Una Scuola, un Dirigente!

Una Scuola, un Dirigente!
Lettera al Presidente del Consiglio Matteo Renzi

di Francesco G. Nuzzaci

Egregio Presidente,

in attesa che venga approvata la riscrittura in corso del Titolo V della Costituzione, che ponga ordine nel ginepraio di competenze tra Stato e regioni in materia di istruzione, Lei ha preannunciato l’imminente lancio di un ambizioso pacchetto-scuola, il cui valore stimato in un miliardo di euro è sicuramente comprensivo di quei quattro spiccioli necessari a risolvere, per intanto, l’annosa questione della Quota 96 (già diventata Quota 102 e, presumibilmente, destinata a divenire Quota 103!), senza che si metta più a repentaglio l’intero bilancio dello Stato italiano. Sarà sanata un’ingiustizia e, non meno, potrà favorirsi il ricambio generazionale, anche per le posizioni dirigenziali.

L’auspicio è che si inizi dalla testa, con la creazione delle condizioni minime perché ogni istituzione scolastica possa perseguire lo scopo di progettare e realizzare sistematici interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento, com’è scritto nell’articolo 1, comma 2 del D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia.

Gli interventi da promuovere, con sapiente sinergia e con una visione sistemica, è da supporsi, ragionevolmente, che debbano coinvolgere la Sua ministra dell’Istruzione, da tempo, dopo i fuochi di artificio dell’esordio, decisamente defilata.

Non saranno pochi e presumibilmente non sarà facile definire sicure priorità. Ma è di intuitiva evidenza che il compito attribuito dal Legislatore – e, ancor prima, dalla Costituzione – alla scuola, dianzi riportato, impone, come premessa vitale, che in ciascuna delle predette istituzioni vi sia un proprio dirigente, di pieno diritto e a tempo pieno, chiamato a governare, controllare – e dunque garantire – i complessi processi ivi attivati, con l’indispensabile supporto di un direttore dei servizi generali e amministrativi, parimenti incardinato, ed in attesa dell’ausilio di un middle management sul versante della prestazione istituzionale, vale a dire l’organizzazione dell’insegnamento e di tutto ciò che lo supporta e lo correda, in una scuola che nel Suo pacchetto si vuole declinata su tempi più distesi, con un incremento del curricolo, il potenziamento dei laboratori e l’apertura al mondo del lavoro, sostenuta da un articolato e generalizzato sistema di valutazione e connessa valorizzazione di tutto il personale.

Le misure da adottare al riguardo, che ben potrebbero qualificarsi di straordinaria necessità e urgenza, sono, sostanzialmente quelle di seguito evidenziate.

1-Occorre, in primo luogo, apportare le modifiche alle leggi 111 e 183 del 2011, che hanno da un lato prescritto la costituzione di istituti scolastici mostruosi, nel senso di decisamente ingestibili, in media non meno di 1000 alunni o studenti, distribuiti – specie per il primo ciclo di istruzione – in una pletora di sedi distanti e sovente mal collegate; nel mentre, per altro verso, le c.d. scuole sottodimensionate – aventi un numero di alunni o studenti inferiore a 600 – restano prive di un dirigente e di un direttore dei servizi generali e amministrativi titolari.

Devesi quindi realizzare una semplice equazione: un’istituzione scolastica, un dirigente (e un direttore dei servizi generali e amministrativi) e cancellare lo stesso concetto di scuola sottodimensionata, che comunque è incomparabilmente più complessa e di non minore valore strategico rispetto a una ripartizione interna di un non particolarmente consistente ufficio amministrativo e al quale è preposto un dirigente pleno iure.

2- Il recente decreto-legge 58/14, licenziato con una fretta inopportuna e altrettanto sbrigativamente convertito dalla legge 5 giugno 2014, n. 87, ha inteso dettare misure urgenti per garantire il regolare svolgimento del servizio scolastico, in esito all’annullamento giurisdizionale di alcune procedura concorsuali.

Trattasi però di misure insufficienti e mal congegnate, censurabili sotto il profilo dell’equità e che, soprattutto, risolvono solo parzialmente le esigenze di continuità di direzione di poche istituzioni scolastiche, essenzialmente nella sola Toscana.

Esse costringono chi ha vinto un concorso a rifarlo, sia pure in una (futuribile) procedura riservata, scontando l’unica colpa di essere incappati nella morsa di un’Amministrazione reiteratamente e acclaratamente inefficiente (che, in luogo di chiedere conto ai propri dirigenti coinvolti, li ha premiati confermandoli nei posti di massima responsabilità) e di una giustizia amministrativa ancorata ad un esasperato formalismo. E alimenteranno, anziché spegnerlo, un non lieve contenzioso che, esauriti infruttuosamente i gradi di giudizio interni, è destinato a sfociare davanti la Corte europea dei diritti dell’uomo, adusa a pronunciare rifuggendo dai cavilli implausibili: tipo le buste trasparenti il cui interno può (forse) leggersi un controluce, sicché, astrattamente (sic!), può venir meno l’anonimato del concorrente; ovvero la sollecita sostituzione del presidente della commissione esaminatrice con un dirigente di seconda fascia – pure prevista dal bando concorsuale – senza, però, una previa, puntuale e defatigante ricerca di ( improbabili) professori universitari ordinari, magistrati o avvocati dello Stato, dirigenti generali: che – astrattamente – avrebbero potuto (forse!) far passare gli elaborati di ricorrenti bocciati? Nel mentre la stessa operazione, nella medesima tempistica, è avvenuta in altre regioni ed è infine passata indenne dal vaglio giurisdizionale.

