Sentenza TAR Lazio 16 settembre 2014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1268 del 2014, proposto da: Federazione Lavoratori della Conoscenza in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati Isetta Barsanti, Vittorio Angiolini, Luca Formilan, Alessandro Basilico e Americo Francesco ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Cosseria n. 2;

contro
il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in persona del legale rappresentante p.t., il Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona in persona dei loro legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma Via dei Portoghesi, n. 12 domiciliano;

per l’annullamento
dei decreti del MIUR in data 5 novembre 2013 n. 902 e 904 non comunicati alla ricorrente e tra di loro connessi, i quali autorizzano entrambi “a decorrere dall’a.s. 2014/2015” una sperimentazione “che prevede l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità” solamente in riferimento a talune Scuole dagli atti impugnati nominativamente Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca e di Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari, l’ISS “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’ITE “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S “Carlo Anti” di Verona;
Viste le memorie prodotte dalle parto a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2014 la dott.ssa Pierina Biancofiore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO
Con ricorso notificato ai soggetti in epigrafe indicati in data 20 gennaio 2014 e depositato il successivo 3 febbraio 2014, l’Organizzazione Sindacale ricorrente, premesse alcune note in ordine alla rappresentanza dei lavoratori della scuola, impugna gli atti con i quali il Ministero ha disposto l’avvio di una sperimentazione consistente, in talune scuole nominativamente indicate, nella riduzione di un anno del percorso formativo necessario per ottenere il titolo avente valore legale normalmente conseguito in tutte le altre scuole con la frequentazione di un corso di studi comprendente una ulteriore annualità.
Avverso tali provvedimenti deduce:
1) violazione e falsa applicazione degli articoli 8 e 11 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 dei d.P.R. 15 marzo 2010, n. 88 e 89 del D.M. 7 ottobre 2010, n. 211 delle direttive n. 57 del 15 luglio 2010 e n. 4 del 16 gennaio 2012 in relazione all’art. 64 comma 4 del d.l. 28 giugno 2008, n. 112 come conv. in legge n. 133 del 2008 ed all’art. 17 della legge n, 400 del 1998; carenza di base legislativa degli atti impugnati, nonché carenza ed insufficienza della motivazione; eccesso di potere anche sotto il profilo dello sviamento;
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 in relazione agli articoli 3, 33 e 97 Cost. ed alla lett. n) del comma 2 dell’art. 117 Cost. Carenza ed insufficienza della motivazione, irragionevolezza, illogicità e difetto di imparzialità anche in relazione all’art. 97 Cost., eccesso di potere;
3) violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 giugno 1999, n. 233 in relazione all’art. 11 del d.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, difetto di istruttoria ed eccesso di potere.
Conclude con istanza cautelare e per l’accoglimento del ricorso.
Il Ministero dell’istruzione e le istituzioni scolastiche si sono costituite in giudizio, rassegnando conclusioni opposte a quelle del sindacato ricorrente.
Alla camera di consiglio del 6 marzo 2014 il ricorso è stato rinviato al merito ed infine è stato  trattenuto in decisione alla pubblica udienza dell’8 maggio 2014.

DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Con esso l’organizzazione sindacale ricorrente impugna due decreti ministeriali di avvio della sperimentazione adottati entrambi in data 5 novembre 2013 e rispettivamente il n. 902 riguardante l’abbreviazione del corso di studi del Liceo Ginnasio Statale “Quinto Orazio Flacco” di Bari ed il n. 904 riguardante l’abbreviazione del corso di studi per l’I.I.S. “Ettore Maiorana” di Brindisi, l’I.T.E. “Enrico Tosi” di Busto Arsizio e l’I.S. “Carlo Anti” di Verona.
2. Avverso tali due provvedimenti il sindacato ricorrente oppone che la durata quinquennale dell’istruzione secondaria superiore è un elemento essenziale della stessa come ribadito pure dai regolamenti di cui ai decreti presidenziali n. 88 e 89 del 2010 che nel riformare i licei e gli istituti tecnici l’hanno strettamente correlata con il ciclo di istruzione e formazione, sicchè lasua modifica dovrebbe comportare un ripensamento dell’intero sistema educativo e di formazione.
Osserva che i due provvedimenti sarebbero sprovvisti di copertura normativa; essi la dovrebbero trovare nell’art. 11, comma 1 del d.pr. n. 275 del 1999 che facoltizza il Ministero ad avviare la sperimentazine, ma non pare che tale norma possa essere interpretata nel senso di consentire l’eliminazione di una intera annualità scolastica.
Con la seconda censura la ricorrente rappresenta che l’unica motivazione recata dagli atti impugnati per “l’abbreviazione” del corso di studi di talune scuole di istruzione secondaria superiore consisterebbe nell’adeguamento agli standard europei. Lamenta che tale adeguamento se portato a compimento determinerebbe un illegittimo privilegio a favore degli studenti che partecipano alla sperimentazione rispetto a tutti gli altri che non vi partecipano per essere iscritti ad istituti il cui corso di studi dura cinque anni. Il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. comporta che a tutti gli alunni sia assicurato un trattamento scolastico equipollente, anche per coloro che frequentano le scuole paritarie, sull’intero territorio nazionale ed in funzione del titolo di studio da conseguire. Con l’ultima doglianza la ricorrente osserva che gli atti impugnati avrebbero dovuto essere emessi acquisendo previamente il parere obbligatorio del Consiglio superiore della pubblica istruzione che gli stessi danno come “cessato”. Tuttavia la sezione con sentenza n. 8843 del 15 ottobre 2013 ha stigmatizzato il comportamento illegittimo del Ministero riguardo alla elezione del Consiglio, sicchè tale aspetto della motivazione non pare sufficiente a sostenere la procedura di adozione dei due provvedimenti.
3. In effetti conviene principiare proprio da quest’ultima censura. La sentenza n. 8843 del 2013 si è pronunciata sul silenzio inadempimento serbato dal Ministero dell’istruzione nel rinnovo del Consiglio superiore della pubblica istruzione, organo che secondo l’ordinamento dell’istruzione previgente alla Riforma del Titolo V adottava pareri, tra gli altri, in materia di ordinamenti scolastici. Il Tribunale, infatti, disattendendo sul punto l’argomento opposto in primo grado dal Ministero a sostegno della legittimità dell’inerzia, ha rilevato che la disciplina dettata dal d.lgs. n. 233 del 1999 , sebbene in ipotesi in contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, deve, tuttavia, continuare a trovare applicazione, in omaggio al c.d. principio di continuità dell’ordinamento, anche nel rinnovato quadro costituzionale, finché non vengano emanate disposizioni legislative conformi al nuovo riparto di competenze ed ha pertanto ordinato al Ministero di adottare l’ordinanza, prevista dall’art. 2, comma 9, del d.lgs. n. 233 del 1999, per regolare l’elezione e la composizione dei componenti del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
La sentenza è stata confermata in sede di appello con una pronuncia resa dalla sesta sezione del Consiglio di Stato in data 24 febbraio 2014, n. 866, sicchè a meno di non dedurre la incostituzionalità della disposizione di cui all’art. 2, comma 9 del d.lgs. n. 233 del 1999 per contrasto con il nuovo assetto di competenze tra Stato e Regioni sancito dalla normativa costituzionale sopravvenuta contenuta (in seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del 2001) nel Titolo V della Costituzione, il Ministero “non può rifiutarsi di applicare una norma legislativa sostenendone l’incostituzionalità, essendo il relativo scrutinio demandato in via esclusiva alla Corte costituzionale, con la conseguenza che la legge in ipotesi incostituzionale, fino a quando non venga dichiarata tale, vincola tutti i soggetti dell’ordinamento, ivi compresa la Pubblica amministrazione che è quindi tenuta a farne applicazione;” (cfr. C. Stato, sezione VI, n. 866 del 2014).
La conseguenza delle superiori considerazioni è che i due provvedimenti istitutivi della sperimentazione negli istituti di istruzione secondaria menzionati sopra sono perciò illegittimi per mancanza del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, come dedotto da parte ricorrente.
4. Ma vanno condivise anche le censure proposte per prima e per seconda.
Effettivamente l’Atto di Indirizzo del Ministro dell’istruzione in data 4 febbraio 2013 ed in particolare la Priorità n. 5 punto c) espressamente reca: “c) Adeguare la durata dei percorsi di istruzione agli standard europei. Occorre superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno in connessione anche alla destinazione delle maggiori risorse disponibili per il miglioramento della qualità e della quantità dell’offerta formativa, ampliando anche i servizi di istruzione e formazione.”.
Ma tale Priorità collocata quale premessa nei due decreti n. 902 e n. 904 unitamente al d.P.R. n. 89 del 15 marzo 2010 concernente la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei Licei ed insieme al d.P.R. n. 275 dell’8 marzo 2009 relativo all’autonomia scolastica appare completamente sganciata da essi, per non dire proprio sconnessa sotto il profilo motivazionale, perché in assenza del parere del C.N.P.I. che coniughi l’autonomia delle istituzioni scolastiche e la loro modifica ordinamentale con i bisogni del territorio, l’adeguamento agli standard europei appare costituire piuttosto una motivazione superficiale ed insufficiente a giustificare l’abbreviazione di un anno.
Quest’ultima poi, in assenza di una chiara specificazione circa il valore legale del titolo di studio conseguibile al termine del quadriennio di sperimentazione ed anche in assenza di ogni indicazione circa la sua spendibilità nel mondo del lavoro o per il prosieguo degli studi universitari appare creare realmente quella sperequazione temuta dalla ricorrente organizzazione sindacale rispetto a coloro che effettuano il corso di studi quinquennale, come si è verificato in occasione di altre sperimentazioni (D.M. 10 marzo 1997).
5. Per le superiori considerazioni il ricorso va accolto e per l’effetto vanno annullati i decreti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 902 e n. 904 del 5 novembre 2013.
6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, con la precisazione che esse vanno attribuite al solo Ministero dell’istruzione, nella considerazione della titolarità della competenza ad adottaro ad esso. Nei confronti degli altri soggetti evocati in giudizio si ritengono giusti i motivi per la compensazione dell spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i decreti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca n.902 e n. 904 del 5 novembre 2013.

Condanna il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca al pagamento di Euro 3.000,00 per spese di giudizio a favore della Federazione Lavoratori della Conoscenza FLC-CGIL e per il resto le compensa nei confronti delle altre Istituzioni scolastiche evocate in giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2014 con l’intervento dei magistrati:
Pierina Biancofiore, Presidente FF, Estensore
Giuseppe Chine’, Consigliere
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/09/2014

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)