Percorso non semplice né breve, la valutazione non si improvvisa

da  Il Sole 24 Ore

Percorso non semplice né breve, la valutazione non si improvvisa

di Giorgio Allulli

Sta finalmente per prendere il via, anche in Italia, la valutazione del sistema scolastico. L’attesa è stata lunga, perché sono trascorsi oltre venti anni da quando l’allora ministro dell’istruzione Mattarella, nel concludere la Conferenza nazionale della scuola, manifestò la necessità prioritaria di introdurre un sistema di valutazione. Nel frattempo quasi tutti i Paesi europei hanno introdotto, in modo più o meno articolato, questa attività, ricavandone tra l’altro riscontri positivi, testimoniati dai buoni risultati degli alunni sottoposti alle rilevazioni Ocse-Pisa.

Il tempo però non è passato del tutto invano: anche da noi sono state condotte molteplici iniziative, a livello regionale, provinciale o di singola scuola; l’Invalsi, dopo un inizio molto incerto, ha progressivamente raffinato le sue tecniche di rilevazione; sono state effettuate sperimentazioni importanti che hanno permesso di mettere a punto strategie, metodologie e tecniche di valutazione.

Si è sviluppato un intenso dibattito, peraltro non ancora concluso, che ha permesso di mettere in luce opportunità e rischi dell’introduzione della valutazione a livello di sistema e di singola scuola. La direttiva che è stata emanata, seguendo l’impostazione del regolamento n.80 del 2013, tiene conto delle esperienze straniere, nonché del dibattito e delle sperimentazioni condotte in questi anni, evitando alcuni dei rischi più comuni: indica come obiettivo il miglioramento dell’attività scolastica, e non la distribuzione di premi e punizioni; introduce la valutazione esterna, evitando l’autoreferenzialità della sola autovalutazione; propone l’utilizzo, oltre che dei test, di molteplici indicatori, in grado di rappresentare la complessità dell’azione scolastica; tiene in attenta considerazione l’influenza del contesto sociale ed economico.

Non mancano elementi di criticità, primo fra tutti il collegamento della valutazione d’istituto con la valutazione del dirigente scolastico, che crea il rischio di alterare l’imparzialità dell’analisi effettuata dalla scuola. Si porranno poi dei problemi operativi, legati da una parte alla limitatezza delle risorse in campo di fronte ai compiti richiesti all’Invalsi e al ministero da un modello così complesso, e dall’altra parte a una cultura della valutazione ancora scarsamente diffusa dentro le scuole: agli insegnanti (o almeno ad alcuni di essi) si chiederà di padroneggiare tecniche di analisi statistica, di esaminare e commentare indicatori, di costruire banche dati, di effettuare indagini e rilevazioni: tutti compiti che non rientrano nel bagaglio professionale tradizionale dei docenti italiani, che avranno bisogno di interventi di formazione e di un periodo di rodaggio per padroneggiare le nuove competenze richieste.

Il rischio da evitare è che le nuove attività richieste dalla direttiva vengano percepite od attuate come ulteriori compiti da espletare solo perché “il ministero lo impone”; si tratterebbe di una grande occasione perduta per la scuola e per tutti coloro che operano al suo interno, docenti, non docenti e studenti. La valutazione e gli elementi conoscitivi che offre rappresentano infatti una grande opportunità per valorizzarne i punti di forza della scuola ed incidere sulle sue aree critiche. Solo se viene concepita come necessario elemento conoscitivo per gestire e migliorare la scuola la valutazione ha senso; diversamente costituirà solo un adempimento burocratico destinato a produrre fastidio ed insofferenza tra i diversi attori scolastici soggetti a raccogliere e produrre i dati e le informazioni richieste dal sistema.

Tocca adesso alle scuole definire le migliori modalità organizzative interne per far fronte ai nuovi compiti; compiti che richiederanno da una parte l’individuazione di competenze specifiche e dedicate per organizzare la raccolta dei dati ed istruire l’analisi valutativa; dall’altra parte il coinvolgimento più largo possibile di tutta la comunità scolastica, perché l’autovalutazione è l’occasione per far maturare in tutti gli operatori la consapevolezza dei risultati raggiunti, dei problemi da risolvere e dei rimedi possibili. Si tratterà di un percorso che non sarà né semplice né breve, perché la cultura della valutazione non si improvvisa in poco tempo, ma che, se correttamente avviato, può essere di grande importanza per migliorare la scuola italiana.