M. Haushofer, La parete

Grandi scrittori del Novecento

di Antonio Stanca

 

haushoferA Giugno del 2013 è comparsa, presso la casa editrice E/O di Roma nella serie Tascabili, la sesta ristampa del romanzo La parete della scrittrice austriaca Marlen Haushofer (pp. 237, € 10) con la traduzione di Ingrid Harbeck ed una postfazione di Gunhild Schneider. L’opera è diventata un classico della letteratura moderna anche se la prima edizione nel 1963 non ebbe successo né lo ebbe la ristampa nel 1968. Solo un’altra ristampa nel 1983, quando la scrittrice era morta da tredici anni, ne fece il più importante dei suoi romanzi ed un capolavoro nell’ambito della letteratura del Novecento.

Marlen Haushofer è nata a Frauenstein, Austria superiore, nel 1920 ed è morta a Vienna nel 1970 a soli cinquant’anni perché affetta da una grave malattia. Proveniva da una famiglia di modeste condizioni economiche, aveva un fratello col quale si frequentò sempre. Compiuti gli studi superiori svolse servizio civile in Prussia. Poi si era iscritta alla Facoltà di Germanistica presso l’Università di Vienna ma non si era laureata. Si sposerà nel 1940 con Manfred Haushofer, conosciuto durante gli anni universitari, avrà due figli e per assicurare loro una famiglia risposerà il marito dopo aver divorziato da lui. Nel 1945 la famiglia fuggirà da Frauenstein di fronte all’avanzata dei soldati russi e si stabilirà a Steyr dove Manfred lavorerà come dentista mentre Marlen nel 1946, a ventisei anni, intraprenderà la sua attività di scrittrice con racconti pubblicati su giornali e riviste. Verranno poi altri racconti e nel 1955 il primo romanzo Una manciata di vita. La maggior parte dei racconti sarà in seguito pubblicata in due raccolte. Di romanzi la Haushofer scriverà altri e nonostante la sua breve esistenza ad essi aggiungerà libri per ragazzi e radiodrammi. Molto ha fatto, molti riconoscimenti ha ottenuto pur essendo vissuta solo cinquant’anni e pur essendosi aggravate le sue condizioni di salute negli ultimi tempi. Neanche allora smetterà di scrivere e nel 1969 riuscirà a concludere l’ultimo romanzo La mansarda.

C’è un motivo che percorre tutta la sua opera ed in particolare i romanzi, un motivo che sembra costituire la sua ispirazione segreta, che la muove in continuazione quasi volesse appagare bisogni nascosti, esigenze taciute. Prima che una scrittrice la Haushofer è stata una donna che ha viaggiato, ha visto, ha vissuto, una donna che voleva dire della condizione femminile, dei problemi, dei disagi che questa ha sempre comportato e delle possibilità, delle capacità possedute dalle donne per combatterli, per liberarsene. E’ stata una femminista, ha partecipato dello stato della donna, dei suoi bisogni, delle sue aspirazioni e per questo ha scritto di donne che diventano protagoniste della vita, della storia, che si mostrano decise di fronte ai pericoli, alle avversità. Come i protagonisti di altre opere del tempo anche le protagoniste della Haushofer vivono di una loro idea, di una loro anima ed anch’esse soffrono in un mondo come il moderno invaso da costumi, interessi di carattere materiale, da ambienti contrari ai valori dello spirito. Anche la donna ha bisogno di recuperare quanto si sta perdendo e la scrittrice pensa che possa farlo in tanti modi tra i quali ci sono il ricordo della vita passata e il contatto con la natura. La natura diventerà per la Haushofer il luogo, il modo migliore per tornare ad essere veri, autentici, per vivere, per praticare quel bene, quell’amore che stanno scomparendo, per ristabilire quei rapporti, quegli scambi che non sembrano più possibili.

Il femminismo, l’ambientalismo e lo spiritualismo propri della Haushofer, del suo pensiero, della sua vita diventeranno i temi, le trame dei suoi romanzi che quasi sempre avranno come protagoniste donne che rifiutano il contesto al quale appartengono, le convenzioni, i conformismi che esso comporta per rifugiarsi in una vita solitaria, a contatto con quegli elementi naturali che permettano di riscoprire quanto di semplice, di spontaneo fa parte dell’essere umano, della sua esistenza ed ora rischia di perdersi definitivamente. Anche ne La parete c’è una donna che una parete trasparente isola dal resto del mondo. Ogni giorno lei deve adattarsi a quegli ambienti naturali nei quali si era recata per una semplice gita e tra i quali è rimasta isolata. Imparerà a fare di tutto, ne sarà capace, saprà stare in uno chalet di caccia e in una capanna di montagna, riuscirà ad adattare tali posti alle sue esigenze, a stare con gli animali,a procurare gli alimenti per sé e per loro, a produrre questi alimenti, a coltivare la terra, a seminarla, a proteggersi dal caldo e dal freddo, dai topi, dai serpenti, ad andare a caccia, a curarsi delle malattie, a riparare i guasti della casa, a risolvere i problemi della campagna. Una vita nuova, un ritmo diverso diventano suoi propri e tanto sicura arriverà a sentirsi la donna da non sperare più, come all’inizio, di essere liberata da tale condizione. Ne apprezzerà i vantaggi, li preferirà ai pericoli della vita di prima, quella invasa dalla crisi dei valori morali. Penserà di rimanere per sempre in quello stato di semplicità, di verità proprio del nuovo ambiente. Niente può reggere al suo confronto e per questo deciderà di scrivere di esso, di farne un diario. Un diario vuol essere, appunto, La parete, una cronaca di quanto, di come quella donna ha vissuto durante il suo isolamento. Una cronaca scritta con tale immediatezza e chiarezza da coinvolgere il lettore dalle prime pagine e tenerlo sospeso fino alle ultime. Niente di elaborato, di complicato c’è nell’opera, di tutto si dice nel momento in cui avviene e in un modo così vero da farlo quasi vedere, sentire, toccare. E’ la maniera della Haushofer, quella sua propria, lontana da qualunque influenza. Un esempio è il suo di come le doti, le qualità della scrittura siano sufficienti a fare arte della vita.