LA SPOLIAZIONE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA e LE FARNETICAZIONI DI FARAONE

LA SPOLIAZIONE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA e LE FARNETICAZIONI DI FARAONE

L’ultima chicca è del sottosegretario del MIUR Davide Faraone: “I dirigenti
scolastici non devono essere dei manager, ma dei sindaci della comunità
scolastica!” Ed è una posizione che si sposa con una proposta di legge d’iniziativa
popolare, che sta velocemente circolando nelle scuole e sulla stampa, affiancata
dai resuscitati alfieri del preside elettivo e sostenuta dalla CGIL Scuola, il più
forte sindacato di comparto, nel mentre CISL, UIL e SNALS restano defilati, se
non completamente silenti: il che è a dire che, a chi – grazie al mirabile
autolesionismo dei colleghi – cumula un tasso di rappresentatività della categoria
pari al 53,84% (dati ultima rilevazione ARAN 31/12/2011) , e quindi può fare e
disfare le carte, della dirigenza scolastica non gliene può fregar di meno! A breve
l’ARAN pubblicherà i dati della rappresentatività del prossimo triennio e
verificheremo come ha reagito la categoria. Se chi la tradisce sarà ancora
premiato bisognerà solo recitare il mea culpa e scoprire un antidoto contro
l’autolesionismo con obbligo di vaccinazione.
E difatti, con il pretesto di liberarla dalle molestie burocratiche che la
astringono, la si vuole spogliare di tutte quelle competenze di tipo gestionale e
organizzativo, costituenti il connotato tipico di ogni dirigenza, sino a proporre –
con piena coerenza, perché c’è una logica in questa follia – l’abrogazione secca
dell’articolo 25 del D. LGS 165/01, punto o poco preoccupandosi che in tal modo
si disintegra l’intero assetto dell’autonomia scolastica, peraltro
costituzionalizzata, e di cui nella predetta proposta di legge non vi è la minima
menzione. Di modo che il risorto preside, completamente svincolato da ogni
incombenza burocratico-amministrativa-contabile-negoziale, in una parola
gestoria e organizzatoria, possa esclusivamente dedicarsi al coordinamento della
didattica, secondo un modello già superato dai decreti delegati degli anni Settanta
(cfr. art. 3 del D.P.R. 417/74, ora trasfuso nell’art. 396 del D.LGS 297/94) e
risalente al Regio decreto 30.04.1924, n. 965, artt. 10 ss.: di un soggetto
preposto alla conduzione – collegiale – della struttura didattica e –
gerarchicamente sottoposto al provveditore – alla struttura amministrativa
dell’istituto, con funzioni di sovraintendenza al buon andamento didattico,
educativo e amministrativo.

DIRIGENTISCUOLA ha contestato e contesta simili farneticazioni, siano
esse il frutto di ingenuità, di aperta malafede e/o di disegno “criminoso” teso a
giustificare l’attuale miserevole retribuzione, quand’anche sembrino
astrattamente una plausibile reazione nei confronti di chi tende alla completa
omologazione della dirigenza scolastica con la dirigenza amministrativa, secondo
il mantra per cui l’unica dirigenza vera è quella burocratica, garante della sola
legittimità formale degli atti e della regolarità delle procedure, ciò è a dire legata
alla cultura dell’esatto adempimento.
Questa la logica schizzata: chi dirige un ufficio che cura pratiche e
produce carte è un vero dirigente e merita una retribuzione da dirigente; chi,
invece, dirige una istituzione scolastica che, oltre a curare pratiche e produrre
carte, trasmette formazione e cultura, forma persone e cittadini, prepara le future
generazioni non può essere retribuito come un dirigente perché, in realtà è solo
un coordinatore della didattica, un tam quam non esset al punto che può essere
eletto dal collegio dei docenti! Solo delle persone ideoligizzate e/o completamente
ignare dell’attuale ruolo del dirigente scolastico o, peggio, ancora, ancorate ai
ricordi della propria esperienza scolastica, può fare simili farneticanti
affermazioni.
