sottoposte da ciascuno dei due giudici del rinvio.
  3. Nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13, il Tribunale di Napoli ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le sette seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      [S]e il contesto normativo del settore scuola, come descritto, costituisca misura equivalente ai sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70].

2)      Quando debba ritenersi che un rapporto di lavoro sia alle dipendenze dello “Stato”, ai sensi della clausola 5 della direttiva [1999/70] ed in particolare anche dell’inciso “settori e/o categorie specifiche di lavoratori” e quindi sia atto a legittimare conseguenze differenti rispetto ai rapporti di lavoro privati.

3)      Se, tenuto conto delle esplicazioni di cui all’articolo 3, [paragrafo] 1, lettera c), della direttiva 2000/78/CE [del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16)] ed all’articolo 14, [paragrafo] 1, lettera c), della direttiva 2006/54/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU L 204, pag. 23)], nella nozione di condizioni di impiego di cui alla clausola 4 della direttiva [1999/70] siano comprese anche le conseguenze dell’illegittima interruzione del rapporto di lavoro; [i]n ipotesi di risposta positiva al quesito che precede, se la diversità tra le conseguenze ordinariamente previste nell’ordinamento interno per la illegittima interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed a tempo determinato siano giustificabili ai sensi della clausola 4.

4)      Se, in forza del principio di leale cooperazione, ad uno Stato sia vietato rappresentare in un procedimento pregiudiziale interpretativo alla Corte (…) un quadro normativo interno volutamente non corrispondente al vero ed il giudice sia obbligato, in assenza di una diversa interpretazione del diritto interno ugualmente satisfattiva degli obblighi derivanti dalla appartenenza alla Unione europea, ad interpretare, ove possibile, il diritto interno conformemente alla interpretazione offerta dallo Stato.

5)      [S]e nelle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro previste dalla direttiva [91/533] e segnatamente dall’articolo 2, [paragrafi] 1 e 2, lett. e), rientri la indicazione delle ipotesi in cui il contratto di lavoro a termine si può trasformare in contratto a tempo indeterminato.

6)      In ipotesi di risposta positiva al quesito che precede se una modifica con efficacia retroattiva del quadro normativo tale che non garantisca al lavoratore subordinato la possibilità di far valere i suoi diritti derivanti dalla direttiva, ovvero il rispetto delle condizioni di lavoro indicate nel documento di assunzione, sia contrari[a] all’articolo 8, [paragrafo] 1, della direttiva [91/533] ed alle finalità di cui alla direttiva [91/533] ed in particolare al 2° “considerando”.

7)      Se i principi generali del vigente diritto [dell’Unione] della certezza del diritto, della tutela del legittimo affidamento, della uguaglianza delle armi del processo, dell’effettiva tutela giurisdizionale, [del diritto] a un tribunale indipendente e, più in generale, a un equo processo, garantiti dall’[articolo 6 TUE] (…) – in combinato disposto con l’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e con gli artt. 46, 47 e 52, paragrafo 3, della [Carta] (…) – debbano essere interpretati nel senso di ostare, nell’ambito di applicazione della direttiva [1999/70], all’emanazione da parte dello Stato italiano, dopo un arco temporale apprezzabile (3 anni e sei mesi), di una disposizione normativa, quale l’articolo 9 [del decreto-legge n.  70/2011] [che] ha aggiunto il comma 4-bis all’articolo 10 del [decreto legislativo] [n. 368/2001] – atta ad alterare le conseguenze dei processi in corso danneggiando direttamente il lavoratore a vantaggio del datore di lavoro – [S]tato ed eliminando la possibilità conferita dall’[o]rdinamento interno di sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a termine».

  1. Nella causa C‑418/13, la Corte costituzionale ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      [S]e la clausola 5, punto 1, dell’[accordo quadro] debba essere interpretata nel senso che osta all’applicazione dell’articolo 4, commi 1, ultima proposizione, e 11, della legge [n. 124/1999] – i quali, dopo aver disciplinato il conferimento di supplenze annuali su posti “che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre”, dispongono che si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, “in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo” – disposizione la quale consente che si faccia ricorso a contratti a tempo determinato senza indicare tempi certi per l’espletamento dei concorsi e in una condizione che non prevede il diritto al risarcimento del danno.

2)      [S]e costituiscano ragioni obiettive, ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’[accordo quadro], le esigenze di organizzazione del sistema scolastico italiano come sopra delineato, tali da rendere compatibile con il diritto dell’Unione europea una normativa come quella italiana che per l’assunzione del personale scolastico a tempo determinato non prevede il diritto al risarcimento del danno».

V –    Il procedimento dinanzi alla Corte

  1. Le decisioni di rinvio sono pervenute alla Corte il 17 gennaio (causa C‑22/13), il 7 febbraio (cause da C‑61/13 a C‑63/13) e il 23 luglio 2013 (causa C‑418/13). Con ordinanza del presidente della Corte dell’8 marzo 2013, le cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13 sono state riunite. Sono state presentate osservazioni scritte dalle sig.re XXXX (cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13), dalle sig.re XXXX, nonché dai sigg. XXXX (causa C‑418/13) e dal governo italiano, nonché dalla Commissione europea. La Federazione Gilda-Unams, la Federazione Lavoratori della Conoscenza  (FLC CIGL) e la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) hanno presentato osservazioni solo nella causa C‑62/13. Il governo polacco ha presentato osservazioni nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13 e il governo ellenico unicamente nella causa C‑418/13.
  2. Con decisione dell’11 febbraio 2014, la Corte ha deciso di riunire le cause C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13 ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza, conformemente all’articolo 54, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte.
  3. In previsione di un’udienza congiunta per tali cause, la Corte, in applicazione dell’articolo 61, paragrafo 2, del suo regolamento di procedura, ha invitato le parti che intendevano comparire ad accordarsi sulle rispettive posizioni, a incentrare le loro osservazioni sull’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro e a rispondere alla settima questione sollevata nelle cause C‑61/13 e C‑62/13.
  4. Nel corso dell’udienza del 27 marzo 2013, le sig.re XXXX, le sig.re XXXX, il Ministero, il Comune di Napoli, la Federazione Gilda-Unams, la Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC CGIL), la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL), il governo italiano e la Commissione hanno svolto difese orali.

