Umberto Eco e McLuhan

Umberto Eco e McLuhan

di Maurizio Tiriticco

 

E’ di grande interesse la riflessione di Eco su “la Repubblica” del 13 settembre, “Mezzo e messaggio quei cortocircuiti al tempo delle mail”, a proposito di quanto il mezzo condizioni il messaggio, soprattutto oggi in un contesto in cui cellulari e tablet dominano ogni minuto della nostra quotidianità. Il medium è il messaggio: si tratta della constatazione ormai più che nota che fece McLuhan nel suo famoso saggio degli anni Sessanta, quando la pervasività della televisione imponeva di fatto riflessioni nuove a proposito della teoria della comunicazione. Ricorda giustamente Eco come, fin dalle prime teorizzazioni sulla vicenda comunicativa (siamo nella prima metà del secolo scorso), il modello costituito da EMITTENTE, RICEVENTE, MEZZO e MESSAGGIO funzionasse ottimamente per comprendere quali fossero le condizioni materiali perché il campo della comunicazione fosse attivo e i messaggi trasmessi e ricevuti. Tuttavia, si ravvisò che era anche necessario che si considerassero altri due fattori, indispensabili ai fini della correttezza e della efficacia del messaggio trasmesso e ricevuto: il CODICE e il REFERENTE, per usare le espressioni di Jakobson. In effetti, ogni messaggio si costruisce in forza di un codice, di un linguaggio che deve essere condiviso dagli interlocutori. Posso parlare in perfetto italiano a un cinese che non conosce la mia lingua e il messaggio non viene compreso: quindi, di fatto, non esiste, perché il CODICE non è condiviso. Allo stesso modo, il referente – o, se si vuole, il “riferito”, l’oggetto della informazione lanciata – deve essere condiviso dal ricevente. Se faccio una dichiarazione d’amore, che costituisce il REFERENTE, cioè l’oggetto del mio messaggio, il ricevente potrà anche comprenderla in ordine al codice, ma non condividerla in ordine al contenuto. Respinge di fatto il messaggio al mittente, come si suol dire e si situa fuori dal campo della comunicazione. E bisogna sempre sperare che l’innamorato non torni alla carica fino a diventare uno stalker.

In effetti, in molte delle nostre scuole, laddove ancora imperversano le lezioni cattedratiche, il messaggio spesso “non passa” e non viene né compreso né accettato per due ragioni: il CODICE non è condiviso, perché l’insegnante “parla troppo difficile” e a volte usa termini che non sono nell’enciclopedia mentale dell’alunno (ad esempio egemonia, supremazia, egida, istituzione, medioriente, incentivare); il REFERENTE poi è lontano mille miglia dai referenti quotidiani del nostro alunno. Come e quanto può interessargli la vicenda napoleonica, se i referenti, i suoi oggetti di interesse primario e condiviso con i coetanei sono il motorino, la ragazza, lo sballo del sabato sera? Napoleone è totalmente fuori dal campo della comunicazione.

Quindi, se intendiamo la comunicazione come un campo, ampio o ristretto che sia (quello intercontinentale condizionato dalle informazioni via radio, o quello del colloquio ravvicinato di due interlocutori), va sottolineato che in ogni situazione i sei fattori debbono essere attivi e, soprattutto, condivisi. Quante volte ascoltiamo con interesse ciò che un interlocutore ci dice? Ma quante volte anche le informazioni considerate da alcuni più importanti cadono nel vuoto perché il referente è assolutamente lontano dai nostri più immediati referenti? Non puoi parlarmi di filosofia se sono sotto i ferri del chirurgo!

Per quanto mi riguarda, posso dire che ho condiviso e compreso il concetto di REFERENTE adottato da Eco, ma non ho condiviso del tutto il concetto di CODICE. Secondo Eco, la tesi di McLuhan non avrebbe tanto valore in sé, cioè per ogni forma di comunicazione, qualunque sia il tempo e qualunque sia il luogo in cui si effettua, quanto in relazione alla tipologia dei mezzi utilizzati.

In effetti Eco ritiene che il peso che il mezzo ha sul messaggio e il condizionamento che provoca sia tipico della nostra epoca. “La vera rivoluzione è avvenuta col computer, l’e-mail e i telefonini cellulari. In questi casi il rapporto è temporalmente immediato. Sia nel caso del nerd che passa le notti on line, che in quello dei telefonatori compulsivi che vediamo camminare per strada parlando a qualcuno, abbiamo un processo domanda-risposta che non prende tempo”. Ma una vera rivoluzione si ebbe anche con l’invenzione della scrittura o con l’invenzione della stampa. A oni epoca la sua rivoluzione nel campo dei messaggi! E, dopo altre interessanti argomentazioni, Eco così conclude: “Possiamo tornare alla sinonimia apparente di cui ho detto all’inizio, quella tra rapporto comunicativo e trasporto: pareva che si trattasse di due fenomeni diversi, ma abbiamo visto come spesso il modo di trasporto del messaggio possa interferire con la natura del messaggio stesso e sulla forma della sua ricezione”.

Ed è su quell’avverbio di tempo, “spesso”, che non sono d’accordo. In effetti, si tratta di un “sempre”, non di uno “spesso”. Gli esempi che Eco riporta nelle prime battute dell’articolo: il discorso del Duce del 10 giugno 1940, l’introduzione della televisione a colori, le lettere che due interlocutori si scambiavano ai tempi di una servitù…complice e servizievole, o delle diligenze, sembrano suggerire che il rapporto tra mezzo e messaggio non fosse così decisivo come lo è ora, al tempo dei cellulari, della mail, di facebook, di twitter e dei sempre più numerosi ed intriganti social network. La variabile TEMPO ha il suo gioco, ovviamente, all’interno dello SPAZIO in cui agiscono i sei fattori della comunicazione. Ma non modifica e non altera – se si vuole – la correttezza dell’intuizione di McLuhan.

In effetti, non c’è messaggio che non si debba leggere e comprendere se non alla luce di quell’affermazione che vuole che il mezzo è il messaggio stesso. Cambia la natura della ferraglia, che può essere fatta da un corriere cavallo, da un vagone postale o da onde herziane, come lo stesso Eco riconosce. Il fatto che i tempi della trasmissione-ricezione siano lunghi o brevi ha un carattere relativo. Ciò va tenuto presente perché non si cada nell’errore per cui l’intuizione di McLuhan avrebbe valore e forza solo dopo la nascita dei mass media. Anche perché i mass media sono sempre esistiti: anche se viaggiavano più lentamente, come i testi sacri o i poemi omerici o l’editto di Teodosio o la notizia della morte di Napoleone, che – va ricordato – impiegò dei mesi per giungere in Europa, mentre oggi con un click…

Acqua alle funi