Scioperi a raffica. Servono?

da tuttoscuola.com

Scioperi a raffica. Servono?

Non esistono più da anni, e non solo in Italia, soprattutto nell’area del pubblico impiego, quei margini di agibilità finanziaria che avevano consentito ai sindacati di sostenere i negoziati per i rinnovi contrattuali ricorrendo allo sciopero come strumento di pressione per sbloccare le trattative e sottoscrivere gli accordi.

In tempi di crisi come quelli che viviamo lo sciopero nel settore del lavoro privato è per lo più finalizzato a scongiurare la chiusura delle fabbriche e a difendere i posti di lavoro dalle ristrutturazioni imposte da un mercato sempre più globalizzato. Non a ottenere migliori condizioni salariali, salvo che in pochi settori di nicchia più dinamici e competitivi. Nel settore pubblico, meno esposto al rischio della perdita di posti di lavoro ma dove gli stipendi sono congelati da anni per le note ragioni, ci sono ben poche possibilità che lo sciopero modifichi tale situazione di blocco. E dunque qual è l’obiettivo dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil per il 12 dicembre? E dello sciopero proclamato da Cisl, Snals e Gilda per il 1° dicembre 2014?

Ha fondamento l’ipotesi del premier Renzi, respinta dalla leader della Cgil Susanna Camusso (“lo sciopero non è un gioco”, ma “uno straordinario sacrificio”), che questi scioperi servano soprattutto ai sindacati e ai sindacalisti per autolegittimare il loro ruolo e che non servano per risolvere i problemi?

Che con l’arma dello sciopero si possano sconfiggere i “mostri” (come li chiamava Tremonti) della globalizzazione e del debito pubblico crescente sembra francamente irrealistico. Ma che esista un forte e diffuso malcontento tra i lavoratori occupati, compresi quelli della scuola, ci sembra altrettanto inoppugnabile, e i sindacati se ne fanno interpreti. Forse più che una rincorsa di scioperi e arroccamenti reciproci servirebbe più dialogo.