I giovani lasciano i banchi per il lavoro? La metà dei genitori approva

da La Tecnica della Scuola

I giovani lasciano i banchi per il lavoro? La metà dei genitori approva

È quanto deriva da un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza su mille mamme e papà: il 25,7% cercherebbe di far capire che è un errore non andare più a scuola prima dei 16 anni, ma se lui fosse deciso accetterebbe, e il 20,9% rispetterebbe la scelta. Per il 54% la crisi lo giustifica almeno in parte. Indicazioni importanti per chi fa orientamento.

La metà delle famiglie non si opporrebbe se uno dei propri figli con meno di 16 decidesse di lasciare la scuola per iniziare precocemente a lavorare: lo si evince da un’indagine dell’Osservatorio Nazionale sulla salute dell’infanzia e dell’adolescenza (Paidòss), resa pubblica domenica 25 gennaio, condotta da Datanalysis che ha intervistato mille genitori.

Dallo studio, emerge che il 30% dei genitori intervistati pensa che il lavoro minorile in Italia riguardi solo gli stranieri, il 55% lo considera un dramma dei Paesi sottosviluppati, dove la situazione è certamente più critica, eppure il 17% conosce la storia di under-16 che lavorano anche in Italia, e al Nord la percentuale sale addirittura al 22-24%.

Il dato che più fa pensare è che davanti ad un eventuale collocazione lavorativa precoce, mamma e papà non ostacolino tale scelta: quasi un genitore su due (46,6%), infatti, non si opporrebbe completamente alla decisione del proprio figlio under-16 se questi volesse lasciare la scuola per andare a lavorare: se il 25,7% cercherebbe di far capire che è un errore ma se lui fosse deciso accetterebbe, il 20,9% rispetterebbe la scelta. Mentre il 54% pensa che la crisi lo giustifichi almeno in parte.

Giuseppe Mele, presidente Paidòss, non usa giri di parole: “i dati raccolti indicano una preoccupante indulgenza dei genitori italiani nei confronti del lavoro minorile: il 26%, con punte del 33% al Sud, non ci vede nulla di male mentre il 20% ritiene che il giudizio debba dipendere dalla situazione del singolo”.

Così, se ”da una parte oltre l’80% dei genitori ritiene che il lavoro minorile ‘rubi’ la formazione scolastica e l’infanzia, si scopre che a tutto questo si può rinunciare di fronte a nuove necessità imposte dalla crisi economica e spesso non si ha coscienza delle mille sfaccettature del lavoro infantile; anche aiutare i genitori nella loro attività o nelle faccende domestiche ruba infatti ai figli tempo che andrebbe impiegato diversamente”, conclude Mele.

Insomma, il vecchio detto “la necessità fa virtù” rimane sempre in voga. Anche quando a rimetterci è la cultura. Pure se è quella dei propri figli. Si tratta di un dato sconfortante, di cui gli esperti di orientamento scolastico non possono non tenere in considerazione. Anche perché stiamo parlando di un fenomeno tutt’altro che circoscritto: secondo l’ultimo rapporto ‘Lavori Ingiusti’, di Save The Children, sono 260mila i minori che lavorano in Italia.