VI – Analisi

A –    Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

  1. In primo luogo, nelle loro osservazioni scritte, il Comune di Napoli, il governo italiano e la Commissione hanno contestato la ricevibilità della quarta questione pregiudiziale nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 e della terza questione pregiudiziale nella causa C‑63/13.
  2. Tali questioni riguardano, in primo luogo, l’interpretazione del principio di leale cooperazione alla luce del comportamento di uno Stato membro nell’ambito di un precedente procedimento pregiudiziale. Infatti, la premessa della prima questione sollevata nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 è che l’interpretazione del diritto nazionale espressa dal governo italiano sia errata. Il Tribunale di Napoli, muovendo da tale premessa, nella sua quarta questione fa riferimento all’interpretazione del contesto normativo nazionale data dal governo italiano nella causa Affatato (6). Secondo il giudice del rinvio, tale ultima interpretazione non corrisponde a quella espressa dal governo italiano nell’ambito delle presenti cause. Di conseguenza, esso si chiede se lo Stato italiano abbia, a causa di ciò, violato il suo obbligo di leale cooperazione.
  3. In secondo luogo, il giudice del rinvio (7) intende altresì sapere se l’obbligo di leale cooperazione gli imponga, qualora esso interpreti il proprio diritto interno conformemente al diritto dell’Unione, di seguire l’interpretazione fornita alla Corte in un altro ambito dallo Stato membro a cui appartiene, anche qualora tale interpretazione sia stata giudicata errata da un giudice nazionale di grado superiore (8).
  4. Ricordo che, nell’ambito della ripartizione delle funzioni tra la Corte e i giudici nazionali che governa il procedimento di rinvio pregiudiziale, la Corte non è competente a pronunciarsi sul comportamento di uno Stato membro né sull’interpretazione delle norme di diritto nazionale. Spetta ai soli giudici nazionali, e non alla Corte, interpretare il diritto nazionale (9) e, pertanto, dirimere le controversie legate a tale interpretazione.
  5. In secondo luogo, devo respingere gli argomenti avanzati nella causa C‑63/13 dal Comune di Napoli, secondo i quali la domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta alla Corte è irricevibile. Quest’ultimo, in sostanza, ha affermato che l’interpretazione della clausola 5 dell’accordo quadro non sarebbe necessaria. Infatti, il Comune di Napoli sostiene che dalla decisione di rinvio emerge che il Tribunale di Napoli, sulla base delle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte, ritiene che le misure preventive e le sanzioni previste dalla normativa italiana per trasporre l’accordo quadro siano insufficienti, di modo che, esaminando tutte le circostanze della fattispecie, avrebbe potuto ricorrere all’interpretazione conforme per la sua decisione.
  6. Ricordo che, nell’ambito della cooperazione giudiziaria istituita all’articolo 267 TFUE, le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto in situazioni particolari (10). Inoltre, il giudice nazionale è il solo competente a valutare sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (11).

B –    Nel merito

  1. Tramite le questioni pregiudiziali, i giudici del rinvio intendono sapere in sostanza se una normativa nazionale relativa al settore della scuola pubblica, quale la normativa italiana di cui trattasi nel procedimento principale, sia conforme all’accordo quadro. In particolare, il Tribunale di Napoli si interroga sulla compatibilità di diverse disposizioni della normativa italiana con la clausola 5 dell’accordo quadro nonché con vari principi generali di diritto dell’Unione o con disposizioni della Carta.

46.      Nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di norme del diritto nazionale con il diritto dell’Unione. Tuttavia, essa può fornire al giudice remittente tutti gli elementi di interpretazione, che rientrano nel diritto dell’Unione, atti a consentirgli di valutare tale compatibilità per pronunciarsi nella causa per la quale è stato adito (12).

