12 marzo Question time al Senato

Il 12 marzo si svolge al Senato il question time su reclutamento, formazione e carriera del personale docente della scuola e su questioni concernenti l’accesso all’università e il reclutamento del personale docente universitario, al quale risponde il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

FERRARA Elena (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARA Elena (PD). Signora Ministra, come lei ben sa essendo senatrice, stiamo dedicando un’attenzione vera ai diritti dei minori, con provvedimenti quali quello sull’affido e l’adozione, votato ieri all’unanimità, o quello approvato in 1a Commissione, sempre all’unanimità, sulle disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, un tema sul quale lei, signora Ministro, si è impegnata.

Occorre prevenire e contrastare il disagio giovanile, la dispersione scolastica, creare cittadini più consapevoli. La riforma della buona scuola mette al centro lo studente e i suoi bisogni di apprendimento, consapevole della necessità di innalzare il livello generale delle competenze e tra queste quelle creative e relazionali. L’esperienza artistica acquista valore non solo per armonizzare il mondo della formazione con quello della produzione culturale, ma anche per formare cittadini migliori. Ce lo chiedono le famiglie, i bambini e gli adolescenti. La musica, il teatro e la danza potranno essere il banco di prova della buona scuola!

Si deve poter corredare il curriculum dello studente superiore anche di quelle esperienze artistiche, che dovranno avere reale cittadinanza nell’offerta formativa, come previsto dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Oggi abbiamo una scuola secondaria superiore senza musica, ad esclusione dei licei musicali per i quali (e questo è grave) non c’è una specifica classe di concorso, con reclutamenti che hanno escluso docenti impegnati da anni negli ex istituti psicopedagogici, cioè le scuole dove si sono formati gli insegnanti del primo ciclo e che, nel passaggio a liceo delle scienze umane, hanno perso proprio la musica. Eppure, a partire dalla scuola dell’infanzia, sappiamo che la presenza di un laboratorio musicale può fare la differenza; nella vera scuola dell’autonomia, esso acquisisce un ruolo significativo nell’osmosi con il territorio: bande, scuole di musica e danza, compagnie teatrali. Conosciamo le tante esperienze virtuose e le buone pratiche e ad esse rimando.

Può dirci quindi quali sono le misure contemplate nella riforma che tra poco approverete per valorizzare la formazione musicale ed artistica?

A livello strategico, non ritiene che sia ineludibile un partenariato più stringente con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per facilitare ed incentivare, anche attraverso le Regioni e gli enti locali, i piani triennali dell’offerta formativa, che saranno gli strumenti fondamentali di programmazione dell’autonomia scolastica?

LIUZZI (FI-PdL XVII).Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signora ministra Giannini, il Governo Renzi ha, con la consueta abilità comunicativa, pubblicizzato il piano della buona scuola. Nelle premesse del documento è detto: «Ciò che saremo in grado di fare sulla scuola determinerà il futuro di tutti, più di una finanziaria, più di una spending review». Una battuta un po’ infelice, considerato che uno dei principali problemi della scuola italiana è proprio l’ammontare delle risorse messe in campo.

Ogni scelta inerente le assunzioni, l’ampliamento della offerta formativa, il tempo pieno nella scuola primaria, la fine delle supplenze, la fine del precariato, i concorsi pubblici per assumere giovani docenti, ha un costo e richiede una precisa copertura finanziaria dei provvedimenti che il Governo vorrà adottare.

Accanto a questo problema, basilare, economico, di contabilità dello Stato, vi è un problema di merito sul come si intenda arrivare ad una scuola di tipo europeo. Forza Italia è certamente d’accordo a stabilire nuove modalità di reclutamento del personale del comparto scuola volte ad evitare la formazione di nuovo precariato.

