Cancellate le supplenze brevi

da ItaliaOggi

Cancellate le supplenze brevi

SPENDING REVIEW/Dal 2015 ci penseranno i 150 mila assunti con l’organico funzionale

Alessandra Ricciardi

In fondo era tutto scritto nella Buona scuola. Il piano di riforma aveva già alle spalle il lavoro di Spending review che sta per essere definito in questi giorni tra viale Trastevere e via XX Settembre. E che, tra istruzione, università e ricerca, frutterà circa 900 milioni di tagli.

Esclusi gli interventi sui consumi intermedi, le macro misure rispondono all’impianto della nuova scuola che andrà a regime, stando al cronoprogramma fissato dal premier Matteo Renzi, da settembre 2015. Con l’immissione in ruolo dei circa 150 mila insegnanti delle graduatorie ad esaurimento ci sarà una disponibilità di personale in eccesso rispetto alle piante organiche, è il ragionamento, e questo consentirà di realizzare quell’organico funzionale utile anche a fare le sostituzioni. E così nella spending review figura l’eliminazione delle supplenze brevi di un giorno per i docenti e fino a 7 giorni per il personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Visto che si parte il prossimo settembre, e non a gennaio 2015 come avrebbe voluto il Mef, i risparmi sono di 30 milioni nel 2015 che poi salgono a 77 nel successivo.

Intervenire su tutte le supplenze brevi porterebbe a un risparmio di 600 milioni di euro annui. Ma per farlo si attende di mandare al regime il nuovo organico, per testarne margini e potenzialità.

La Buona scuola prevede solo assunzioni di docenti, un’anomalia quella dimenticanza del personale ausiliario, tecnico ed amministrativo che trova spiegazione sempre nel piano di Spending review: gli 8 mila posti Ata senza titolare, di cui 3 mila a causa dei pensionamenti, non saranno coperti perché cancellati. Si punta sulla digitalizzazione delle segreterie scolastiche che dovrebbe consentire di recuperare in termini di efficienza il servizio, senza intaccare dunque l’organico degli ausiliari che fanno sorveglianza e che diventano figure ancora più necessarie con il progetto dell’apertura pomeridiana degli istituti. In tal senso, la ministra dell’istruzione Stefania Giannini è decisa a chiedere nella legge di Stabilità una contropartita finanziaria per la digitalizzazione. Nel piano non dovrebbe esserci una nuova stretta sulla dimensione minima degli istituti scolastici che danno diritto all’assegnazione di un dirigente e di un direttore dei servizi: oggi il paletto è a 600 alunni iscritti.

Confermato invece l’intervento sugli esami di stato: via i commissari esterni, salvo il presidente, per un risparmio di circa 100 milioni di euro. La notizia dei nuovi interventi ha messo in allarme i sindacati. «Si tolgano risorse da sprechi e privilegi e vengano destinate all’istruzione. Questa è la spending review che serve», dichiara Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, «siamo al penultimo posto per livello di spesa pubblica destinata all’istruzione. Dopo di noi solo la Romania. Non si può immaginare un’altra legge di stabilità fatta di tagli lineari». Nessun taglio, è la replica di Francesca Puglisi, responsabile scuola nella segreteria Pd, «noi siamo il governo degli investimenti nella scuola». Ma la difesa non convince. «Che sia il premier a smentire, le misure di cui si parla vanno in senso diametralmente opposto ai bisogni delle nostre scuole«, dice Francesco Scrima, segretario Cisl scuola. «Il Miur si appresta a ridurre anche le risorse degli enti di ricerca e il fondo ordinario dell’università per finanziare le assunzioni nella scuola, uno cambio inaccettabile», attacca Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil.