Buona SCUOLA: facciamo sul serio, per favore

Buona SCUOLA: facciamo sul serio, per favore

Un minimo di esperienza ci ha suggerito che un’analisi seria del documento del governo
sulla scuola andasse fatta confrontandolo con il combinato-disposto della legge di stabilità.
Diversamente vorrebbe dire prendere per buone solo affermazioni gentiliane cioè azioni che si
realizzano per il solo fatto di essere state pronunciate. Circostanza, questa, cui il mondo della
scuola è ormai abituato ad assistere ad opera dei nostri politici “dell’annuncio” ma che forse in molti,
questa volta, erano convinti non si dovesse verificare più. Fatta questa doverosa premessa a cui
altrettanto doverosamente va aggiunta la nostra perplessità per l’enfasi posta sulla consultazione del
“Paese intero”, corredata da tour estenuanti di ministri e sottosegretari lungo tutto lo stivale,
questionari on-line, dibattiti in ogni dove quando poi i contenuti della Legge di stabilità approvati dal
Consiglio dei Ministri in questi giorni, che danno l’ossatura alle linee di politica scolastica del
Documento, hanno già determinato inequivocabilmente cosa fare.
Tanto rumore per nulla?
Individuiamo comunque i punti qualificanti proponendo per quelli che non lo sono alcune soluzioni.

Reclutamento
Apprezziamo il fatto che il documento condanni l’istituto perverso delle graduatorie ad
esaurimento considerate “un grave errore da non ripetere”. Si insiste però su errori noti e sono
analizzate poco o nulla le cause (es. il ruolo del sindacato), il che è certo un buon viatico per ripeterli
ancora. La grande, inevitabile, imbarcata di precari ha come naturale contropartita per il futuro, un
percorso di reclutamento per concorso e percorsi specialistici universitari, dove si annuncia,
opportunamente, un ritrovato valore dell’abilitazione come titolo di accesso al concorso,
restituendo un minimo di rigore alla selezione iniziale degli insegnanti.
Si propone inoltre, finalmente, il cambiamento dei criteri di assunzione inserendone di nuovi
come la verifica della psicoattitudinalità, le capacità pratiche, il tenere una lezione.
Auspichiamo, tuttavia, che la mega-assunzione dei 148.000 non si traduca in una sanatoria epocale
indiscriminata, perchè i danni che ne deriverebbero graverebbero sulla qualità della scuola almeno
per i prossimi 10 anni. Andrebbero comunque stabiliti requisiti minimi, che se non posseduti,
andranno formati (livello B2 di lingua, competenze informatiche, capacità didattiche etc.) e verificati
rigorosamente nell’anno di prova.
Non si dimentichi che il primo step della meritocrazia, nel resto d’Europa, si verifica all’atto
dell’assunzione.
Inoltre, è un errore pensare che dall’organico funzionale, costituito da questo esercito di
precari che entreranno in ruolo nel 2015, si potranno contestualmente, e senza colpo ferire,
sostituire i collaboratori dei dirigenti scolastici e i fiduciari dei plessi, cui la Legge di Stabilità
toglie gli esoneri. Si tratta di incarichi fiduciari che richiedono esperienza, conoscenza delle
problematiche di quella scuola, oltre che competenza, in sostituzione di un dirigente magari
reggente. Chi ha ipotizzato una tale soluzione non ha la minima idea di cosa sia la scuola reale.

