Un “buon” modo di fare Scuola con il territorio

Un “buon” modo di fare Scuola con il territorio: Il Progetto Monitor Dis/Agio

di Alessandro Basso

Assuefatti come siamo a curarci di problemi ed emergenze quotidiane in campo gestionale, si corre il rischio di non dare il giusto peso ad esperienze di “Buona Scuola” che nel territorio possono realizzarsi per quell’alchimia che si viene a creare nell’apertura della scuola autonoma alla comunità servita, essenza stessa del nostro Regolamento DPR 8 marzo 1999 n. 275.
L’esperienza che mi appresto a illustrare, si riferisce al Progetto “Monitor Dis/Agio”, pensato e agito dall’Ambito distrettuale 6.3 dell’azzanese.

Come tutte le cose belle, ci accorgiamo della loro valenza solo quando se ne percepisce l’assenza. Mi è capitato di dirigere, attraverso l’istituto della reggenza, scuole dove non vi era la risorsa del “Monitor”e avendola piacevolmente apprezzata nell’ambito azzanese, è stato davvero complicato gestire situazioni di “disagio” e promuoverle in “agio” senza una figura professionale definita e dedicata come previsto dal Progetto.
La scuola è chiamata a far fronte a situazioni di disagio di varia natura, scaturenti dall’ambiente familiare, dalle difficoltà economiche provocate da una crisi che sembra senza fine, da difficoltà nello sviluppo armonico degli apprendimenti, dalla sempre critica fase dell’accettazione di un problema di un figliuolo da parte delle famiglie, nella relazione complessa scuola-famiglia.
Sotto tutti questi profili, il ruolo esercitato dal Monito disagio è stato, è e, mi auguro, sarà, una risorsa imprescindibile, eventualmente esportabile, del fare una “buona scuola”.
Ciò che lo caratterizza nella fase propulsiva, è la riflessione di un territorio attorno al tema del disagio e del disagio collegato alla sfera scolastica del bambino-alunno inteso come persona, in quanto si ha il segno tangibile di una comunità che vede nella scuola una vera ed efficace leva per promuovere il benessere sociale che agisce nel lungo periodo.
Questo ha portato i comuni dell’ambito distrettuale per i servizi sociali 6.3 (Azzano Decimo, Chions, Fiume Veneto, Pravisdomini, Zoppola, Prata di Pordenone, Pasiano di Pordenone) a siglare un Patto Educativo territoriale, già negli anni 2000 che aveva propria base la trasformazione del “Disagio” in “Agio”; da qui il nome Monitor Dis/Agio. Tradotto in termini meno generali, alla base del progetto vi è il forte obiettivo di promuovere il benessere di bambini e ragazzi, prevenire le difficoltà e contenere il disagio, operando in stretto contatto con la scuola e i servizi territoriali, al fine di garantire il pieno sviluppo di ogni minore e il sostegno alle responsabilità educative di quanti sono in relazione con essi, attraverso la realizzazione di “un’alleanza educativa” fra adulti educanti (cit. tratta da lettera di presentazione del Monitor per il POF, a cura dell’èquipe).
Ancora più in profondità ci sono i Comuni, che credono al Progetto e, lungimiranti, investono risorse economiche al fine di garantirne la continuità, pur in un periodo di forte contrazione delle risorse.

Le azioni messe in campo dallo staff psicopedagogico sono principalmente:
• L’osservazione partecipante/ascolto del bambino/ragazzo a scuola e nei contesti ludico-ricreativi frequentati dal minore, su richiesta dell’insegnante e/o del genitore.
• La progettazione e/o conduzione di laboratori relazionali nel contesto scolastico, rivolti al gruppo classe, in collaborazione con gli insegnanti. Lo strumento laboratoriale ha come finalità l’osservazione delle dinamiche emotive e relazionali in essere, l’individuazione di contesti e strumenti utili alla loro evoluzione, l’apprendimento di stili relazionali e comunicativi funzionali al benessere del gruppo. Gli insegnanti, che partecipano in vario modo sia alla fase di progettazione che di conduzione dei percorsi, si impegnano a mettersi in gioco in prima persona e a sperimentare nell’attività quotidiana con i bambini/ragazzi gli strumenti acquisiti.
• La consulenza educativa per genitori, insegnanti e operatori pubblici e del privato sociale, che operano con e per i soggetti in età evolutiva.
• La formazione rivolta a insegnanti ed educatori.
• La formazione per genitori, attraverso gruppi esperienziali e incontri a tema.
• L’informazione sul sistema dei servizi specialistici e delle risorse educative territoriali.
• La messa in rete tra enti e soggetti che, a diverso titolo, concorrono alla prevenzione del disagio e alla promozione del benessere dei minori e delle famiglie del territorio.
Le modalità di collaborazione durante le ore scolastiche vengono concordate con gli insegnanti della scuola. Il progetto non ha finalità cliniche: non fa diagnosi né “terapie” individuali ai bambini, ma lavora in ottica psicoeducativa e preventiva, favorendo la messa in rete delle risorse della comunità “educante” e la loro integrazione verso un obiettivo comune ovvero il benessere dei bambini e delle famiglie.

