Scuola, studentesse più brave dei maschi. “Si impegnano di più”

da Repubblica.it

Scuola, studentesse più brave dei maschi. “Si impegnano di più”

Studio dell’Ocse che spiega la differenza tra maschi e femmine. Non c’è alcuna motivazione di ordine genetico. I ragazzi dedicano in media un’ora in meno a settimana agli studi rispetto alle loro coetanee

di SALVO INTRAVAIA

Ragazze più brave a scuola dei compagni maschi perché si impegnano di più. Nessuna predisposizione allo studio o motivazione di ordine genetico per i migliori risultati scolastici delle ragazze nei confronti degli studenti. A spiegare il perché di questa differenza di genere è l’Ocse, con un approfondimento dei risultati del test Pisa (Programme for International Student Assessment) 2012, che sonda le competenze dei quindicenni di mezzo mondo in Lettura, Matematica e Scienze. “L’indagine rileva – scrivono gli esperti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – che i ragazzi quindicenni hanno più probabilità rispetto alle loro coetanee di conseguire risultati insufficienti nelle tre discipline Pisa”. Nel 2012, il 14 per cento dei ragazzi non ha raggiunto il livello di riferimento nella scala Pisa in lettura, matematica né scienza.

Percentuale di risultati insufficienti – al di sotto del livello 2 della scala – che per le ragazze scende al 9 per cento. In linea con i tassi che si registrano in Italia. “Tra le probabili cause, le differenze di comportamento tra ragazzi e ragazze”, si legge nel Focus pubblicato. E approfondendo l’analisi dei risultati si scopre che “i ragazzi dedicano un’ora in meno a settimana ai compiti a casa rispetto alle ragazze” e che “ogni ora settimanale di lavoro a casa equivale a 4 punti in più nelle prove di lettura, matematica e scienza nell’indagine Pisa”, sentenziano dall’Ocse. Inoltre, “quando non sono a scuola – continua il report – i ragazzi trascorrono più tempo a giocare con i videogames e dedicano meno tempo alla lettura come svago”.

Un dettaglio da non trascurare perché “la capacità di lettura – spiegano da Parigi – è la base sulla quale si costruiscono tutte le altre forme di apprendimento: quando i ragazzi non leggono i risultati nelle altre materie scolastiche ne risentono”. In buona sostanza, questa ricerca non fa altro che confermare quello che genitori e insegnanti – anche senza il conforto della ricerca, ma guidati dal buon senso – raccomandano quotidianamente a figli e studenti svogliati che si accontentano di risultati sufficienti o che non fanno altro che collezionare insuccessi scolastici. E dopo questo report i somari non potranno più accampare scuse.

Con il focus, l’Ocse sfata anche il luogo comune che vorrebbe le ragazze meno predisposte per la matematica e meno inclini alle facoltà scientifiche dei compagni maschi. Il primo luogo comune viene sfatato spiegando che i risultati peggiori delle ragazze sono da addebitare alla maggiore emotività delle studentesse rispetto ai ragazzi di fronte ai problemi di matematica. “Generalmente, le ragazze hanno meno fiducia rispetto ai ragazzi nelle proprie capacità di risolvere problemi di matematica o nel campo delle scienze esatte. Le ragazze – scrivono i tecnici dell’Ocse – sono anche più propense a provare ansia nei confronti della matematica e ciò avviene anche per le ragazze che hanno buoni risultati in questa materia”.

Mentre il maggior numero di iscritti – il 14 per cento delle ragazze contro il 39 per cento dei ragazzi – nelle facoltà scientifiche nei paesi Ocse è da addebitare a condizionamenti familiari. In quanto “i genitori sono propensi a pensare che i loro figli maschi più che le figlie lavoreranno in futuro in un settore scientifico, tecnologico, nel campo ingegneristico o della matematica, anche quando i figli maschi e femmine ottengono lo stesso livello di risultati in matematica”, spiegano gli esperti Ocse. L’unica rivincita che si prendono i ragazzi nei confronti delle loro coetanee riguarda la capacità di “pensare come uno scienziato”. “Le ragazze – e anche quelle che conseguono ottimi risultati nella scala Pisa – hanno risultati mediamente inferiori ai ragazzi se le prove sono destinate a valutare l’abilità di pensare come uno scienziato”.

Il perché è presto detto: quando nei test si chiede alle quindicenni di formulare situazioni concrete in termini matematici o d’interpretare fenomeni con un approccio scientifico i ragazzi conseguono migliori risultati in quanto “gli studenti che hanno più fiducia in se stessi accettano l’idea di poter sbagliare e imparano ad escludere gli errori mediante prove ripetute (processo tentativo/errore), approccio fondamentale per acquisire conoscenze nel campo della matematica e della scienza”, conclude il rapporto. In altre parole, se non fosse per aspetti emotivi, stili di vita e condizionamenti sociali, ragazze e ragazzi potrebbero ottenere risultati scolastici identici. E i docenti possono intervenire per equilibrare le differenze di genere.