24 giugno Barriere architettoniche in 7a Camera

Il 26 novembre, 3, 11 e 18 dicembre 2014, il 14 gennaio, il 25 febbraio, 11 e 24 giugno la 7a Commissione della Camera esamina il DdL C. 705 “Norme per l’inserimento dello studio della tecnica e della tecnologia atte al superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati nei programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado e nell’ambito degli insegnamenti impartiti presso le università, nonché introduzione di sanzioni penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici alla vigente normativa in materia di eliminazione delle barriere architettoniche”

(7a Camera, 26.11.14) Manuela GHIZZONI (PD), relatore, segnala che la proposta di legge in esame prevede l’inserimento, in alcuni indirizzi delle scuole secondarie di secondo grado e in alcuni insegnamenti universitari, dello studio della tecnica e della tecnologia atte al superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati. Rileva che essa prevede, altresì, l’introduzione di sanzioni penali per il mancato adeguamento di edifici e spazi pubblici alla normativa vigente in materia di eliminazione delle barriere architettoniche. Precisa, quindi, che la proposta riprende il contenuto dell’A.C. 2367, del quale la VII Commissione aveva avviato l’esame nella XVI legislatura, nell’ambito della quale fu svolta una indagine conoscitiva – alla quale rinvia per un opportuno approfondimento – che permise ai commissari di confrontarsi con diversi esperti del settore.
Evidenzia che la proposta di legge a prima firma Argentin attiene, in generale, al pieno sviluppo delle capacità delle persone e alla tutela e alla piena esigibilità dei loro diritti mediante la diffusione e il radicamento culturali necessari a superare, nella quotidianità, i problemi legati all’integrazione delle persone con disabilità. Rileva, quindi, che da questa volontà nasce la finalità espressa nell’articolo 1, che stabilisce che la Repubblica promuove lo studio e la conoscenza della cultura dell’accessibilità, quale elemento dell’»universal design» o «design for all», vale a dire la progettazione di spazi, ambienti e oggetti utilizzabili dal più ampio numero di persone, a prescindere dalla loro età, dalla loro condizione fisica e capacità psichica, così come definito ai sensi delle linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale, di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 28 marzo 2008. Fa presente che l’articolo in parola richiama le finalità di integrazione sociale e di tutela dei diritti delle persone con disabilità, previste, fra l’altro, dalla legge n. 104 del 1992 e dalla legge n. 13 del 1989, e i princìpi sanciti dalla Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’ONU nel 2006 e ratificata dall’Italia con legge n. 18 del 2009.
Segnala che, per l’attuazione delle finalità esplicitate nell’articolo 1 – finalità giuste, che ritiene debbano essere sostenute – concorrono gli articoli successivi. In particolare, l’articolo 2 prevede che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Governo modifica i «programmi didattici delle scuole secondarie di secondo grado ad indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia», al fine di inserire elementi di base riguardanti gli aspetti edilizi e urbanistici relativi all’universal design e al superamento delle barriere architettoniche, nonché lo studio della domotica in rapporto alla disabilità. Al riguardo, ricorda che, a seguito del riconoscimento dell’autonomia scolastica, ai programmi nazionali è subentrato il Piano dell’offerta formativa (POF) di ogni istituzione scolastica, il cui perno è il curriculo, che viene predisposto dalle medesime istituzioni, nel rispetto degli orientamenti e dei vincoli posti dalle Indicazioni nazionali. Al riguardo, rileva altresì che, a seguito di quanto previsto dalla legge n. 53 del 2003, con una scelta confermata anche dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, l’individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività, è definita con regolamenti di delegificazione. Segnala che, in particolare, per il secondo ciclo, sono stati emanati i decreti del Presidente della Repubblica nn. 87, 88 e 89 del 2010, recanti, rispettivamente, il riordino degli istituti professionali, degli istituti tecnici e dei licei. Precisa quindi che il decreto del Presidente della Repubblica n. 88 del 2010 ha organizzato i percorsi degli istituti tecnici in due settori, a loro volta suddivisi in indirizzi. In particolare, sottolinea che al settore tecnologico fanno capo nove indirizzi, fra cui Costruzioni, Ambiente e Territorio (C9), nel quale, ai sensi dell’allegato D del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, sono confluiti i percorsi degli istituti tecnici per geometri e i percorsi «Edilizia» degli istituti tecnici industriali del vecchio ordinamento. Fa presente, inoltre, che l’allegato C del decreto del Presidente della Repubblica inserisce tra gli insegnamenti obbligatori per questo indirizzo la materia «Progettazione, Costruzioni e Impianti», per la quale sono previste 231 ore nel terzo e nel quinto anno e 198 ore nel quarto anno. Ricorda, peraltro, che, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, del citato decreto del Presidente della Repubblica, gli istituti tecnici possono utilizzare la quota di autonomia del 20 per cento dei curricoli sia per potenziare gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti, con particolare riferimento alle attività di laboratorio, sia per attivare ulteriori insegnamenti, finalizzati al raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano dell’offerta formativa.
Per quanto concerne gli istituti professionali, segnala che il decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010 ha previsto due settori suddivisi in indirizzi, alcuni dei quali presentano ulteriori articolazioni. In particolare, rileva che nel settore «Industria e artigianato», indirizzo «Produzioni industriali e artigianali» (C1), articolazione «Industria», è confluito, ai sensi dell’allegato D del citato decreto del Presidente della Repubblica, il previgente indirizzo di «Tecnico dell’edilizia». Precisa che anche gli istituti professionali possono utilizzare la quota di autonomia del 20 per cento del curriculo per le medesime finalità già esposte per gli istituti tecnici.
