IVA e “split payment”: atto terzo

IVA e “split payment”: atto terzo

Con due distinte note, una proveniente dalla Direzione Generale per le Risorse umane e finanziarie, l’altra dalla Direzione Generale per interventi in materia di Edilizia scolastica, il MIUR ha ieri preso posizione sulla questione dello “split payment”.

La pronuncia è tanto netta quanto priva di argomentazione: le scuole rientrano nel regime di separazione dell’IVA e quindi devono versare all’Erario – e non ai fornitori – i relativi importi. Il versamento va fatto utilizzando un modello F24 entro il 16 del mese successivo a quello in cui l’imposta diviene esigibile (cioè quello in cui avviene il pagamento della fattura). Ne consegue che, già con il prossimo 16 febbraio, scade il termine per versare gli importi trattenuti sulle fatture pagate in gennaio.

Prendiamo atto, senza comprendere da dove i firmatari delle note in questione facciano discendere la loro certezza. Entrambi infatti affermano il principio in via incidentale (“gli enti destinatari, tra cui le istituzioni scolastiche, …” / “tale nuova modalità di versamento riguarda, come è evidente, anche le istituzioni scolastiche”), senza fornire alcuna ulteriore spiegazione.

Se è per quello, non comprendiamo neppure perché venga indicato in modo perentorio il termine del 16 febbraio per il primo versamento: stante che l’art. 9 del Decreto del MEF prevede – sia pure in via transitoria – che, in attesa dell’adeguamento dei sistemi informativi, tale adempimento possa slittare fino al 16 aprile. La nota del MIUR dice che tale facoltà è concessa solo alle Amministrazioni Centrali dello Stato; ma il testo del Decreto fa riferimento genericamente alle Amministrazioni di cui all’art. 1, che sono tutte quelle sottoposte al regime dello “split payment”. E dunque, siamo dentro o non siamo dentro?
Archiviamo comunque, con questo terzo atto, la vicenda dell’IVA; salvo attendere eventuali ulteriori “chiarimenti”, magari meno apodittici, quanto alla scadenza dei termini. Ma quando una norma ha bisogno di tanti interventi interpretativi, che fra l’altro non sciolgono i nodi principali, questo non è un buon segnale: nè per il legislatore, nè per il Paese.

Abbiamo almeno appreso che – quando c’è un adempimento nuovo o ulteriore – le scuole si intendono sempre comprese, anche quando non sono citate; mentre quando si tratta di beneficiare di una qualche forma di rinvio o di esenzione, gli elenchi si intendono sempre esaustivi e non interpretabili.