Non tutti i mali vengono per nuocere!

Non tutti i mali vengono per nuocere!

di Maurizio Tiriticco

Leggo su Tuttoscuola-Focus n. 531/651 che sarebbe seria intenzione del Ministro Giannini la “trasformazione dell’esame di maturità in una specie di scrutinio di fine ciclo presieduto da un presidente esterno”.

Saranno in molti a considerare questo cambiamento una sciagura, anche perché in corso d’opera, potremmo dire! Svolte di questo tipo necessitano di tempi solitamente distesi perché le si possa affrontare con la dovuta preparazione! Mah! Ormai le nostre istituzioni scolastiche autonome – si fa per dire – sono più che abituate a dover svendere la propria autonomia di fronte a un’amministrazione centrale che è quella di sempre! Autoreferenziale e direttiva.

Tuttavia, a mio modesto giudizio, una volta tanto, la scelta del risparmio ci può consentire di imboccare la strada giusta per un rinnovo radicale non solo dell’esame ma anche delle attività di studio che lo precedono.

Com’è noto, quella indicazione dell’articolo 6 della legge 425/97, che ha riformato l’esame di maturità, secondo la quale “il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea” non ha avuto mai una concreta applicazione. Il Parlamento aveva chiesto al Paese e all’Amministrazione PI una svolta importante per allineare il nostro sistema di istruzione a quello degli altri Paesi, ma la nostra Amministrazione, di fatto, non fu capace, allora, di condurre in porto l’innovazione.

Pertanto, a tutt’oggi, dopo quasi un ventennio (sic!), le commissioni non sono ancora in grado di certificare le competenze acquisite dal candidato, ma si limitano soltanto a indicare il punteggio raggiunto nelle prove d’esame. Il che non documenta affatto che cosa il soggetto sa fare né come lo fa! E rende di fatto “illeggibile” il diploma in tutti i Paesi dell’Unione europea. E non solo!

Il fatto è che negli anni Novanta nella nostra Amministrazione non vi era una chiara consapevolezza di che cosa sia una competenza e quali innovazioni didattiche proponga e imponga. Molta acqua è passata sotto i ponti e oggi penso che, finalmente, siamo in grado di sapere che cosa è una competenza, anche perché ci viene in aiuto la definizione che ne ha data la Raccomandazione europea del 23 aprile 2008. Pertanto, dovremmo anche essere in grado di accertarla e di certificarla.

Il che consentirebbe anche di liquidare definitivamente l’aleatorietà che spesso pesa sulla procedura di un esame. In effetti, com’è noto, a volte basta un mal di testa o un colpo di fortuna a condizionare l’esito di un esame. In materia di competenze, invece, il discorso è diverso. Ciò che conta non è quindi la prova finale, ma l’esito di un monitoraggio continuo e costante sui processi dell’apprendimento/insegnamento – che è altra cosa rispetto all’usuale espressione insegnamento/apprendimento – che viene adottato con opportuni indicatori che consentono di accompagnare e sostenere giorno dopo giorno come e in quale misura date conoscenze teoriche e date abilità pratiche concorrono alla progressiva acquisizione di quelle competenze terminali che costituisco gli obiettivi concreti – operativi, come si diceva un tempo – di ogni processo che sia veramente l’esito di un processo di educazione, istruzione e formazione. Educare,istruire e formare! Si tratta di tre approcci diversi, ma contestuali, che abbiamo adottato con il varo dell’autonomia (si veda l’articolo 1 del dpr 275/99): approcci indispensabili, se vogliamo fare “apprendere per competenze” e se, veramente, intendiamo sostituire alla lezione una reale didattica laboratoriale.

Secondo tale assunto, anzi, secondo tale scelta strategica, gli indicatori dovrebbero essere fatti propri dai consigli di classe fin dall’inizio dell’ultimo triennio in sede di progettazione, e le competenze che l’alunno dovrà conseguire alla fine dovranno essere a lui note, per la condivisione che è necessaria se il percorso triennale deve avere successo. Ed è lo stesso Contratto formativo (si veda la Carta dei servizi scolastici) che impone che l’alunno sia a conoscenza del percorso da seguire e degli obiettive da perseguire.

Il riordino dell’istruzione secondaria recentemente attuato – come è noto – è sostenuto da documenti ministeriali che liquidano definitivamente la logica dei Programmi di un tempo, tutti incentrati su contenuti da apprendere, e propongono documenti diversi e innovativi, finalizzati al conseguimento di competenze, come coronamento finale di continui e progressivi apprendimenti di conoscenze e di abilità: un progressivo sapere per un altrettanto progressivo saper fare! Si tratta delle Indicazioni nazionali per i licei e delle Linee guida per gli istituti tecnici e professionali. Va sottolineato, però, che le Indicazioni sono più sfumate e meno puntuali riguardo al dettaglio delle competenze e richiederanno un lavoro non indifferente per i consigli di classe. Le Linee guida, invece, sono al proposito molto più puntuali, anche perché i diplomi che rilasciano sono molto più vicini al mondo del lavoro rispetto a quelli rilasciati dai licei.

Non so se veramente la Legge di stabilità 2014 proporrà il riordino dell’esame di Stato del secondo ciclo di istruzione né in quali termini. In effetti sarebbe anche necessario che a livello nazionale siano date indicazioni essenziali in merito alle competenze terminali da perseguire, accertare e certificare: come di fatto avviene per la conclusione dell’obbligo decennale (si veda il dm 139/07). Ne consegue che è incerto se un modo diverso di “fare apprendere” per competenze possa essere varato in tempi brevi. E’ovvio che, più si allungano i tempi, più diventerebbe difficile per le istituzioni scolastiche, collegi e consigli di classe, adottare le misure necessarie sia per una produttiva progettazione per competenze che per l’adozione di indicatori che ne consentano un progressivo sviluppo.

I tempi sono quelli che sono e, se si va a finire dopo le vacanze natalizie, è evidente che l’innovazione risulterebbe purtroppo bruciata, almeno per la cadenza della prossima tornata di esame. Non vorrei neanche che l’innovazione si esaurisse soltanto in un aggiustamento formale, che riguardasse solo la composizione delle commissioni, senza considerare le potenzialità che potrebbe innescare, se veramente siamo convinti di un esame che certifichi competenze! E non ce lo chiede l’Europa! Lo esigono i nostri giovani che a tutt’oggi ancora si trovano tra le mani diplomi buoni soltanto per essere incorniciati! Ed è anche vero che le università, per accettare nuovi iscritti, preferiscono imporre le forche caudine delle prove di ingresso purtroppo che “leggere” e valutare ciò che un diploma dichiara, o dovrebbe dichiarare!

In conclusione, la riforma dell’esame di Stato potrebbe essere un’occasione per promuovere, anche se in tempi non brevi, un reale cambiamento! Altrimenti, la partita delle competenze sarà irrimediabilmente perduta!

Riusciranno i nostri eroi del Miur a non perderla?