E’ ben vero che, con progressione geometrica, il dirigente scolastico è
stato, ed è, sempre più assorbito da compiti e responsabilità, a volte
necessariamente ed ineludibilmente strumentali alla sua precipua funzione
fondamentale e istituzionale, a volte e più spesso del tutto inconferenti e
inutilmente ultronei, con personale esposizione a pesanti sanzioni, anche di
natura penale. Non per questo però – senza arrivare addirittura all’assurdità
poc’anzi rimarcata – è necessario riscriverne il profilo strutturale e funzionale,
perché già disciplinato dal diritto positivo. Semmai sarebbe opportuno licenziare
un testo ricognitivo che sollevi i tanti interpreti dalla fatica di ricavare in via
ermeneutica la norma dal complesso delle disposizioni disseminate
nell’ordinamento giuridico di settore e generale, con esiti, inevitabilmente,
controversi per definizione. Giusto per richiamare velocemente alla memoria
quelli di più diretta e ricorrente afferenza, possono menzionarsi il D.LGS 165/01
e s.m.i.; il D.P.R. 275/99, Regolamento dell’autonomia; il D.LGS 297/94, in
materia di competenze degli organi collegiali che vanno ad incrociarsi con quelle
che, per ius superveniens, sono ora da ritenersi intestate al dirigente scolastico
e/o attribuite alla fonte negoziale; il Regolamento di contabilità delle istituzioni
scolastiche autonome, di cui al D.I. 44/01; i Contratti collettivi nazionali di
lavoro, posto che gli stessi siano ora legittimati, sia pure in modo surrettizio, a
dettare norme di organizzazione o, addirittura, di status, dopo l’avvenuta
emanazione del D. LGS 150/09, c.d. Riforma Brunetta.
Nell’ambito dei preannunciati, a brevissimo termine, testi normativi di
attuazione del programma La buona scuola e del DDL Madia, la riscrittura in
parola dovrebbe realizzare un sapiente mix imperniato su tre misure.
La prima è quella della creazione di un middle management all’interno di
ogni istituzione scolastica, vale a dire di figure professionali intermedie dotate di
competenze specialistiche o specializzate, sia sul versante della didattica (le
vecchie e mai nate figure di sistema?) che sul versante amministrativostrumentale,
ivi stabilmente incardinate (e previamente formate), tutte
differenziate funzionalmente e non collocate lungo un’impropria catena
gerarchica, operanti con precise responsabilità, prevalentemente su direttive del
dirigente scolastico, unico rappresentante legale e unico soggetto di imputazione
esterna. Per il primo aspetto sembrerebbero materializzarsi nel mondo del diritto
il docente mentor, di supporto della didattica, e il docente quadro intermedio, di
supporto organizzativo. Per il secondo aspetto, invece, si prospetta una
desertificazione del c.d. ufficio di segreteria, peraltro tuttora affidato a soggetti
professionali di incerta qualificazione, spesso con grave pregiudizio per il regolare
funzionamento delle istituzione scolastiche, siccome provenienti da percorsi
domestici pseudo concorsuali, senza che a tutt’oggi sia stata attivata la rigorosa
procedura di cui da ultimo è parola nelle Tabelle A e B allegate al CCNL Scuola.
Basterebbe rispondere a una sola domanda: Quanti degli attuali DSGA – oltre ad
aver superato un regolare concorso ordinario – sono in possesso di una laurea
specialistica in Giurisprudenza?, o in Scienze politiche, sociali e amministrative?,
o in Economia e commercio o titoli equipollenti?
La seconda misura è la valorizzazione dell’ art 8 del citato disegno di legge
1577, che dal generale contenitore o genus di Pubblica amministrazione,
estrapolando la species denominata Amministrazioni di istruzione e cultura, a tal
fine distinte dalle Amministrazioni statali, cancelli l’automatismo di cui è parola
nell’art. 1, comma 2 del D. LGS 165/01, che – salvo un’espressa previsione di
legge di segno contrario – oggi impone alle istituzioni scolastiche l’applicazione
automatica di disposizioni pensate per realtà ben più consistenti e/o aventi più
ampi raggi di azione ovvero differenti missioni.