1.      Osservazioni preliminari

  1. La presente causa si colloca in un contesto normativo complesso (13). Mi sembra dunque necessario iniziare rammentando gli elementi essenziali del sistema nazionale di supplenza del personale docente applicabile al settore della scuola pubblica (14), prima di procedere all’esame delle questioni pregiudiziali. Basandomi sulle informazioni che emergono dalle decisioni di rinvio nonché su quelle raccolte all’udienza, mi sembra che il sistema attuato dalla normativa italiana operi, in sostanza, nel modo seguente.
  2. I decreti legislativi nn. 165/2001 e  368/2001 hanno trasposto l’accordo quadro nel diritto italiano, rispettivamente, nei settori pubblico e privato. Tuttavia, dalle decisioni di rinvio emerge che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale applicabile alla scuola pubblica deroga, in relazione a taluni aspetti essenziali, ai suddetti decreti legislativi.
  3. L’immissione in ruolo del personale docente avviene, in forza di tale normativa, tramite due modalità differenti, vale a dire, per il 50% dei posti vacanti per anno scolastico, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50%, attingendo alle graduatorie permanenti nelle quali sono inseriti, in particolare, i docenti che hanno già superato un siffatto concorso (15). Pertanto, alla copertura dei posti vacanti si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo» (16), attingendo alle suddette graduatorie. La progressione in tali liste, che può portare all’immissione in ruolo, è legata alla ripetizione degli incarichi di supplenza.
  4. A tal proposito, dalle osservazioni scritte dei ricorrenti nel procedimento principale nella causa C‑418/13, nonché dalle osservazioni della Commissione nel corso dell’udienza di discussione, emerge che nelle graduatorie permanenti figurerebbero non solo i nomi dei docenti che hanno vinto concorsi pubblici per titoli ed esami e che non hanno ottenuto un posto di ruolo, ma anche quelli dei docenti che hanno frequentato le scuole di specializzazione per l’insegnamento e hanno dunque seguito corsi di abilitazione all’insegnamento. Pertanto, tale sistema di progressione in graduatoria, basato sull’anzianità acquisita dalla persona in essa inserita, consente l’immissione in ruolo, da una parte, dei docenti che hanno vinto concorsi pubblici e, dall’altra, di quelli che non hanno mai vinto un siffatto concorso ma hanno seguito i corsi di abilitazione menzionati sopra.
  5. La Corte costituzionale rileva a tal proposito che le procedure di concorso sono state sospese tra il 1999 e il 2011 (17) e che tale periodo è stato caratterizzato da un numero molto limitato di assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato nel settore scolastico e da una netta diminuzione, tra il 2007 e il 2012, del numero dei contratti di lavoro a tempo determinato.
  6. Dal fascicolo emerge altresì che l’accesso alle scuole di specializzazione sarebbe stato sospeso per un periodo indeterminato dalla legge del 25 giugno 2008, n. 133.
  7. È in tale contesto che devono essere esaminate le questioni pregiudiziali.

2.      Sulla prima questione

  1. Con la prima questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Napoli nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13 nonché con la prima e la seconda questione pregiudiziale sollevate dalla Corte costituzionale nella causa C‑418/13, che è opportuno esaminare congiuntamente, tali giudici del rinvio intendono sapere, in sostanza, se la normativa italiana applicabile ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con docenti che effettuano supplenze nel settore della scuola pubblica preveda misure sufficienti per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo a tali contratti e, pertanto, se essa sia conforme alla clausola 5 dell’accordo quadro (18).
  2. Al fine di determinare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale presenti misure sufficienti ai sensi di tale disposizione, in primo luogo esaminerò l’ambito di applicazione dell’accordo quadro prima di procedere, in secondo luogo, all’interpretazione della stessa disposizione alla luce della giurisprudenza pertinente.

a)      Sull’ambito di applicazione dell’accordo quadro

  1. Il governo ellenico sostiene che uno Stato membro potrebbe dispensare totalmente il settore dell’insegnamento dagli obblighi imposti dalla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro. A sostegno di tale argomento, esso afferma che tale clausola consente di tenere conto «delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori».
  2. A tal proposito, ricordo che il campo di applicazione dell’accordo quadro è definito alla clausola 2, punto 1, letta in combinato disposto con la clausola 3, punto 1, di tale accordo quadro. Pertanto, secondo una giurisprudenza ben consolidata della Corte, dalla stessa formulazione di tale prima disposizione emerge che l’accordo quadro ha un ampio ambito di applicazione dal quale nessun particolare settore è escluso in via di principio (19). Infatti, esso si applica in maniera generale ai «lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro».

58.      Inoltre, la Corte ha già statuito che la nozione di «lavoratore a tempo determinato» (20) include tutti i lavoratori, senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore di lavoro (21).

  1. Pertanto, i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati nel settore dell’insegnamento pubblico non possono essere esclusi dall’ambito di applicazione di tale accordo quadro (22). Devo dunque respingere l’argomento avanzato dal governo ellenico nell’ambito della prima questione nella causa C‑418/13.

b)      Sull’interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro

  1. Dalla clausola 1 dell’accordo quadro emerge che lo scopo di quest’ultimo è quello di creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato (23). Tale quadro normativo prevede dunque un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (24) e, dunque, l’indebolimento di questi ultimi dovuto al fatto che vengono assunti con contratti a tempo determinato per un lungo periodo (25). Infatti, questa categoria di lavoratori rischia in tal modo, per una parte sostanziale della propria carriera professionale, di essere esclusa dal beneficio della stabilità dell’occupazione, la quale costituisce tuttavia, come emerge dall’accordo quadro, un elemento portante della tutela dei lavoratori (26).
  2. A tal fine, il suddetto quadro normativo consta di due tipi di misure: misure di prevenzione degli abusi, previste dalla clausola 5, paragrafo 1, e misure di sanzione degli abusi, previste in particolare dalla clausola 5, paragrafo 2, lettera b), dell’accordo quadro (27).

i)      Sull’esistenza delle misure di prevenzione degli abusi

  1. Gli Stati membri hanno l’obbligo («adozione effettiva e vincolante») di introdurre una o più delle misure elencate alla clausola 5, punto 1, lettere da a) a c), dell’accordo quadro, qualora il diritto nazionale non preveda già norme equivalenti (28). Le misure interessate dalla suddetta clausola attengono, rispettivamente, a ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, alla durata massima totale di tali contratti o rapporti di lavoro ed al numero di questi ultimi.
  2. I giudici del rinvio, i ricorrenti nei procedimenti principali e la Commissione concordano, in sostanza, sul fatto che la normativa italiana oggetto dei procedimenti principali non prevede né il numero di tali contratti successivi né la loro durata massima, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettere b) e c), dell’accordo quadro. In particolare, il Tribunale di Napoli rileva che, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 70/2011, l’articolo 10, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2011 esclude l’applicazione al settore della scuola pubblica dell’articolo 5, comma 4-bis, del suddetto decreto, che prevede che i contratti di lavoro a tempo determinato che eccedono una durata di 36 mesi siano riqualificati come contratti di lavoro a tempo indeterminato, e tale esclusione consentirebbe un numero indefinito di rinnovi.

64.      Alla luce della mia analisi del fascicolo, condivido tale punto di vista. Pertanto, sebbene la normativa di cui trattasi non rientri né nel punto 1, lettera b), né nel punto 1, lettera c), della clausola 5 dell’accordo quadro, è opportuno esaminare se essa presenti una misura preventiva ai sensi del punto 1, lettera a), di tale clausola o, in mancanza, una misura equivalente a quelle enunciate dalla suddetta clausola 5.

  1. Come emerge dall’insieme delle osservazioni scritte, tale questione deve trovare una risposta nella giurisprudenza della Corte, e precisamente nella sentenza Kücük (29). Detta sentenza riguarda la questione se l’esigenza temporanea di personale sostitutivo prevista da una normativa nazionale possa costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. Sarebbe dunque utile rammentare brevemente il ragionamento sviluppato dalla Corte in tale sentenza.
  2. In primo luogo, la Corte ha statuito che la nozione di ragioni obiettive che giustificano in un contesto peculiare il rinnovo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato deve riferirsi a circostanze precise e concrete che caratterizzano una determinata attività e, pertanto, tali da giustificare, in tale peculiare contesto, l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi (30). Per contro, una disposizione nazionale che si limitasse ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi non sarebbe conforme ai suddetti criteri (31).
  3. In secondo luogo, la Corte ha ritenuto che una disposizione che consenta il rinnovo di contratti a tempo determinato per sostituire altri dipendenti che si trovano momentaneamente nell’impossibilità di svolgere le loro funzioni non è di per sé contraria all’accordo quadro (32). A tal proposito, la Corte ha precisato che il fatto che un’amministrazione disponga di un organico significativo rende inevitabile il ricorso frequente a sostituzioni temporanee a causa, segnatamente, dell’indisponibilità di dipendenti che beneficiano di congedi per malattia, per maternità, di congedi parentali o altri. A suo avviso, la sostituzione temporanea di dipendenti in queste circostanze può costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, che giustifica il ricorso a contratti a tempo determinato nonché il loro rinnovo in funzione delle esigenze emergenti (33).
  4. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che, sebbene la sostituzione del personale assente possa, in via di principio, essere ammessa come ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, le autorità competenti devono garantire che l’applicazione concreta di tale ragione obiettiva, tenuto conto delle particolarità dell’attività di cui trattasi e delle condizioni del suo esercizio, sia conforme alle esigenze dell’accordo quadro. Nell’applicazione della disposizione in esame, dette autorità devono quindi essere in grado di stabilire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se tali contratti rispondano effettivamente ad un’esigenza reale avente carattere provvisorio e non permanente e durevole (34).

69.      Infine, la Corte ha statuito che il rinnovo di contratti a tempo determinato al fine di soddisfare esigenze a carattere permanente e durevole non è giustificato in base alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. Essa ha dichiarato che spetta a tutte le autorità dello Stato membro interessato garantire, nell’esercizio delle loro rispettive competenze, l’osservanza della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, verificando concretamente che il rinnovo di successivi contratti a tempo determinato miri a soddisfare esigenze provvisorie, e che la normativa nazionale in questione non sia utilizzata, di fatto, per soddisfare esigenze permanenti e durevoli del datore di lavoro in materia di personale. In particolare, la Corte ha affermato che «spetta a dette autorità esaminare di volta in volta tutte le circostanze del caso concreto, prendendo in considerazione, segnatamente, il numero di detti contratti successivi stipulati con la stessa persona oppure per lo svolgimento di uno stesso lavoro, al fine di escludere che i contratti o i rapporti di lavoro a tempo determinato, sebbene palesemente stipulati per soddisfare un’esigenza di personale sostitutivo, siano utilizzati in modo abusivo dai datori di lavoro» (35).

  1. Osservo che, nelle controversie principali, la normativa nazionale in questione è formulata in maniera piuttosto generale e astratta, senza un legame tangibile con il contenuto specifico né con le concrete condizioni di esercizio dell’attività interessata dalla successione di contratti a tempo determinato. Una siffatta normativa non sembra consentire, al momento della sua applicazione da parte delle autorità competenti, la fissazione di criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare l’esistenza di un’esigenza reale di sostituzione temporanea.
  2. Inoltre, sebbene una normativa nazionale quale quella oggetto dei procedimenti principali possa, in via di principio, costituire una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro (36), mi pongo altresì la seguente domanda: il sistema di rinnovo di contratti a tempo determinato successivi instaurato da tale normativa è stato attuato unicamente per coprire esigenze provvisorie di personale docente dell’amministrazione?

72.      Non mi pare che sia così. Infatti, dalla lettura delle decisioni di rinvio emerge che detta normativa italiana applicabile al settore della scuola pubblica non limita né la stipulazione né il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi con personale supplente in sostituzione del personale temporaneamente assente. Al contrario, ritengo che il ricorso alle suddette sostituzioni abbia altresì come obiettivo quello di far fronte a esigenze di personale permanenti e durevoli (37).