Le sarà sicuramente noto che la Corte europea segue, piuttosto, i principi sostanziali del diritto, tra i quali campeggia la tutela piena e incondizionata delle posizioni soggettive guadagnate da cittadini palesemente incolpevoli.

Nello specifico, ripercorrendo le fattispecie (mal)regolate dal citato decreto-legge 58/14 e dalla sua legge di conversione 87/14, riteniamo che:

2.1- Si deve subito procedere con l’ordinario rinnovo del concorso a dirigente scolastico per i soli ricorrenti vittoriosi della Toscana, secondo le disposizioni di cui al D.D.G. del 13 luglio 2011, atteso che – tra le altre possibili considerazioni – lo stringatissimo prefigurato nuovo sistema di reclutamento è tuttora privo del regolamento di attuazione.

Dovranno quindi costituirsi le commissioni esaminatrici conformemente al giudicato degli alti magistrati di Palazzo Spada, tal che i predetti ricorrenti possano conseguire il c.d. bene della vita loro riconosciuto: che non è certo la nomina a dirigente scolastico, ma il diritto a (ri)partecipare al concorso, che se sarà superato consentirà loro la collocazione in una graduatoria ad esaurimento, ai sensi del decreto-legge 104/13, art. 17, comma 1 bis, convertito dalla legge 214/13. In ciò, tecnicamente, consiste l’obbligo dell’Amministrazione di portare ad esecuzione la sentenza.

2.2- Contemporaneamente bisognerà predisporre una puntuale soluzione normativa, non limitata alla salvaguardia delle posizioni dei dirigenti toscani già vincitori o idonei nel concorso cassato, ma estesa a coloro che potrebbero essere esposti a situazioni simili. Soluzione normativa che è già pronta, semplicemente richiamandosi la legge 202/10 per l’analogo concorso a suo tempo annullato dalla Corte di giustizia amministrativa per la regione Sicilia: reiterazione delle procedure concorsuali in obbligata esecuzione del giudicato, ma consistenti nella presentazione di una relazione scritta sull’esperienza maturata in funzione di dirigente e sua discussione davanti la commissione esaminatrice, il cui positivo giudizio formalizza la nomina a dirigente, con la riattribuzione della sede in fatto occupata; ovvero, per i già vincitori cui non sia stato ancora attribuito l’incarico e/o per gli idonei, presentazione di un progetto elaborato su un argomento da loro scelto tra quelli già affrontati nel corso della procedura concorsuale annullata, al cui giudizio positivo consegue la conferma della posizione già occupata nella graduatoria generale finale di merito.

2.3- Parimenti, l’elaborazione di un progetto su un argomento scelto tra quelli svolti sempre in sede di procedura concorsuale poi annullata, se oggetto di giudizio positivo consentirà ai 96 ex vincitori in Lombardia, poi risultati respinti nella ricorrezione delle medesime prove scritte, la conferma del proprio precedente punteggio complessivo e di essere collocati, secondo il relativo ordine, in coda alla nuova graduatoria e beneficiando del citato decreto-legge 104/13 (graduatoria ad esaurimento).

2.4- Ad un’altrettanto mirata e selettiva procedura concorsuale dovranno essere interessati coloro che figurano nelle code concorsuali oggetto di contenzioso giudiziario tuttora in corso, risalenti al bando di cui al D.D.G. del 22 novembre 2004 (primo concorso ordinario a dirigente scolastico), peraltro menzionate nel D.L. 58/14. Anche per questi soggetti, prima della riproposizione della procedura concorsuale standard, sia pure in sessioni riservate, dovranno recuperarsi e riconoscersi le prove già positivamente sostenute.

2.5- In termini differenti si pone il problema dei c.d. presidi incaricati, figura residuale e ad esaurimento, di poche decine di persone che, da anni, svolgono la funzione dirigenziale. Funzione già riconosciuta dai giudici del lavoro quanto agli aspetti economici, ma, per gli aspetti normativi, tenuta a bagnomaria dall’Amministrazione; che pure continua ad avvalersi dell’opera di questi cirenei, quasi sempre destinati in scuole di risulta o di frontiera.