Alla luce di quanto richiamato, segnala che appare opportuno aggiornare il testo della proposta, ove fa riferimento ai «programmi didattici» e «a indirizzo tecnico, con particolare riguardo alla specializzazione in edilizia». Osserva, inoltre, che occorre specificare l’espressione «con appositi provvedimenti» ed eliminare le parole «disposizioni di legge», poiché, come ha ricordato, indirizzi, profili e quadri orari dei percorsi di istruzione secondaria sono attualmente disciplinati con decreto del Presidente della Repubblica.
Rileva, inoltre, che l’articolo 3 prevede che le università statali e non statali, incluse quelle telematiche, nel rispetto della loro autonomia didattica, inseriscono lo studio della tecnica e delle tecnologie atte a realizzare l’universal design e il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati nelle discipline obbligatorie di base delle classi di laurea L-7 Ingegneria civile e ambientale; L-17 Scienze dell’architettura; L-21 Scienze della pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale; L-23 Scienze e tecniche dell’edilizia. A tal fine, il medesimo articolo 3 dispone che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca modifica il decreto ministeriale 16 marzo 2007 con il quale sono state definite le classi di laurea.
Al riguardo, osserva che occorrerebbe fare riferimento anche al decreto ministeriale emanato in pari data che ha definito le classi delle lauree magistrali, fra le quali sono comprese le classi LM-4 Architettura e ingegneria edile-architettura; LM-12 Design; LM-23 Ingegneria civile; LM 24-Ingegneria dei sistemi edilizi; LM 35 Ingegneria per l’ambiente e il territorio; LM-48 Pianificazione territoriale urbanistica e ambientale; LM-75 Scienze e tecnologie per l’ambiente e il territorio.
Segnala, altresì, che sembrerebbe sufficiente fare riferimento solo all’intervento di un decreto ministeriale che modifichi – nel senso indicato – il decreto ministeriale 16 marzo 2007, al quale le università dovrebbero comunque adeguarsi.
Ricorda, inoltre, che gli interventi previsti dagli articoli 2 e 3 corrispondono a quelli previsti nel programma di azione biennale elaborato dall’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, emanato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013. Aggiunge che gli articoli 2 e 3 intervengono sul percorso formativo di tutti quei «futuri tecnici» che nella loro vita professionale avranno la responsabilità di rendere un ambiente o uno spazio «accessibile», cioè fruibile, sicuro, confortevole per tutti i possibili fruitori. Rileva che le due norme si fondano sulla consapevolezza che i tecnici debbano avere adeguate competenze, perché già nella fase della progettazione e, poi, della realizzazione di strutture pubbliche e private, aperte e chiuse, siano sempre tenute in considerazione le necessità di tutti i possibili utilizzatori, siano essi mamme con bambini in carrozzina, bambini, adulti, anziani con ridotte capacità motorie o sensoriali, persone con disabilità permanente o temporanea. Osserva che solo attraverso un’adeguata formazione potrà radicarsi la cultura dell’accessibilità, affinché tutti possano muoversi in sicurezza e vivere in autonomia e che la promozione della cultura dell’accessibilità non è sufficiente, se al contempo non si rispetta la normativa già vigente in favore delle persone con disabilità.
Segnala che, a tale scopo, l’articolo 4 attribuisce all’amministratore pubblico competente la responsabilità diretta per il mancato adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici esistenti alla normativa in materia di accessibilità e di eliminazione delle barriere architettoniche, contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996. Precisa, quindi, che l’amministratore pubblico competente – che è dotato di autonomi poteri decisionali e di spesa – è individuato nel dirigente al quale spettano i poteri di gestione o nel funzionario non avente qualifica dirigenziale nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto a un ufficio avente autonomia gestionale. Ricorda che l’individuazione spetta all’organo di vertice delle singole amministrazioni, tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei quali è svolta l’attività e che, peraltro, in caso di omessa individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri previsti, l’amministratore pubblico competente coincide con l’organo di vertice dell’amministrazione pubblica competente. Al riguardo, segnala che è opportuno enucleare in un unico comma – e con l’utilizzo dell’espressione «ai sensi della presente legge» – i soggetti che possono rivestire la qualifica di amministratore pubblico, la cui definizione non è chiaramente riconducibile a una figura presente nell’ordinamento. Osserva che, di conseguenza, occorre riformulare i commi 2 e 3 del medesimo articolo 4.
Evidenzia, poi, che il testo dispone che, qualora entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge non sia realizzato il previsto adeguamento degli edifici e degli spazi pubblici, l’amministratore pubblico competente è punito con l’arresto da 6 mesi a 2 anni e l’ammenda da 10.000 a 50.000 euro. Rileva che si tratta, dunque, di una responsabilità penale del dirigente o del vertice dell’amministrazione competente, per la quale è introdotta una contravvenzione punita con pena congiunta (arresto e ammenda). Al riguardo, segnala che la disposizione sembrerebbe configurare una fattispecie di responsabilità penale oggettiva. Infatti, la sanzione penale viene collegata ad un evento, la mancata realizzazione degli adempimenti, che potrebbe anche non dipendere dalla condotta del dirigente. Rileva infatti che l’amministratore pubblico potrebbe attivare tutte le procedure per l’adeguamento degli edifici senza che le opere vengano realizzate, per cause a lui non imputabili (ad esempio, per il fallimento dell’impresa incaricata o per la sospensione dei lavori disposta dalla magistratura). Osserva che si tratta, dunque, di un aspetto sul quale la Commissione dovrà riflettere. Ricorda poi che presso l’VIII Commissione è in corso di esame l’A.C. 1013, recante disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, che affronta un argomento connesso a quello oggi in esame.
Nel rimandare alla documentazione predisposta dagli uffici per ulteriori approfondimenti, auspica una partecipata discussione in Commissione.

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