  1. In particolare, la Corte costituzionale rileva a tal proposito che l’articolo 4, comma 1, ultima frase, della legge n. 124/1999 precisa che alla copertura dei posti effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali «in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo» (38). Essa dichiara che tale articolo prevede dunque espressamente anche il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato di personale supplente per la copertura dei posti vacanti. Pertanto, sebbene tale assunzione di personale supplente sia in via di principio temporanea, il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per l’espletamento dei concorsi per l’assunzione di personale di ruolo genererebbe un’incertezza totale quanto al momento di svolgimento di tali concorsi. Come la Commissione ha affermato nelle sue osservazioni scritte e nelle sue difese, tale momento è incerto poiché dipende dall’esistenza dei mezzi finanziari necessari e dalle decisioni organizzative lasciate alla discrezionalità dell’amministrazione.

74.      Ne consegue, a mio avviso, che la normativa oggetto dei procedimenti principali consente l’utilizzo di contratti a tempo determinato al fine di sopperire «stabilmente ad esigenze permanenti» del settore scolastico, utilizzo che è censurabile e che dovrebbe essere impedito attraverso l’adozione di una o più delle misure restrittive previste dalla clausola 5 dell’accordo quadro (39).

  1. Certo, la giurisprudenza della Corte indica che, in forza della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, gli Stati membri beneficiano di un margine di discrezionalità nel conseguimento dell’obiettivo di cui alla suddetta clausola. Tuttavia, essa aggiunge che tale margine di discrezionalità è soggetto alla condizione che essi garantiscano il risultato imposto dal diritto dell’Unione, così come emerge non solo dall’articolo 288, terzo comma, TFUE, ma anche dall’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, letto alla luce del considerando 17 di quest’ultima (40).

76.      Non penso che il risultato imposto dall’accordo quadro sia garantito da tale normativa. A tal proposito, devo respingere gli argomenti avanzati dal governo italiano e, in sostanza, dal governo ellenico, secondo i quali la normativa in materia di assunzione di personale scolastico sarebbe giustificata. Le giustificazioni sarebbero, da una parte, la necessità di una flessibilità molto alta che consenta di tenere conto dello stretto rapporto tra l’esigenza di trovare supplenti e la variazione ciclica e imprevedibile della popolazione scolastica. Dall’altra, si tratterebbe di ragioni di ordine finanziario in virtù delle quali numerose recenti disposizioni dirette a limitare le spese pubbliche hanno imposto restrizioni in termini di numero di immissioni in ruolo e di ricorso ai contratti a tempo determinato nel settore scolastico.

  1. Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento relativo alla flessibilità del settore dell’insegnamento, come ha rilevato la Corte costituzionale, è sicuramente vero che il servizio scolastico è attivabile su domanda, poiché esso corrisponde al diritto fondamentale allo studio. Il meccanismo destinato a rispondere all’esigenza di personale supplente richiede una certa flessibilità legata a fattori quali, in particolare, l’evoluzione della popolazione scolastica o i congedi per malattia o per maternità. Pertanto, secondo tale giudice, in via di principio, il sistema delle graduatorie permanenti, associato a quello dei concorsi pubblici, è tale da garantire il rispetto dei criteri oggettivi al momento dell’assunzione del personale scolastico con contratto di lavoro a tempo determinato. Esso consente altresì a tale personale di avere una possibilità ragionevole di diventare di ruolo in un posto permanente e di essere assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
  2. Tuttavia, come emerge dal paragrafo 73 delle presenti conclusioni, il fatto che non sia stato fissato alcun termine preciso per l’espletamento dei concorsi pubblici, che sono stati sospesi per più di dieci anni (41), comporta un’incertezza totale quanto al momento dello svolgimento di tali concorsi e dimostra che contratti a tempo determinato sono stati utilizzati per rispondere ad esigenze permanenti e durevoli dell’amministrazione di cui trattasi, ciò che spetta ai giudici del rinvio valutare.

79.      In secondo luogo, quanto all’argomento relativo alle restrizioni finanziarie recentemente imposte da numerose disposizioni nazionali nel settore scolastico, ritengo che queste non possano giustificare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato. Spetta dunque ai giudici del rinvio valutare se restrizioni finanziarie imposte ad un’amministrazione pubblica da numerose disposizioni siano una giustificazione sufficientemente concreta per l’utilizzo di contratti a tempo determinato, quale imposta dalla giurisprudenza della Corte citata ai paragrafi da 66 a 69 delle presenti conclusioni. Infatti, secondo tale giurisprudenza, disposizioni nazionali che si limitassero ad autorizzare, in modo generale ed astratto attraverso una norma legislativa o regolamentare, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato successivi, non sarebbero conformi ai criteri di giustificazione, attraverso circostanze precise e concrete, dell’utilizzo di contratti a tempo determinato successivi. La Corte ha dichiarato a tal proposito che tali circostanze possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle mansioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati stipulati e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (42).