Al riguardo, mette conto rimarcare che a breve la Corte di giustizia europea, sulla scorta delle conclusioni rassegnate dall’avvocato generale presso la medesima, ragionevolmente – in virtù della prevalenza, ratione materiae, del diritto comunitario sul diritto interno – sanzionerà lo Stato italiano per l’abuso dei contratti a termine, in violazione della direttiva UE 1999/70, vietante in senso lato discriminazioni irragionevoli nei confronti di chi svolge le stesse funzioni o mansioni dei lavoratori a tempo indeterminato; formalmente recepita dal D. LGS. 368/01 e valevole pacificamente anche nel pubblico impiego. Di conseguenza sarà smentita la stupefacente sentenza della nostrana Corte di cassazione, n. 10127 del 20 giugno 2012, di non applicabilità della normativa comunitaria de qua perché esistono norme speciali interne regolanti l’attribuzione delle supplenze e/o di incarichi a termine nella scuola! Di conseguenza, secondo gli esimi togati garanti dell’esatta osservanza e dell’uniforme applicazione del diritto:

a)per il personale della scuola non dovrebbe darsi luogo alla conversione dei rapporti di lavoro in corso a titolo precario in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche se protratti per anni e anche se relativi alla copertura dei posti vacanti in organico di diritto, per corrispondere – dunque – non già ad esigenze eccezionali e transeunti dell’Amministrazione, bensì e in fatto ad esigenze ordinarie e dotate di stabilità nel tempo;

b) a questo personale – figlio di un dio minore – non si dovrebbe nemmeno riconoscere il risarcimento del danno, in luogo della sua mancata assunzione negli organici;

c) addirittura, non gli spetterebbe nessun incremento stipendiale, a significare la legittimità di essere sottopagato per legge.

Sicché i presidi incaricati dovranno essere immessi direttamente in ruolo, purché non in quiescenza dal primo settembre 2014. Perché è moralmente e giuridicamente giusto che sia così, e non fosse altro per evitare al bilancio dello Stato un salasso – in termini di condanna pecuniaria dotata di effettiva dissuasività – ben più consistente dei risibili costi della loro doverosa normalizzazione.

Né può allegarsi l’ostacolo posto dall’articolo 97, terzo comma della Costituzione, secondo cui agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede per concorso. Perché, a seguire, è scritto che sono fatti salvi i casi stabiliti dalla legge. E la legge in discorso (o atto equiparato) non si vede come possa essere dichiarata incostituzionale da un ipotetico giudizio davanti la Consulta, in quanto non può di certo dirsi affetta da irragionevolezza : si tratta di soggetti che svolgono – in qualche caso continuativamente da dieci anni e più! – funzioni dirigenziali, al pari dei colleghi di ruolo, senza mai essere incorsi in valutazioni negative formalizzate in atti e, per ciò, in re ipsa idonei.

3- Sgombrato il campo dai focolai del contenzioso, sempre in agguato e suscettibile di protrarsi su tempi biblici in ragione di un sistema giudiziario – il nostro – alquanto barocco, si dovrà poi dettagliare ed implementare il nuovo dispositivo di reclutamento della dirigenza scolastica, ora centralizzato e affidato all’appena istituita unica Scuola Nazionale dell’Amministrazione: e si andrà ben oltre il 31 dicembre 2014!

Ma medio tempore premono le urgenze. Abbiamo detto: una scuola, un dirigente!

I numeri in circolazione concordano nel disegnare un quadro preoccupante: 1000 istituzioni scolastiche normodimensionate sono senza titolare, cui si aggiungono le 180 dirette da chi aveva avanzato istanza di mantenimento in servizio, ora vietata dalla legge con effetto retroattivo, e in più vi sono le 475 istituzioni scolastiche sottodimensionate, acefale sempre ex lege.

Risulta che il MIUR abbia richiesto al MEF soltanto 630 nuove assunzioni, tuttora prive di via libera a poco più di quindici giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico.

Fatti i conti: più di 1000 scuole saranno affidate in reggenza; con la situazione che si presenta veramente critica in alcune regioni del Nord, Toscana e Piemonte su tutte, ma anche in Campania, dove l’ultimo concorso ordinario bandito nel 2011 è ancora bloccato e sotto la lente della magistratura penale.

Vi è però la possibilità di interventi, ancorché non compiutamente risolutivi.

3.1- Si può, in primo luogo, assicurare lo scorrimento delle graduatorie dei vincitori e idonei a tutt’oggi non esaurite (ad esempio, in Puglia, Calabria, Sardegna, Lombardia…) per coprire buona parte delle sedi eccedenti e disponibili: quelle normodimensionate e poi quelle sottodimensionate (ante).

3.2- Nell’evenienza che in qualche regione residuino vincitori o idonei per carenza di sedi – e auspicando il ripristino della dimensione nazionale piena per il futuro concorso – potrebbe ben attivarsi la previsione resa permanente dal D.L. 90/14, risolvendo il rapporto di lavoro nei confronti di chi, avendo compiuto il sessantaduesimo anno d’età, vanti l’anzianità contributiva di 42 anni e 6 mesi se uomo o 41 anni e 6 mesi se donna.

3.3- All’opposto, nelle regioni prive di graduatorie di vincitori o idonei, potrà farsi un’eccezione all’altra norma del decreto legge testé citato, accogliendo le domande di mantenimento in servizio, per non più di due anni, di dirigenti scolastici che abbiano raggiunto l’età della vecchiaia.

3.4- Non sappiamo se quanto suggerito possa rientrare o meno nel budget di un miliardo di euro. In ogni caso, la reggenza di istituzioni scolastiche dovrebbe essere l’extrema ratio.