Giannini fa rima con Gelmini?

Giannini fa rima con Gelmini? Sì e no

 di Gabriele Boselli

 

Le misure in gestazione dal governo Renzi sono state già accusate di sostanziale continuità con quelle dei governi Berlusconi. Vanno certo in questo senso la particolare attenzione alle scuole a gestione privata (detassazione e decontribuzione) e l’estensione del loro modello di finanziamento e funzionamento alle scuole pubbliche: introduzione di soggetti privati, organico tuttofare, supplenze comprese, valutazione di insegnanti e dirigenti con licenziabilità che fatalmente colpiranno quelli meno integrati nel microsistema. Non ci saranno precarietà di alcuni a prescindere dal comportamento ma, essendo valutati, tutti diventeranno precari e l’autonomia intellettuale di docenti e dirigenti sarà fortemente compressa. Del resto un governo che promuove la modifica della Costituzione in senso presidenziale e autoritario non poteva che “riformare” la scuola in tal direzione, dimenticando che la libertà di insegnamento non è un accessorio ma una condizione essenziale, costitutiva dell’insegnare autentico, magistrale (da magis-stratus, posto sopra).

Il ribadito disprezzo del ruolo del sindacato da parte del Presidente del Consiglio continua poi nella tradizione dei governi di centro-destra.

Fin qui, Giannini fa rima con Gelmini (e Aprea) e certo con le intenzioni in parte incompiute dell’avvocato di rito calabrese. Costei colpì pesantemente nei numeri la parte strutturale del disegno ma incontrò una dura reazione sulla seconda parte e la libertà di insegnamento fu pressoché salva. L’organo di rappresentanza e autogoverno della scuola, il CNPI, fu soppresso (di fatto, senza nemmeno l’onore di una legge o di un articolo di soppressione) in seguito, peraltro ad opera dei gelminiani di centro-sinistra, ora di obbedienza renziana.

Per altri aspetti Giannini non fa rima con Gelmini. La prima tolse oltre centocinquantamila posti alla scuola, con particolare accanimento sulla scuola elementare; la seconda si accinge a restituirne centomila e forse più. Anche sul piano retributivo non ci possiamo lamentare nemmeno in caso di blocco contrattuale poiché la misura (pur presa con finalità elettorali) degli 80.000 euro vale da sola più di un medio rinnovo contrattuale. Del resto in altri paesi colpiti dalla crisi economica come la Spagna gli stipendi sono stati ridotti del 10%.

Pare inoltre che questo ministro voglia fare qualcosa di buono sul piano della formazione culturale e professionale dei docenti, mentre la Gelmini –contrariamente al ministro omopartitico Moratti- ridusse quasi a zero le risorse in questo settore, non avendo alcuna idea di largo respiro sulla ricerca (vedi il tunnel) e sull’ istruzione.

Che fare? Stringersi intorno ai sindacati e alle associazioni professionali per difendere la libertà di insegnamento, sostenere il Ministro, che avrà il suo da fare con il Tesoro, nel ridare sangue agli organici (anche di Provveditorati e USR, ora al lumicino) e nel riconferire respiro culturale e dunque pedagogico all’azione dell’amministrazione scolastica e delle scuole.