  1. Inoltre, disposizioni generali che impongono restrizioni finanziarie lasciano al datore di lavoro del settore scolastico pubblico un’ampia libertà di stipulare abusivamente contratti a tempo determinato, mentre l’accordo quadro ha come obiettivo quello di prevenire un siffatto abuso. Ritengo che tale libertà vada al di là del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri ai sensi dell’accordo quadro.
  2. Di conseguenza, come emerge dal paragrafo 30 delle presenti conclusioni, sebbene il sistema di cui trattasi nei procedimenti principali sia in via di principio strutturato in modo tale da soddisfare le ragioni obiettive di cui alla clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro, il governo italiano non ha dimostrato l’esistenza di elementi concreti di giustificazione. Mi riferisco in particolare alla natura provvisoria e non permanente dell’utilizzo reiterato di contratti a tempo determinato nel settore scolastico. Al contrario, ritengo che emerga chiaramente dal fascicolo che l’utilizzo di tali contratti è abusivo sotto taluni aspetti in quanto ha come obiettivo quello di rispondere ad esigenze strutturali di personale docente. Tali esigenze strutturali risultano dalla quantità considerevole di personale che è stato collocato in una situazione professionale precaria per più di dieci anni, e ciò senza che sia stato previsto alcun limite né quanto al numero di rinnovi dei contratti né quanto alla durata massima dei suddetti contratti. A mio avviso, una buona parte di tali posti avrebbe potuto essere coperta in modo permanente tramite contratti a tempo indeterminato pur conservando la necessaria flessibilità giustamente considerata dalla Corte costituzionale.
  3. Di conseguenza, spetta ai giudici del rinvio valutare se l’impiego di docenti per lunghi periodi per il tramite di numerosi contratti a tempo determinato, quale emerge dalle circostanze della fattispecie di cui ai procedimenti principali, sia conforme alla clausola 5 dell’accordo quadro.

ii)    Sull’esistenza di misure di sanzione degli abusi

  1. Secondo i giudici del rinvio, la normativa oggetto del procedimento principale non include sanzioni in relazione al ricorso abusivo a contratti a tempo determinato. Infatti, in seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 70/2011, i contratti di lavoro a tempo determinato potrebbero essere convertiti in contratti a tempo indeterminato, ai sensi dell’articolo 4, comma 14-bis, della legge n. 124/1999, solo in caso di immissione in ruolo sulla base delle graduatorie. Inoltre, dalle decisioni di rinvio emerge che, nel settore scolastico, è escluso  il regime di risarcimento del danno subito da un dipendente in seguito al ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato(43).
  2. Ai sensi della clausola 5, paragrafo 2, dell’accordo quadro, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, «se del caso», stabilire a quali condizioni i contratti a tempo determinato, da un lato, devono essere considerati successivi e, dall’altro, devono essere ritenuti contratti a tempo indeterminato. Essi dispongono dunque di un ampio margine di discrezionalità al fine di stabilire, in funzione del contesto sociale e giuridico esistente, l’opportunità di adottare misure di riqualificazione (44).
  3. Tuttavia, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, quando si sia verificato un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato, si deve poter applicare una misura che presenti garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso ed eliminare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione. Infatti, secondo i termini stessi dell’articolo 2, primo comma, della direttiva 1999/70, gli Stati membri devono «prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti da [detta] direttiva» (45), attraverso la conversione di tali rapporti in contratti di lavoro a tempo indeterminato o attraverso la concessione del risarcimento dei danni (46).
  4. Nella fattispecie, come emerge dai paragrafi 63, 64, 78 e 83 delle presenti conclusioni, la normativa in questione, quale descritta nelle decisioni di rinvio, non presenta misure sufficienti né per la prevenzione né per la sanzione del ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato, ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro. Tale privazione di tutela del personale docente nel settore scolastico va manifestamente al di là di quanto viene autorizzato dal testo della clausola 5, punti 1 e 2, dell’accordo quadro e si pone in contrasto con il quadro stabilito dallo stesso (47), ciò che spetta ai giudici nazionali verificare.

c)      Conclusione interlocutoria

  1. Una normativa nazionale, quale la normativa italiana oggetto dei procedimenti principali, che, da una parte, autorizza il rinnovo di contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamento e di personale ATA delle scuole pubbliche, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia la benché minima certezza sulla data in cui tali procedure si concluderanno e, pertanto, senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale e sia di natura tale da raggiungere l’obiettivo perseguito e necessario a tal fine, e, dall’altra, non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico, non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro. Tuttavia, è ai giudici del rinvio, tenuto conto delle considerazioni che precedono, che spetterà valutare se ricorrano tali circostanze nell’ambito dei procedimenti principali.

3.      Sulla seconda e sulla terza questione

  1. Dal momento che propongo di dare una risposta negativa alla prima questione, ritengo che non sia necessario rispondere né alla seconda e alla terza questione nelle cause C‑22/13, C‑61/13 e C‑62/13, né alla prima e alla seconda questione pregiudiziale nella causa C‑63/13, che riguardano la conformità della normativa nazionale di cui trattasi con l’accordo quadro.

4.      Sulle questioni dalla quinta alla settima

  1. Alla luce della proposta di risposta alla prima questione, il giudice del rinvio nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13 dispone di tutti gli elementi necessari per risolvere in modo utile le controversie principali (48).

VII – Conclusioni

  1. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Tribunale di Napoli nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13 e dalla Corte costituzionale nella causa C‑418/13:

Una normativa nazionale, quale quella oggetto del procedimento principale, che, da una parte, autorizza il rinnovo di contratti a tempo determinato per provvedere alla copertura di posti vacanti d’insegnamento e di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario delle scuole pubbliche, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, senza che vi sia la benché minima certezza sulla data in cui tali procedure si concluderanno e, pertanto, senza definire criteri obiettivi e trasparenti che consentano di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale e sia di natura tale da raggiungere l’obiettivo perseguito e necessario a tal fine, e, dall’altra, non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore scolastico, non può essere considerata come giustificata da ragioni obiettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato. Tuttavia, è ai giudici del rinvio, tenuto conto delle considerazioni che precedono, che spetterà valutare se ricorrano tali circostanze nell’ambito dei procedimenti principali.

