La Buona Scuola, l’armata dei 150mila

da tuttoscuola.com

La Buona Scuola, l’armata dei 150mila

L’aspetto del documento ‘La Buona Scuola’ che più ha attratto l’attenzione dei media è quello che riguarda l’assunzione in un solo anno di ben 150 mila insegnanti precari (tra i quali i residui vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso bandito nel 2012), ai quali si aggiungeranno 40 mila vincitori del concorso che sarà bandito all’inizio del 2015.

Un’operazione ciclopica, giocata sui grandi numeri, che sotto questo profilo echeggia quella compiuta dal governo Renzi con l’iniziativa degli 80 euro per 10 milioni di lavoratori a medio-basso reddito. Un’operazione volta quindi (anche) ad acquisire consenso – quanto meno quello dei non pochi diretti interessati – risolvendo in un colpo solo, e in un solo anno, una vicenda che si trascinava dai tempi della prima Repubblica (la legge istitutiva del ‘doppio canale’, che darà poi luogo alla formazione delle graduatorie permanenti, è del 1989).

I sindacati hanno preso atto con favore (salvo le frange movimentiste): ma se è vero che la stabilizzazione dei precari ‘storici’ è stata una loro ‘storica’ rivendicazione, ora giunta ad esito positivo, è anche vero che essa sta avvenendo a seguito di una decisione assunta autonomamente dalla politica, senza alcuna negoziazione o coinvolgimento degli stessi sindacati. Questi ultimi si trovano anzi di fronte a una sfida senza precedenti anche sul terreno contrattuale, perché il visibile proposito del governo è quello di modificare radicalmente (e unilateralmente) la carriera dei docenti, sostituendo gli scatti automatici legati all’anzianità di servizio con scatti non automatici perché riservati solo ai due terzi degli insegnanti che lo “meritano”.

Posti un po’ brutalmente di fronte a una logica di scambio (stabilizzazione dei docenti precari in cambio di una diversa carriera per tutti) i sindacati cercano di ricostruire uno spazio negoziale con il governo, sapendo di doverlo fare entro i ristrettissimi margini di trattativa fissati dal blocco dei contratti pubblici fino al 2018.