Spiegare o Rispondere?

SPIEGARE O RISPONDERE QUESTO è IL PROBLEMA DELLA DIDATTICA di Umberto Tenuta

CANTO 260

Spiego e spiego, spiego e rispiego, ma quelli non mi ascoltano!

Rispiego e spiego, ma quelli non capiscono!

 

Certo che non ascoltano; la cosa non li riguarda.

Certo che non capiscono; essi non hanno bisogno di parole; essi hanno bisogno di fare per capire.

Se ascolto, non capisco

Se vedo, non ricordo

Se faccio, capisco e ricordo

(MOTTO ROSITANU))

Quello che l’uomo sa, non lo ha ascoltato da nessuna divinità.

L’ha inventato, l’ha scoperto, l’ha costruito col sudore della sua fronte.

Il pendolo sta fermo.

Si muove solo se è mosso da qualche forza.

L’uomo non è da meno.

Figurati, vagabondo qual è!

L’uomo si muove solo se è mosso da qualche amore.

«Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore».[1]

Ora, ditemi voi, qual interesse può avere il giovinetto per le parentesi tonde, quadre e graffe?

O per le radici a fittone.

Ma non facciamo… piangere!

Non è, ma dovrebbe essere manifesto che il giovinetto è attento solo a ciò che risponde a un suo personale bisogno, bisogno che egli può esprimere con una domanda.

Si leggeva nella RELAZIONE FASSINO del 1982, Par. XXVI: <<L’istruzione non dà risposte senza domande>>.

Ed il Laeng scriveva che <<La domanda, in effetto, costituisce formalmente il discepolo: egli è colui che non sa e vuole sapere, e che pone i suoi interrogativi a chi sa, o almeno sa come si può sapere>>.

E lo stesso Laeng aggiungeva: <<Educare alla domanda vuol dire educare all’intelligenza: educare allo spirito di inesausta domanda, anche in seno alla «confortevole, levigata, ragionevole, democratica non-libertà» della civiltà tecnologica (H. Marcuse), vuol dire educare alla filosofia, che riconosce in se stessa l’eros figlio di povertà e d’acquisto: fame e sete di verità e sforzo per divenirne eredi. Il vertice della saggezza come sapere di non sapere, come docta ignorantia e silenzio adorante dell’anima, è esso stesso domanda. Il nome del più eccelso arcangelo, Michael, significa anch’esso una domanda>>[2].

<<La domanda, in effetto, costituisce formalmente il discepolo>>

Le domande le fanno gli studenti, non i docenti!

Discepolo è colui che pone domande.

Se non pone domande non è discepolo.

Ma, attenzione.

Attenzione, signori docenti!

Lo studente è colui che <<pone i suoi interrogativi a chi sa, o almeno sa come si può sapere>>.

Ho conosciuto uno stupido insegnante che si studiava le domande strane da porre alla sua Dirigente, per metterla in difficoltà.

Risposi al posto della Dirigente, indicandogli come poteva trovare da solo le risposte.

Imparò la lezione!

Il bravo docente non dà risposte a chi non pone domande e indica la strada per cercare le risposte a chi pone le domande.

Questa frase è un grande TRATTATO DI DIDATTICA!

Cari Docenti, riposatevi!

Non dovete fare lezioni.

Non dovete dare risposte.

Semplicemente, dovete guidare i vostri studenti a cercare le risposte alle loro domande.

Sapete quali risultati raggiungerete?

I vostri studenti:

  1. a) accresceranno la loro innata curiosità di sapere, saper fare, saper essere (motivazioni);
  2. b) impareranno la strada, la via, il metodo (meta-odos) per ricercare le risposte ad ogni loro domanda (metodo);
  3. c) rafforzeranno le loro capacità di fare ricerca (capacità).

Così, diventeranno autonomi.

Nasceranno alla condizione umana: saranno uomini.

Tratto t’ho qui con ingegno e con arte;

Lo tuo piacere omai prendi per duce;

Fuor se’ de l’erte vie, fuor se’ de l’arte. […]

Non aspettar mio dir più né mio cenno;

Libero, dritto e sano è tuo arbitrio,

E fallo fora non fare a suo senno:

Per ch’io te sovra te corono e mitrio.

Amici miei cari, docenti che sanno come si può sapere, altro che lezioni, spiegazioni, presentazioni, dimostrazioni, LIM, Proiettori…

Qui ci vuole il mondo che si squaderna fuori dalle grigie pareti delle aule scolastiche!

Ambiente naturale, artificiale e digitale.

Altro che libri di testo!

Ma, alla fine, qui ci vuole, sì, ci vuole anche un TABLET.

Un TABLET per la Maestra ed un TABLET per ciascuno dei venticinque studenti della classe!

Gli EURO non ci sono?

Utilizziamo:

−quelli dei libri di testo

−quelli della cancelleria

−quelli delle fotocopie.

La Dirigente amministrativa è contenta.

La Dirigente scolastica è contenta.

I Genitori sono contenti.

Ma, Signore e Signori tutti, qui sono contenti TUTTI GLI STUDENTI.

EVVIVA LA SCUOLA BUONA!

 

RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

http://www.rivistadidattica.com/filosofia/filosofia_15.htm

 

Tutti i miei Canti −ed altro− sono pubblicati in: http://www.edscuola.it/dida.html

 

[1] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102.

[2] <<Secondo un’interpretazione gnostica, gli arcangeli son nomi di eoni o essenze intermedie tra Dio e il mondo; tolta ogni corposa ipostasi, essi sono le forme più generali dell’essere. Indicare la più alta di queste forme con una domanda (Michael significa secondo la tradizione “chi è come Dio?”) è sottilissima lezione di saggezza dell’antico maestro, e rinvio al “sempre oltre“. Si v. l’ottimo studio di G. scholem, Le grandi correnti della mistica ebraica (1957), II Saggiatore, Milano 1965>>. (LAENG M., L’educazione nella civiltà tecnologica, Armando, Roma, 1970, pp. 104-105).