Parere Regione Sicilia novembre 2006

Regione Siciliana – Ufficio legislativo e legale

POS. I Prot._______________/304.2006.11

OGGETTO: Atto amministrativo – conferenza di servizi ex art. 9 l.r. 28/1999. grande distribuzione – computo delle astensioni.

ASSESSORATO REGIONALE
COOPERAZIONE COMMERCIO
DIPARTIMENTO COOPERAZIONE
ARTIGIANATO E COMMERCIO
PALERMO

  1. Con nota 20 novembre 2006, n. 10199, l’Amministrazione in indirizzo chiede l’avviso dello scrivente sulla seguente problematica.
    L’art. 9, comma 3, della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28 – recante “Riforma della disciplina del commercio” – dispone che per le grandi strutture di vendita la domanda di rilascio dell’autorizzazione è esaminata in conferenza di servizi e che le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti, previsti in numero di quattro, rappresentanti, rispettivamente, l’Assessorato regionale per la cooperazione, il commercio, l’artigianato e la pesca, la Provincia regionale, il Comune e la Camera di commercio territorialmente competenti. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al parere favorevole del rappresentante della Regione, il cui voto comunque prevale in caso di parità.
    Con D.P.Reg. 26 luglio 2000 sono state adottate le “Norme sul procedimento concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita, sulla partecipazione al procedimento amministrattivo e el funzionamento delle conferenze di servizi di cui all’art. 9, comma 5, della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 28″.
    Ai sensi dell’art. 11 del suindicato decreto del Presidente della Regione, le deliberazioni della conferenza di servizi sono adottate a maggioranza dei componenti e si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione che, regolarmente convocata, non ha partecipato alla conferenza.
    In sede di svolgimento di alcune conferenze, taluni dei componenti con diritto di voto si sono astenuti dalla votazione.
    L’Amministrazione richiedente ritiene che – in analogia al disposto dell’art. 11 del decreto del Presidente della Regione, che considera acquisito l’assenso dell’amministrazione non intervenuta alla conferenza – anche l’astensione possa considerarsi espressione di voto favorevole, e su tale orientamento chiede il parere dell’Ufficio.

