Stop alla roulette dei supplenti

da ItaliaOggi

Stop alla roulette dei supplenti

Nelle Linee guida di riforma spunta l’organico di rete, gestito in autonomia dagli istituti. Carriera in due fasi. Incertezze per il nuovo contratto

Alessandra Ricciardi

Via libera all’organico funzionale. Una task force di docenti assunti a tempo indeterminato sostituirà i colleghi assenti per brevi periodi e realizzerà i progetti formativi ad hoc della rete di scuole di appartenenza. Tra i punti chiave del progetto di riforma della scuola, che venerdì prossimo vedrà la luce al consiglio dei ministri, figura anche l’attuazione di quella misura di stabilizzazione del personale supplente e di rafforzamento dell’autonomia degli istituti scolastici già prevista dal governo Monti e rimasta finora lettera morta per l’assenza di risorse.

 

Il governo Renzi dovrebbe riuscire a trovare la quadra con l’Economia, nell’ambito di quel miliardo di euro di risorse che al momento è considerato la dote massima di cui il settore potrà disporre con la legge di stabilità.

E che dovrà bastare a rifinanziare anche una quota del Mof, in fondo di funzionamento degli istituti scolastici, e la carriera dei docenti. A confermare l’intervento sui supplenti, ieri al Meeting di Cl, lo stesso ministro dell’istruzione, Stefania Giannini: «Le supplenze vanno riconsiderate…L’obiettivo dell’esecutivo, è quello di ragionare in termini di organico funzionale e non di organico di diritto. È l’uovo di colombo che chi lavora nella scuola conosce da tempo, ma che nessun governo ha avuto il coraggio di affrontare direttamente perché significa prendere coscienza che le supplenze non fanno bene né a chi le fa né a chi le riceve».

Inoltre, ha spiegato il ministro, è chiaro sin «dall’inizio dell’anno con molta precisione quali sono i posti da coprire stabilmente ma c’è un meccanismo perverso che ci trasciniamo da decenni che non ci consente di lavorare se non con l’organico di diritto e quindi di riempirlo attraverso le graduatorie».

 

La coperta finanziaria però è stretta e questo impone al premier Matteo Renzi di scegliere con oculatezza le priorità da finanziare. Nelle Linee guida di riforma che si stanno definendo in queste ore sono molte le misure che non necessitano, per essere operative, di nuove risorse: dal debutto del sistema nazionale di valutazione (misura già prevista per questo settembre) all’introduzione in via flessibile e non ordinamentale dello studio di alcune discipline, dalla geografia alla storia dell’arte; dal potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro all’incentivazione degli accordi con il terzo settore per l’apertura pomeridiana degli istituti.

 

A pesare finanziariamente c’è invece la riforma della carriera degli insegnanti, secondo quell’articolazione in tre gradini (docente ordinario, esperto e senior) che faceva già parte della riforma Aprea e prima ancora Moratti. Perché se è vero, raccontano rumors di palazzo, che la nuova progressione sarà finanziata assorbendo parte delle risorse ad oggi destinate agli scatti, è anche vero che l’anzianità di servizio continuerà a essere garantita sppure in misura diversa. Servono dunque fondi aggiuntivi per chi vorrà anticipare i passaggi economici altrimenti legati solo al passare degli anni di servizio.

Un tema che si intreccia con quello del rinnovo del contratto di tutti i dipendenti statali, congelato dal 2008: il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha smentito la proroga dell’attuale blocco. Il che significa però che nella legge di Stabilità il governo dovrebbe stanziare le risorse necessarie per procedere ai nuovi contratti di oltre 3 milioni di dipendenti pubblici (di cui quasi un milione nella sola scuola). L’ultimo Def, sezione II, pagina 34, non lo prevede, anzi procastina il rinnovo al 2020.

 

A Palazzo Chigi non escludono però che, per non depotenziare l’impatto della riforma della scuola, la carriera si faccia comunque a prescindere dal rinnovo del contratto di tutti gli statali, che potrebbe avere tempi più lunghi. Un’operazione in due fasi: indicazione delle fasce di carriera per legge e conseguente accordo con i sindacati per definirne l’articolazione e i contenuti; in una seconda fase l’avvio. Tra l’altro, nel 2015 le condizioni di bilancio, anche grazie ai primi effetti dei tagli alla spesa pubblica, si spera siano tali da consentire di mettere risorse fresche per far salire le retribuzioni di tutti i pubblici.