Infine, e sempre contestualmente, si dovrebbero costituire ambiti
territoriali ottimali, sul modello delle reti di scuole ex art. 7, D.P.R. 275/99. Gli
stessi dovrebbero specializzarsi – con il concorso di adeguate risorse
attualmente allocate presso i resuscitati o esumati, sotto mentite spoglie,
provveditorati agli studi e/o attingendo dal personale in esubero in altre
amministrazioni pubbliche – per gli adempimenti amministrativi di carattere
seriale, pure necessari, così rendendo servizi più professionali alle istituzioni
scolastiche, decongestionate di tutte quelle procedure inerenti – l’elenco è parziale
e sbrigativo – la formazione e gestione delle varie graduatorie per i supplenti, le
attività contrattuali necessarie per la provvista di servizi, beni e forniture, la
complessa gestione dei progetti comunitari, gli adempimenti fiscali, tutta quella
serie di monitoraggi richiesti incessantemente, et similia, a prescindere da un
credibile avvio e dall’implementazione del processo di dematerializzazione.
DIRIGENTISCUOLA – da tempo e prima che dormienti sigle, sottoscrittrici
di tutti i contratti della vergogna, si inducessero, da ultimo, a indirizzare lettere
aperte ai dirigenti delle scuole solo per continuare a prendere in giro la categoria
– ritiene essere questo un plausibile percorso per assicurare la dovuta dignità alla
dirigenza scolastica e, del pari, idoneo a realizzare la tanto conclamata autonomia
scolastica, sino ad ora tenuta quiescente dal pactum sceleris tra le
sovraremunerate burocrazie ministeriali – dal doppio al quadruplo rispetto ai
cirenei pezzenti che quotidianamente si spendono in trincea – e le parassitarie
corporazioni sindacali. Un patto favorito dall’inerzia del Legislatore, di certo non
sollecitato dalla colpevole rassegnazione della categoria, renitente ad agire in
proprio e adusa a stimare conveniente affidarsi all’improbabile benevolenza altrui!
Il dubbio sorge spontaneo, asseriva Lubrano. Perché un sottosegretario
alla P.I., peraltro incompetente o ignorante in materia, un perito chimico che a 40
anni ancora non riesce a laurearsi in Scienze Politiche, sposa la tesi obsoleta
della CGIL?
Fino a quanto a farneticare era la CGIL non ci faceva caso più nessuno
tanto erano anacronistiche le nostalgiche farneticazioni, che ora a sostenere
quelle obsolete e scelerate tesi sia un sottosegretario di Stato alla P.I., non può
che destare sospetti e non può lasciare indifferenti. Ci permettiamo, anche per
motivi anagrafici e grazie all’esperienza maturata sul campo in 30 anni di
dirigenza, di consigliare al Sottosegretario Faraone di ricordare che quando parla
in veste ufficiale e come uomo di Governo farebbe bene a informarsi prima e a
misurare le parole, non fosse altro per non contraddire il Suo stesso Capo del
Governo che non perde occasione per affermare che il Dirigente Scolastico è un
dirigente tanto quanto se non più degli altri dirigenti. Oppure Renzi ha cambiato
idea e sonda le reazioni della categoria tramite un Suo delfino? Di certo un
dirigente scolastico non avrebbe alcuna difficoltà a dirigere un ufficio con cinque
dipendenti o a fare il Sottosegretario di Stato alla P.I. Quanti dirigenti
dell’amministrazione e/o Sottosegretari di Stato, sarebbero capaci di dirige una
scuola con tutte le responsabilità e le competenze che abbiamo sintetizzato, da
anni, nell’allegata tabella e che consigliamo al sottosegretario Faraone di leggere
attentamente.
Non è per caso, caro sottosegretario, che ogni tanto bisogna spararne una
grossa, tipo l’esternazione che le occupazioni delle scuole (un reato tollerato per
troppo tempo, una devastazione delle strutture pubbliche, una interruzione di un
pubblico servizio) fanno crescere e maturare (… la delinquenza, il disprezzo della
cosa pubblica, delle istituzioni, ecc…!!!), per apparire, per far si che si parli di
“Noi, anche male, purché si parli”?
Vogliamo augurarci che il Presidente Renzi smentisca le affermazioni del
sottosegretario Faraone, così come ha già fatto in altre occasioni, e noi saremo
tutti felici di ammettere che abbiamo capito male.

TABELLA CONFRONTO COMPETENZE DIRIGENTI II FASCIA