  2. La questione prospettata richiede, in via preliminare, l’esame dell’istituto dell’astensione.
    L’obbligo di astensione trova fondamento nei principi di legalità, imparzialità e trasparenza che devono caratterizzare l’azione amministrativa, ai sensi dell’art 97 della Costituzione. Esso, per costante giurisprudenza, costituisce regola di carattere generale, che non ammette deroghe ed eccezioni e ricorre ogni qualvolta il componente di un organo collegiale, per ragioni di ordine obiettivo, non si trovi in posizioni di assoluta serenità rispetto alle deliberazioni da adottare, determinandosi un conflitto di interessi con l’oggetto della decisione. Deve però sussistere una correlazione diretta ed immediata tra la posizione del componente e l’oggetto della deliberazione. Il concetto di interesse, da cui scaturisce il dovere di astensione, è riferito a situazioni di conflitto o di contrasto, che creano un’incompatibilità alla partecipazione ed al voto. Detta incompatibilità si ha solo in presenza di un interesse personale e diretto alla deliberazione, da parte del votante o dei suoi familiari , che comporta una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all’adozione della delibera ( Cfr., fra le tante, Consiglio di Stato, Sez. IV, 23-09-1996, n. 1035; 07-10-1998, n. 1291; 26-05-2003, n. 2826 e 04-11-2003, n. 7050).
    In virtù di quanto sopra detto, è da ritenere che anche sui componenti della conferenza di servizi incombe il dovere di astenersi, ma “soltanto quando essi siano portatori di una situazione individuale o familiare coincidente con l’oggetto del provvedimento e si possa ravvisare una concreta perturbazione del processo logico valutativo che sta alla base della determinazione amministrativa” (Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 11-03-1993, n. 273). La linea di demarcazione fra atti deliberativi vincolati o non all’obbligo di astensione è dunque ravvisabile nella potenzialità dei medesimi “ad incidere in via immediata e diretta sulle posizioni soggettive dei…….. partecipanti al voto” (Cfr. T.A.R. Calabria, 06-11-1991, n. 706).
    E’, però, da ritenere che l’eventuale situazione di conflittualità di cui è portatore taluno dei componenti con diritto al voto della conferenza di servizi comporti, in capo allo stesso, l’obbligo di comunicare tempestivamente all’Amministrazione di appartenenza o che si rappresenta la propria rinuncia all’incarico a causa della personale conflittualità, permettendo a quest’ultima di delegare altro rappresentante legittimato ad esprimerne serenamente la volontà .
    La giurisprudenza della Corte dei conti è poi concorde nel ritenere che la mera astensione dal voto non esime da responsabilità i componenti dei collegi amministrativi, se gli stessi non fanno formalizzare formalmente i motivi del loro dissenso (Cfr. Corte dei conti se. II, 16-01-1984, n. 3; sez. I, 11-01-1995, n. 2). La mera astensione, fuori dalle ipotesi di conflitto personale, come sopra riferito, è considerata come mancata manifestazione immotivata della propria volontà ed è ritenuta oggetto di responsabilità amministrativa, qualora i dissenzienti non fanno constare a verbale i motivi del loro dissenso, “cosicchè l’astensione…….vale quanto l’espressione di voto ai fini della responsabilità amministrativa” (C. conti, sez. giur. Reg. Puglia, 26-02-1993, n. 11), poiché “solo il voto contrario e non la semplice astensione esclude la riferibilità della volontà collegiale al singolo componente” (Cfr. C. conti, sez. II, 23-10-1991, n. 323 e, dello stesso tenore, Corte dei conti, sez. giur. Reg. Sardegna, 17-06-1991, n. 363 e sez. giur. Reg. Campania, 03-04-1995, n. 33).
    La partecipazione ad un organo collegiale comporta l’obbligo per tutti i componenti di concorrere alla formazione della volontà” (cfr. Corte conti, sez. giur. Reg. Calabria, 11-12-1995, n. 24), ciò è tanto più vero all’interno della conferenza di servizi, cui si ricorre nelle fattispecie di consensi vincolanti o parzialmente vincolanti, e dove il terreno d’elezione è quello dell’assenso (o del dissenso) non facoltativo. Si evidenzia, a tal proposito, che la conferenza di servizi è un istituto obbligatorio ogni qual volta sia necessario acquisire assensi da parte di altre amministrazioni, oltre la p.a. procedente; essa è anche lo strumento per conciliare più interessi pubblici e, quando necessario, per superare i dissensi – manifestati ed espressi – con la deliberazione a maggioranza. I componenti della conferenza sono chiamati ad esprimere, in vista della loro specifica competenza, una valutazione sulla rispondenza delle istanze presentate alle finalità perseguite dal legislatore. “Da ciò consegue che……… la Conferenza di servizi ha l’obbligo di esprimere un giudizio motivato in merito a ciascun impatto dell’iniziativa commerciale” (Cfr., proprio sull’art. 9 della l.r. 28/1999 e sull’art. 11 del D.P.Reg. 26 luglio 2000, T.A.R. Catania, sez. II, sent. 11-03-2004, n. 677). In questi casi, ritiene la giurisprudenza che “stante la finalità della funzione cui i componenti del collegio sono chiamati, non è ipotizzabile la facoltà di astenersi; ad essi, invero, non si richiede la mera espressione di un voto: è richiesta, invece, la formulazione di un giudizio motivato del quale, tra l’altro devono assumere ogni responsabilità” (Cfr. T.A.R. Puglia, sez. Lecce, 22-07-1986, n. 268).