Gli Insegnanti
Certo si fa una certa fatica ad individuare i punti qualificanti del documento nelle pieghe di
una retorica ridondante e, sinceramente, anacronistica per un settore che da almeno un ventennio è
stato sottoposto al bombardamento di riforme sempre “epocali” ma che sostanzialmente non hanno
riformato i gangli essenziali del sistema istruzione.
Tuttavia, esprimiamo apprezzamento per il fatto che gli insegnanti siano considerati centrali
e si dedichi tanto spazio al loro reclutamento, alle loro funzioni, alla carriera. Il documento sembra
aver recepito finalmente che “La buona scuola la fanno i buoni insegnanti”.
Infatti, la questione docente attende almeno dal 2000, anno in cui è entrata in vigore
l’Autonomia funzionale delle scuole che pure il documento rilancia come la “Riforma”. Ma, com’è
avvenuto in tutti i settori del Pubblico impiego, le riforme di tipo strutturale hanno sempre portato ad
una revisione dello Stato giuridico del personale, tranne che per gli insegnanti. Il documento assume
invece un impegno in questo senso che non possiamo che apprezzare ma rimaniamo in attesa delle
azioni concrete del Governo per realizzarlo.
Quanto alla questione, ovviamente condivisa, del riconoscimento del merito, dobbiamo dire
con forza che la presunta valorizzazione del merito proposta è totalmente non condivisibile.
Nel documento infatti invece di partire da ciò che serve alla Scuola, si propone una progressione
economica confondendola con una vera carriera degli insegnanti che dovrebbe essere incardinata
su ruoli funzionali definiti, (articolata in tre livelli: iniziale, ordinario e senior) a cui si dovrebbe
accedere per formazione certificata e crediti professionali.
Quella proposta nel documento, la premiazione a punti, i cosiddetti scatti di competenza costituiti da
crediti didattici, formativi e professionali del 66% dei docenti con 60 € ogni tre anni, è solo una mera
logica premiante non basata sulle reali necessità di nuove funzioni di cui la scuola oggi ha
bisogno. Non solo, viene anche ipotizzato che i docenti per conquistare il “premio” debbano
pianificare la loro attività soprattutto geograficamente alla ricerca della scuola “dove la qualità
dell’insegnamento è mediamente meno buona”. In questo modo con la mobilità geografica e quella
professionale, si dice che miglioreranno tutte le scuole. Ancora una volta si perde di vista il fatto che
il singolo docente, anche se bravo, non sarà mai in grado di cambiare il sistema, solo un lavoro
collaborativo tra i docenti potrà farlo. E’ necessario rivedere l’idea di insegnamento come attività
individuale e capire che le corse geografiche non possono davvero essere un incentivo per i docenti
a fare meglio. Chiunque “opera” attivamente nella scuola, dirigente o docente che sia, sa benissimo
che per gestire le nuove complessità, come ad esempio, la Valutazione e l’Autovalutazione d’istituto,
la progettazione dei curricoli, (dato che l’Autonomia è anche didattica e prevede una flessibilità
dell’offerta formativa che può arrivare fino al 40% del curricolo) occorrono competenze formate e
ruoli di coordinamento, come il citato docente mentor, a cui si associno responsabilità delle
decisioni: docenti con una preparazione specifica che costituiscano una leadership professionale
con funzioni di traino per tutti e attraverso cui far transitare quelle competenze che altrimenti, legate
al solo individuo-insegnante, si disperderebbero non divenendo patrimonio della scuola.
Ad esempio nella condivisibile proposta di una formazione in servizio obbligatoria
affinchè questa sia efficace e di qualità, va definita a livello di istituto. Serve quindi un responsabile
della didattica con competenze professionali per fare una ricognizione delle esigenze formative dei
docenti e che programmi una formazione d’Istituto, perchè va evitato il riprodursi dell’esperienza
fallimentare della tessera punti del contratto ’95-99. Infine, ribadiamo che costringere degli individui
che hanno l’alto compito di formare i nostri figli, al trasferimento di scuola in scuola per rientrare in
un 66% disponibile, sia una cosa tanto ingenua per chi l’ha proposta (anche alla faccia della
continuità didattica) quanto mortificante per gli insegnanti che, avendo una dignità, non faranno mai.
Letta attraverso i numeri della legge di stabilità, questa presunta inutile valorizzazione del
merito rinviata al 2018 e che porta con sè la soppressione degli attuali scatti di anzianità, unita al
blocco dei contratti pubblici (quello della Scuola è fermo dal 2009) frutterebbero alcune centinaia di
milioni di euro necessari a co-finanziare l’assunzione dei 148.000 precari. Diversamente sulle
carriere professionali andrebbero investite risorse fresche, come hanno sempre sostenuto i
sindacati in questi anni, ad ogni rinnovo contrattuale. A pensar male, diceva qualcuno…..
Riteniamo quindi che sia divenuto indifferibile che si legifichi sul nuovo Stato giuridico degli
insegnanti che, prevedendo uno sviluppo di carriera, realizzi il passaggio da una figura di docente
oggi ancora appiattita a quella di un professionista con più articolati profili necessari alle Scuole,
realizzando così un virtuoso intreccio tra merito e funzione, come avviene in tutte le professioni e
come avviene in Europa dove, del resto, il merito equivale a una fascia professionale differenziata,
legata allo svolgimento di funzioni più complesse.