1 Lingua originale: il francese.

2 Accordo quadro concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), che figura nell’allegato della direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43).

3 Direttiva del Consiglio, del 14 ottobre 1991, relativa all’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288, pag. 32).

4 Essendo stata immessa in ruolo nel corso del procedimento in virtù della sua progressione nella graduatoria permanente di cui all’articolo 401 del decreto legislativo n. 297/1994, la sig.ra XXXX ha modificato il suo ricorso originario in domanda di pieno riconoscimento dell’anzianità e di risarcimento del danno subito.

5 Contrariamente a quanto stabilito dalla Corte suprema di cassazione nella sentenza n. 10127/12.

6 In tale causa, il governo italiano aveva sostenuto che l’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001, che prevede che contratti a tempo determinato successivi che superino una durata di 36 mesi siano convertiti in contratti di lavoro a tempo indeterminato, fosse applicabile al settore pubblico. V. ordinanza Affatato (C‑3/10, EU:C:2010:574, punto 48).

7 Per quanto riguarda tale aspetto della questione, il giudice del rinvio muove da una premessa differente, secondo la quale il diritto nazionale potrebbe essere interpretato nel senso che l’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001, che prevede la riqualificazione dei contratti a tempo determinato successivi che superino una durata di 36 mesi in contratti a tempo indeterminato, si applica al settore pubblico, in cui è ricompresa la scuola. V. nota 5 delle presenti conclusioni.

8 Il giudice del rinvio rileva che la Corte di cassazione, nella sentenza n. 10127/12, ha escluso l’applicazione al settore pubblico, in cui è ricompresa la scuola, dell’articolo 5, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 368/2001 e, pertanto, in sostanza, che le osservazioni nella causa Affatato non corrispondono alla realtà (v. ordinanza Affatato, EU:C:2010:574, punto 48).

9 V., in tal senso, le sentenze Dietz (C‑435/93, EU:C:1996:395, punto 39), Thibault (C‑136/95, EU:C:1998:178, punto 21), e Bouanich (C‑265/04, EU:C:2006:51, punto 51).

10 Sentenza Inter-Environment Wallonie e Terre wallonne (C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 35).

11 Sentenza Rosado Santana (C‑177/10, EU:C:2011:557, punto 32).

12 Sentenza Azienda Agro-Zootecnica e Eolica di Altamura (C‑2/10, EU:C:2011:502, punto 35 e giurisprudenza citata).

13 Debbo rilevare che tale contesto normativo è stato esposto in maniera assai confusa nelle decisioni di rinvio del Tribunale di Napoli.

14 Dal fascicolo emerge che la scuola comunale deve intendersi esclusa dalla nozione di scuola pubblica.

15 V. articoli 399, comma 1, e 401, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 297/1994.

16 V. articolo 4, comma 1, della legge n. 124/1999.

17 Dal fascicolo emerge che sono state organizzate nuove procedure di concorso nel 2012.

18 Dagli scritti della Commissione emerge che essa ha intrapreso delle procedure per inadempimento che censurano la Repubblica italiana per non aver adottato misure atte a prevenire gli abusi della successione di contratti a tempo determinato nel settore della scuola.

19 Sentenze Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 56); Angelidaki e a., (da C‑378/08 a C‑380/08, EU:C:2009:250, punti 114 e 166); ordinanza Koukou (C‑519/08, EU:C:2009:269, punto 71): sentenze Sorge (C‑98/09, EU:C:2010:369, punti 30 e 31); Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres (C‑444/09 e C‑456/09, EU:C:2010:819, punto 39), nonché Della Rocca (C‑290/12, EU:C:2013:235, punto 34).

20 In forza della clausola 3 dell’accordo quadro, un lavoratore a tempo determinato è «una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico».

21 Sentenze Adeneler e a. (EU:C:2006:443, punto 56) e Della Rocca (EU:C:2013: 235, punto 34).

22 In forza della clausola 2, punto 2, dell’accordo quadro stesso, gli Stati membri e/o le parti sociali hanno la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro solo i «rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato» nonché i «contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici». Sentenze Adeneler e a. (EU:C:2006:443, punto 57) e Della Rocca (EU:C:2013, 235, punto 35).

23 Sentenza Del Cerro Alonso (C‑307/05, EU:C:2007:509, punto 26).

24 Sentenze Adeneler e a. (EU:C:2006:443, punto 63); Impact (C‑286/06, EU:C:2008:223, punto 88), nonché Angelidaki e a. (EU:C:2009:250, punto 73). Nell’ambito dell’Unione, la maggior parte dei nuovi impieghi creati in questi ultimi anni (anche prima della crisi) si fonda su contratti a tempo determinato e su altre forme atipiche di impiego. V. comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 18 aprile 2012, intitolata «Verso una ripresa fonte di occupazione», [COM(2012) 173 final, pag. 12].

25 Il punto 6 delle considerazioni generali dell’accordo quadro enuncia che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento.

26 Sentenza Mangold (C‑144/04, EU:C:2005:709, punto 64). La Corte ha altresì statuito che dal secondo comma del preambolo dell’accordo quadro e dal punto 8 delle considerazioni generali dello stesso emerge che soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori. V. ordinanza Vassilakis e a. (C‑364/07, EU:C:2008:346, punto 83).

27 V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Marrosu e Sardino (C‑53/04, EU:C:2005:569, paragrafo 29).

28 Sentenze Marrosu e Sardino (C‑53/04, EU:C:2006:517, punti 44 e 50) e, più recentemente, Márquez Samohano (C‑190/13, EU:C:2014:146, punto 42).

29 C‑586/10, EU:C:2012 :39. In relazione a tale sentenza, v. il commento di Robin‑Olivier, S., e Remy, P., «La protection des travailleurs atypiques est‑elle en régression? Double réflexion sur l’arrêt Kücük de la Cour de justice», Revue de droit de travail (2013), pag. 645.

30 V., in tal senso, sentenze Adeneler e a. (EU:C:2006:443, punto 69), Angelidaki e a. (EU:C:2009:250, punto 97), nonché Kücük (EU:C:2012:39, punto 27).

31 Sentenze Adeneler e a. (EU:C:2006:443, punto 71) e Kücük (EU:C:2012:39, punto 28).

32 Sentenza Kücük (EU:C:2012:39, punto 30).

33 Ibidem, punto 31.

34 V., in tal senso, ibidem, punti 34 e 36.

35 Ibidem, punti 39 e 40.

36 Per esempio, per il fatto che il settore scolastico dispone di un organico significativo che rende necessarie sostituzioni temporanee.

37 «A system in which permanent jobs are done by individual temporary agents, who are replaced by other individual temporary agents, contravenes the framework agreement, in the letter of the law and in the spirit of the law. Employers cannot take the easy route of employing successive temporary personnel for permanent jobs. Besides, such a system is contrary to the principle that employment should be on the basis of an indeterminate period and that it is only possible to offer temporary contracts if there are objective reasons», Blanpain, R., European Labour Law, dodicesima edizione, Wolters Kluwer, 2010, pag. 472.

38 Il corsivo è mio. Infatti, sulla base di tale disposizione, possono essere stipulati vari tipi di contratti a tempo determinato tra l’amministrazione e i docenti: (i) supplenze annuali «di diritto» nell’organico, per i posti disponibili e vacanti, vale a dire senza personale di ruolo, in scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto); (ii) supplenze temporanee «di fatto» nell’organico, per i posti non vacanti ma disponibili, in scadenza al termine delle attività didattiche (30 giugno); e, infine, (iii) supplenze temporanee, o brevi, nelle altre ipotesi, destinate a durare finché sussistono le circostanze che le hanno richieste.

39 V. conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Jansen (C‑313/10, EU:C:2011:593, paragrafo 35).

40 Sentenze Angelidaki e a. (EU:C:2009:250, punto 80) e Kücük (EU:C:2012:39, punto 48).

41 V. paragrafo 51 delle presenti conclusioni.

42 Sentenze Angelidaki e a. (EU:C:2009:250, punto 96) e Kücük (EU:C:2012:39, punto 27). La Corte ha citato quali obiettivi legittimi di politica sociale le misure dirette a tutelare la gravidanza e la maternità nonché a consentire agli uomini e alle donne di conciliare i loro obblighi professionali e familiari (sentenza Kücük, EU:C:2012:39, punto 33).

43 Secondo il Tribunale di Napoli, l’articolo 36, comma 5, del decreto legislativo n. 165/2001, anche se prevede in teoria il risarcimento del danno subito dal lavoratore del settore pubblico illecitamente assunto a tempo determinato, non consentirebbe a quest’ultimo di ottenere un risarcimento. Infatti, la Corte suprema di cassazione, nella sentenza n. 10127/12, ha dichiarato che tale disposizione non è applicabile qualora i contratti a tempo determinato abbiano ecceduto il limite massimo di 36 mesi, per il motivo che l’assunzione a tempo determinato è stata effettuata in conformità con la normativa e che il vizio non riguarda le modalità di esercizio della prestazione lavorativa. Essa ha altresì dichiarato che un lavoratore illecitamente assunto a tempo determinato non subisce alcun danno poiché ha percepito una retribuzione in base a tale contratto e non poteva ignorare la nullità dello stesso.

44 V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Marrosu e Sardino (EU:C:2005:569, paragrafo 30).

45 V., in particolare, sentenza Vassallo (C‑180/04, EU:C:2006:518, punto 38 e giurisprudenza citata).

46 V., in particolare, sentenza Angelidaki e a. (EU:C:2009:25, punti da 160 a 166).

47 Il governo italiano rileva, a tal proposito, che il diritto nazionale potrebbe offrire delle soluzioni in tal senso, il che sembra confermare le osservazioni di taluni dei ricorrenti nei procedimenti principali nel fare riferimento al recente decreto legislativo del 12 settembre 2013, n. 104. Secondo tali ricorrenti, detto decreto-legge potrebbe consentire la stabilizzazione dei dipendenti del settore scolastico che hanno accumulato periodi di servizio superiori a 36 mesi tramite la loro immissione in ruolo per il periodo 2014-2016.

48 Nelle sentenze Scattolon (C‑108/10, EU:C:2011:542, punto 84) e Carratù (C‑361/12, EU:C:2013:830, punto 49), la Corte ha dichiarato che, alla luce delle sue altre risposte in tali cause, non era più necessario rispondere, rispettivamente, alla quarta e alla sesta questione pregiudiziale in tali cause, che erano formulate in termini analoghi a quelli della settima questione nelle cause C‑61/13 e C‑62/13.