Diagrammi e competenze

Diagrammi e competenze

di Bruno Santoro

Devo essere grato ad un mio antico insegnante di applicazioni tecniche perché in anni non sospetti di costruttivismo sociale e di apprendimento cooperativo, ci insegnò a lavorare in gruppo per il gruppo facendoci realizzare dei progetti con la costruzione di oggetti invece di limitarsi a spiegare i principi, scegliendo quindi la strategia dell’attività diretta cioè dell’imparare facendo, ma imponendoci nel contempo uno stile di lavoro ed un ‘sapere procedurale’ il cui scopo non era solo quello di sviluppare lo ‘spirito di gruppo’e la disponibilità alla condivisione del risultato, ma soprattutto quello di fissare gli interventi pratici e coordinati del gruppo in una serie logica e possibilmente ottimizzata di piccole attività.
Al progetto generale, realizzato attraverso una descrizione testuale, seguiva infatti la richiesta di un disegno anche in prospettiva dell’oggetto da realizzare. Il “foglio di lavorazione” che avrebbe guidato l’esecuzione pratica del compito assegnato al gruppo doveva essere però sviluppato in ogni sua parte: il materiale necessario, il dettaglio degli elementi costitutivi con misure esatte e costi, l’esploso progressivo del montaggio. La “nettezza mentale” di quel lavoro mi è rimasta impressa, l’ho sempre utilizzata, in seguito, ovviamente in contesti diversi: è diventata una capacità costitutiva della mia ‘abilità manuale. Una competenza.

Possibile utilizzare anche solo per realizzare oggetti di tipo diverso? Per prodotti, diciamo così, astratti? Mi provo qui ad applicarla per un momento a questioni apparentemente teoriche ma la cui sistematizzazione ha poi un’enorme ricaduta nella vita pratica di un professionista o di un artigiano dell’istruzione quale mi penso.
Non sono d’accordo con chi afferma che ogni ulteriore esplicitazione del problema delle competenze sia ormai superflua (Bardi), vista l’abbondanza di letteratura in proposito.
Personalmente non trovo che ci sia concordanza funzionale su concetti e definizioni ma in generale penso invece che il discorso, a livello sia pratico che metodologico, non sia stato in realtà ancora valorizzato per la sua reale portata orientativa. 
Sono molti ad esempio i docenti che entrando in classe al mattino o preparando una lezione si chiedono onestamente: quale argomento del programma, quale parte del mio programma stiamo svolgendo? non trovando in ciò assolutamente niente di contraddittorio o di problematico rispetto ad una programmazione che, almeno sulla carta e secondo le indicazioni ministeriali dovrebbe essere una pianificazione delle competenze.
La corretta elaborazione di una didattica per competenze dovrebbe invece portare a chiederci, diversamente: a quali competenze, a quali capacità tra quelli a cui abbiamo deciso di lavorare, lavoreremo? E con quali attività?
Per poterlo fare non solo come fatto di carattere formale ma nucleo orientativo di tutta l’azione didattica occorre però, oltre ad una pianificazione accorta (conosciamo l’angoscia dei tempi, della burocrazia, delle interruzioni impreviste, delle attività corollarie, dell’orientamento…) anche un quadro sinottico di riferimento che riassuma l’analisi strategica degli obiettivi, delle priorità e quindi delle soluzioni e delle tecniche da adottare.
Senza questa sorta di ‘foglio di lavorazione’, che peraltro permette un insegnamento collaborativo e coordinato degno di questo nome, senza questo (o simili) lavoro di ‘mappatura delle direzioni’ il discorso sulla pianificazione resta più difficile da visualizzare e quindi da rendere concretamente operativo.
D’altra parte le ‘mappe mentali’ di Tony Buzan o le mappe concettuali sono entrambe molto utili per disegnare una sorta di ‘architettura delle idee’ che, visualizzate, forniscono però una interessante disposizione bipolare, una sorta di interattività tridimensionale: la mappa realizza la rappresentazione mentale del modello operativo ma il valore aggiunto è dato dal fatto che modificando la mappa esterna cambia e si aggiorna anche la rappresentazione mentale.
 Una sorta di post-it neuronale, insomma, per dirla in modo scherzoso e ascientifico.