I dirigenti scolastici e la governance
Anche i Dirigenti scolastici meriterebbero più valorizzazione e rispetto del loro ruolo. Non è
plausibile affermare che “Sono responsabili di (quasi) tutto; ma non hanno nelle loro mani le leve di
governo per assumere al meglio tali responsabilità” e non prevedere un team professionale di
docenti con ruoli definiti che lo affianchi. Per giunta la prevista eliminazione degli esoneri dei
fiduciari aggraverebbe immensamente questa situazione. Inoltre, con tutte le incombenze che gli si
riconoscono non si può pensare di retribuirli con un compenso che vale la metà di quello del
barbiere della Camera dei Deputati. Per attrarre le figure migliori bisognerebbe compensarli
adeguatamente. Siamo comunque decisamente d’accordo che i Dirigenti scolastici possano gestire
direttamente un 10% di risorse della scuola per remunerare i docenti.
E’ il minimo per una governace che sia realmente efficace.
Nel documento viene dato un grande risalto alla necessità di recuperare la flessibilità didattica,
finora ingessata delle scuole. Ma la progettazione di un curricolo di Istituto con materie opzionali e
alternative è possibile solo se vi sono competenze “alte” nei Dipartimenti, cioè docenti senior,
esperti, che costituiscano appunto quella leadership professionale che dovrebbe affiancare il DS
per fare tutto ciò.
Va previsto, inoltre tra gli OOCC, un Comitato tecnico scientifico di cui fanno parte
docenti senior. Anche il previsto Nucleo di Valutazione dovrebbe, a regime, essere costituito da
anche docenti senior. Da chi altri sennò?

La questione CLIL
Ancora ottime e condivisibilissime intenzioni. “L’uso del CLIL, già obbligatorio per il quinto
anno dei licei e degli istituti tecnici dal prossimo anno scolastico, va esteso significativamente anche
nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado”. Dato il ritardo degli italiani nella
conoscenza dell’Inglese il richiamo è più che mai opportuno. Tuttavia siamo nel libro dei sogni
perchè dato gli enormi ritardi del MIUR, dall’avvio della riforma (2010), nel formare i 18.000
insegnanti necessari, quest’anno il previsto svolgimento dell’esame di Stato con esami in lingua in
una disciplina non linguistica, è stato affidato, dalla nota del MIUR del 25 luglio scorso,
semplicemente alla capacità di arrangiarsi delle Scuole…

Prove di schizofrenia
cap.2 il documento pone, tra gli altri, come obiettivo quello di “valorizzare le associazioni
professionali” il cui ruolo come enti formatori per la formazione in servizio obbligatoria, viene
ritenuto necessario, come pure nella partita della autovalutazione delle Scuole dove le associazioni
professionali sono chiamate a sostenere le scuole nei piani di miglioramento (O.M. 11/2014).
Peccato che la legge di stabilità tagli le ultime residue 50 utilizzazioni del personale della Scuola per
effettuare questi compiti. O la schizofrenia di chi ha pensato questo documento e la legge di stabilità
è preoccupante, oppure bisognerebbe scegliere meglio i propri collaboratori….
cap.6 – Le risorse il documento cita:”Ridare centralità alla missione (?) formativa della scuola
merita, prima di tutto risorse pubbliche più ingenti e più certe…Basta guardare cosa è successo al
MOF e ai finanziamenti della Legge 440 del 1997… Se non interveniamo il MOF avrà da oggi a
regime ..solamente 689 milioni di euro.”
La legge di stabilità prevede un taglio dal 2015 di 54,8 milioni dal bilancio del MIUR a carico delle
Scuole superiori e di altri 30 milioni i fondi della legge 440, per l’arricchimento e l’ampliamento
dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi, ormai ridotti al lumicino.
Perchè abbiamo il dubbio che con questo documento di buone intenzioni, alcune
certamente condivisibili, anche se scarsamente motivate pedagogicamente e scientificamente, e la
sua ridondante enfasi mediatica che richiede una consultazione globale, inutile, in quanto i contenuti
sono già decisi nella Legge di stabilità, si voglia solo mascherare una manovra economica? Va bene
la revisione della spesa ma i tagli lineari per l’istruzione sono una iattura.
E ad ogni dibattito questa consapevolezza si sta estendendo a macchia d’olio….

A.P.E.F. Associazione professionale del Forum presso il MIUR