    Si evidenzia, inoltre, che la problematica trattata trova espressa soluzione nelle previsioni di cui all’art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 – recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi” – (articolo aggiunto dall’art. 17, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127, poi sostituito dall’art. 12 della L. 24 novembre 2000, n. 340 e successivamente modificato dall’art. 11 della L. 11 febbraio 2005, n. 15) che regolamenta gli effetti del dissenso espresso in conferenza dei servizi, oltrechè al comma 7 dell’art. 14-ter della stessa legge (come modificato dall’art. 10 della L. 15/2005) che, nel disciplinare l’ipotesi in cui il rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione rappresentata – fattispecie alla quale pare potersi ricondurre la mera astensione, intesa come mancata espressione definitiva di volontà dell’amministrazione rappresentata, laddove il voto di astensione non si concretizza né come assenso né come dissenso – considera acquisito l’assenso di detta amministrazione.
    La legge 241/1990, nella parte relativa alla conferenza dei servizi, è stata recepita dal legislatore regionale con l’art. 2 della l.r. 7 settembre 1999, n. 23 – recante “Attuazione nella Regione siciliana di norme della legge 15 maggio 1997, n. 127” – che espressamente dispone: “Nell’ordinamento della Regione siciliana,……….la conferenza di servizi disciplinata dall’articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato……….dall’art. 17, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modifiche e integrazioni“.
    In ragione del recepimento delle suindicate disposizioni della L. 241/1990 e della L. 127/1997 e successive modifiche e integrazioni, è da ritenere superata la regolamentazione della conferenza di servizi ai sensi della l.r. 30 aprile 1991, n. 10, titolo IV, “Semplificazione amministrativa“, art. 15. Ciononostante, nella specifica fattispecie, è necessario rilevare che l’art. 9, comma 5, della l.r. 28/1999 – norma che appare speciale, oltrechè successiva alla l.r. 23/1998 – nel rinviare al decreto del Presidente della Regione l’adozione delle norme sul procedimento concernente le domande relative alle grandi strutture di vendita, richiama la l.r. 10/1991.
    Emerge, comunque, anche dall’art. 15 della l.r. 10/1991, l’obbligo delle amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi di esprimere “definitivamente la competente valutazione” (comma 4), analogamente alla previsione riportata al comma 7 dell’art. 13-ter della L. 241/1990, così come l’obbligo di comunicare il dissenso motivandolo. In conseguenza di ciò, non pare trovare spazio, nemmeno ai sensi della l.r. 10/1991, la configurabilità della mera astensione, che comunque, non potendosi reputare che “silenzio” comporta che esso venga considerato quale “assenso” (cfr. art. 15, comma 4, ultimo periodo, l.r. 10/1991).
    Si rileva in ogni caso che – prevedendo l’art. 37 della l.r. 10/1991, che “Per quanto non previsto dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, ed i relativi provvedimenti di attuazione” – non si rinvengono nelle previsioni di cui agli artt. 14-ter e 14-quater della l. 241/1990, elementi di incompatibilità alla loro applicazione alla fattispecie considerata, tenuto conto che dette disposizioni non contrastano con quelle contenute all’art. 9 della l.r. 28/1999 e al decreto del Presidente della Regione 26 luglio 2000, le quali comunque non dispongono diversamente.
    Conclusivamente, alla luce della lettura sistematica della normativa regionale e nazionale relativa alla conferenza di servizi, pare potersi concludere per l’incompatibilità della mera astensione da parte dei partecipanti alla conferenza stessa e – in mancanza di espressa, diversa, previsione all’interno della l.r. 28/1999 e del D.P.Reg. 26 luglio 2000 – si ritiene applicabile quanto disposto dall’art. 14-ter, comma 7, che obbliga ciascuna delle amministrazioni interessate ad esprimere la propria volontà in sede di conferenza dei servizi, considerando acquisito l’assenso tacito dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso la volontà definitiva della stessa.
    Nei termini il reso parere.


Ai sensi dell’art. 15, co. 2, del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d’ora all’accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell’8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati “FONS”.