Prevenire i problemi e diffondere la cultura del benessere, rileva nell’operare a favore di una comunità attiva e reale che non si nasconde dietro ai problemi e non aspetta che le situazioni implodano od esplodano, ma li affronta attraverso una dialogo costruttivo.
Promuovere il benessere, visto dagli occhi di un dirigente scolastico, significa creare le basi per far star bene i nostri bambini e ragazzi, affinché i loro percorsi di vita siano armonici, positivi e lontani da fenomeni di devianza sociale.
Il Monitor, nelle figure dei suoi esperti e della preziosa èquipe psicopedagogica (ci ricorda forse l’ormai lontanissima Legge 148/90?) che si è consolidata nel tempo, è una risorsa strategica per la formazione del personale, per l’attivazione di azioni di prevenzione delle difficoltà di apprendimento che passano attraverso la fase dell’ “osservazione” per arrivare alla consulenza su situazioni specifiche, su come affrontare eventuali situazioni di criticità tra docenti e famiglie.
Non va tralasciata la menzione, ultima ma non in ordine di importanza dell’apporto dello staff del Monitor nella “co-gestione” di situazioni complesse, ambiti in cui far fronte comune tra istituzioni, ciascuna con le proprie prerogative e responsabilità, trova risultati spesso efficaci per raggiungere dei risultati laddove le evidenze di contesto (ambientale, familiare, sociale) sono fortemente pesanti.
La reificazione del Progetto Monitor nelle realtà scolastiche locali, si è fortemente caratterizzata grazie alla presenza di figure stabili, che nel corso degli anni hanno intessuto relazioni interpersonali con docenti e genitori, facendosi conoscere dalla co9llettività, acquisendo, così, quel consenso che è la base per potersi rapportare in una comunità di pratica.
Le risorse umane, infatti, fanno i progetti e li rendono concreti e attuali. Non accade mai il contrario.
L’approccio con una figura che si è mantenuta costante nel tempo, ha permesso di creare quella familiarità che spinge il genitore un po’ più refrattario ad avvicinarsi alla scuola e a capire che l’osservazione svolta dalla psicologa del Monitor, assieme agli insegnanti, è basata su situazioni concrete, non ha alcun intento certificativo. È solo un momento di confronto tra operatori professionisti di due diversi mondi che si rapportano per trovare strategie e soluzione a problemi della vita scolastica quotidiana.
La presenza della psicologa, in ambiente scolastico, ha attivato, promosso, implementato percorsi formativi costruiti ad hoc e disegnati, negli spazi, nei tempi e nell’approccio, al gruppo di riferimento, partendo dall’assunto che non è semplice avere l’occasione di confrontarsi con psicologi ed esperti che vivono la scuola reale e quotidiana, che hanno maturato nel tempo una visione completa.
Dal punto di vista di chi scrive, l’esperienza più positiva con il Progetto Monitor sono stati i laboratori finalizzati all’attivazione di sportelli d’ascolto per i ragazzi della scuola secondaria di I grado.
Questa fascia d’età richiede luoghi e figure di riferimento per parlare dei propri problemi, pensieri, aspettative nella relazione interpersonale, nel delicato campo dell’affettività, a supporto della Scuola che deve potenziare questo tipo di educazione in una società dove le criticità sono evidenti.
Queste figure non sono rappresentate sempre solo da famiglia e genitori; a volte è più semplice parlare con un soggetto esterno, che abbia, poi, le competenze di dare una risposta su cui riflettere.
Per permettere una più ampia conoscenza della psicologa del Monitor, sono stati organizzati alcuni laboratori in classe , alla presenza dei docenti. La dirigenza si è occupata di provvedere alla convocazione dei genitori ad un incontro per presentare l’iniziativa e sottoscrivere la debita documentazione autorizzativa. Una volta espletata la dovuta fase informativa e autorizzativa, i ragazzi sono stati informati di un orario e di un luogo in cui la psicologa poteva essere disponibile per ascoltarli, il tutto sotto la più stretta riservatezza, internamente ed esternamente alla scuola.
Molti ragazzi si sono rivolti alla psicologa e hanno in seguito esternato il valore positivo di questa proposta, avvallando il nostro pensiero rispetto il loro bisogno di “incontro ed ascolto” che la scuola deve promuovere.

Come immagino il Monitor in futuro? Il riconoscimento della valenza di un progetto così importante a livello strutturale (leggi ministeriale) sarebbe la strada per un riconoscimento ed un’estensione di questa opportunità al di fuori di una singola comunità, pur temendo che una dimensione più allargata lo potrebbe rendere meno attivo ed efficace in ragione dei numeri più alti e di una complessità geografica più composita ed articolata.
La comunità scolastica che fa riferimento a questo ambito non potrà sicuramente fare un passo indietro e disattivare questa opportunità che , anzi, potrebbe essere ulteriormente potenziata e prevederne la presenza anche in alcune situazioni più formali, pur con la necessità di tracciare in modo definito compiti e ruoli precisi.
In un’ottica di ottimizzazione delle risorse, attraverso il Monitor si potrebbe strutturare e studiare una prima forma di tracciatura formale di alcune situazioni di difficoltà d’apprendimento, in stretto collegamento con i servizi di riferimento. Si avrebbe la duplice valenza di alleggerire il lavoro dei servizi specialistici, sottraendoli ad una prima fase di screening in quanto già compiuta, diminuire i tempi d’attesa e facilitare la scremature di quelle situazioni per le quali la prima osservazione ha fatto rientrare le “preoccupazioni” di docenti e genitori.
E’ auspicabile che si possa rendere sistematico un tavolo di lavoro stabile di analisi di situazioni concrete, con figure della scuola che si sono appositamente formate per individuare e condividere strategie e soluzioni che emergono in occasione di Focus Group. Occasioni durante le quali possono essere avviato ed implementato anche un confronto su come rapportarsi all’utenza, in determinate situazioni o anche su come rapportarsi alla propria professione onde lavorare sulla promozione di quel benessere che sta alla base dell’essenza del Monitor e, soprattutto, rappresenta il nostro fine più alto, strettamente correlato al successo formativo per il quale lavoriamo su preciso mandato costituzionale.