Personalmente, ma non è certo l’unica soluzione, uso dei diagrammi.
Il riferimento più prossimo a questo tipo di rappresentazione grafica sono i diagrammi di flusso usati in informatica, solo in questo caso, privi di… flusso, visto che non si tratta di routines o di istruzioni obbligate: uso invece dei connettivi dinamici che indicano, per amore di semplicità, solo due direzioni possibili oltre le etichette riassuntive: in e out.
Il diagramma realizza quindi uno schema semplificato per cui abilità, attitudini e capacità risultano gli elementi afferenti e costruttivi che concorrono alla strutturazione di una competenza, la quale, ricordiamolo, non è altro che una capacità essa stessa, proiettata attraverso l’esperienza in direzione della risoluzione di un problema. 
Un fatto dinamico, insomma, e che poi dinamicamente potrà essere valutato con opportune prove di prestazione.

Il problema principale in una didattica per competenze sta quindi, individuata la competenza a cui si sta lavorando con i propri colleghi , nel decodificarla, cioè nell’indicarne gli snodi interni in termini di abilità costitutive.
È appena il caso di ricordare che tutti gli insegnanti, in una didattica per competenze, lavorano a tutte le competenze di cittadinanza.

Una volta identificati questi elementi (sub-competenze? abilità? attitudini evidentemente da valorizzare con il medesimo obiettivo) è possibile compilare il vero ‘foglio di lavorazione’ cioè realizzare il progetto di attività attraverso la quale ci si propone di sviluppare (magari in passaggi reiterati, progressivi o ripetuti a distanza di tempo a seconda della strategia didattica più opportuna) quella o quelle determinate abilità.
Lo schema operativo è dunque il seguente:
competenza abilità attività
uno schema rovesciato, come si vede, perché si tratta appunto di una pianificazione a ritroso (Comoglio) che deve però ogni volta essere adattato al contesto e che non può, per sua stessa natura, essere applicato senza una preventiva, anche sommaria, analisi strategica destinata ad identificare il problema da affrontare.

Il ruolo dell’insegnante all’interno di una concezione didattica moderna è a mio avviso quello di ‘esperto che affronta e risolve problemi di apprendimento’ ovvero di un professionista (ma si potrebbe parlare sicuramente e senza offesa di un artigiano) che cerca le soluzioni sia nel proprio bagaglio di esperienza e competenze che in luoghi e occasioni e materiali che possano aiutarlo in questo compito (consiglio di classe, colleghi, forum, blog, libri, convegni, seminari…).
La strategia di lavoro può essere così ‘messa a progetto’: definito il problema si può dichiarare le ipotesi di soluzione, ovvero cambiarle quando ad una successiva verifica i risultati non fossero soddisfacenti.
Viene così evitata quella vaghezza progettuale che non permette né l’identificazione del disagio fomativo problemi né la concreta possibilità di soluzione.
Sono così peraltro il professionista può valutare il proprio lavoro e magari sottoporsi senza particolari remore ad una valutazione esterna: che è poi la valutazione della propria prestazione, dunque suscettibile di miglioramenti nel tempo e con l’esperienza come per tutti i bravi artigiani, non certo il giudizio sulla propria intelligenza di professionista o sulla propria sensibilità di persona.

Competenza questa, la capacità di accogliere la valutazione sul proprio lavoro, che non sempre viene sviluppata dai professionisti dell’istruzione: che invece a volte reagiscono con stizza ai suggerimenti e con chiusura ai consigli come fossero solo indebite intromissioni alla propria libertà d’insegnamento oppure critiche e giudizi al valore della propria persona.
Il nostro foglio di lavorazione ci suggerisce invece costantemente quello che il vero obiettivo dell’azione didattica e cioè di ottenere un insegnamento efficace ed un apprendimento il più possibile significativo.

A titolo di esempio ecco un diagramma generale delle competenze così come fu elaborato dal team di lavoro del progetto Let’s Net! nel 2009: si trattava di una prima classe dell’Itis Marconi di Jesi, la particolarità sta nella decisione strategica di considerare prioritarie e quindi centrali, le competenze socio-relazionali.
Il lavoro conseguente fu quello di decodificare le singole competenze e quindi creare occasioni di apprendimento e attività adatte a sviluppare le abilità e i costituenti delle competenze generali.

Il sito www.letsnet.it sviluppa praticamente una esperienza continuativa di didattica per competenze in Italiano e Storia.

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