Ma auspica anche di togliere gli automatismi stipendiali e di carriera che finiscono per premiare tutti: i docenti buoni e scrupolosi e gli insegnanti mediocri. I primi (e sono tantissimi) che sono interpreti di quella singolare professione del dono (come diceva Marcel Henaff, sociologo francese) che è l’insegnamento, inestimabile e non quantificabile alla stregua dei parametri del prodotto interno lordo; i secondi, che purtroppo esistono, i quali minano la credibilità della scuola italiana. Serve quindi un livello di produttività elevato e nella scuola il livello di produttività è legato alla qualità dell’insegnamento.

Chiediamo alla ministra Giannini quale sia il percorso che porterà alla annunciata assunzione dei 148.100 docenti nel biennio 2015-2016, attraverso lo svuotamento delle graduatorie ad esaurimento (le cosiddette GAE) e l’assunzione dei vincitori e degli idonei del concorso 2012 e come si intenda procedere per l’assunzione dei preventivati ulteriori 40.000 docenti nel triennio successivo.

Chiediamo altresì se le risorse siano già state opportunamente individuate, perché a nostro avviso c’è una sottovalutazione dei costi e probabilmente il numero dei docenti da assumere dovrebbe essere conseguente alle risorse individuate.

Ma sopratutto, vorremmo sapere se non si intenda introdurre un sistema di valutazione complessivo sulla qualità delle docenze, in assenza del quale ci troveremo di fronte a una grande operazione elettorale che graverà sulle finanze pubbliche, ma non risolverà il problema del livello qualitativo complessivo della scuola italiana.

BLUNDO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BLUNDO (M5S). Signor Ministro, l’assunzione dei circa 150.000 precari è stata più volte proclamata dal Governo Renzi assicurando sempre le coperture finanziarie. Nelle ultime settimane, però, abbiamo letto sui giornali cifre discordanti, senza che sia stata fatta chiarezza sulle effettive disponibilità economiche messe in campo dal Governo per la stabilizzazione dei precari del comparto scuola, generando molte preoccupazioni tra i lavoratori.

La verità, signor Ministro, è che siete obbligati ad occuparvi dei precari perché lo ha imposto la Corte di giustizia europea, ed è l’unica tematica urgente da affrontare.

Vorrei che oggi lei facesse finalmente chiarezza sulle risorse che intendete destinare all’assunzione dei precari della scuola, troppe volte illusi e disillusi. Le ricordo che alcuni di essi prestano servizio da 10 anni e in alcuni casi anche da più tempo. In merito a questi ultimi e alla risposta data ieri dalla ministra Boschi al question time della Camera, vorrei capire come si intendono riconoscere i diritti di queste persone.

Vorrei sapere, inoltre, come il Governo intenda comportarsi riguardo le classi di concorso esaurite e soprattutto quali misure saranno adottate per quelle classi che, a seguito della soppressione di importanti materie d’insegnamento come scienza delle finanze e diritto, non hanno più la possibilità di veder riconosciuta la loro specificità e professionalità.

All’interno di questa frammentazione del precariato mi preme sapere quando e come verrà risolta l’assenza di una classe specifica di concorso per gli insegnanti dei licei musicali, nonché la situazione della classe A077, ovvero i docenti di strumento musicale. Questo è un gap che bisogna colmare e che va ad aggiungersi a quello subito dagli oltre 2.000 precari dell’Alta formazione artistica e musicale i quali, con la mancata parificazione ai docenti universitari, non hanno una collocazione chiara, e sulla cui situazione l’assenza di una specifica classe di concorso per il liceo musicale incide ulteriormente. Come intende intervenire?

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signora Ministra, uno dei punti qualificanti del piano della buona scuola è relativo alla stabilizzazione del personale docente. Lo stato di precarietà e l’alternanza dei docenti minano seriamente la continuità didattica e la qualità dell’insegnamento e purtroppo, negli ultimi anni, abbiamo vissuto questa situazione negativa nelle istituzioni scolastiche italiane.

Il documento ora prevede l’assunzione di un contingente di circa 150.000 docenti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento (GAE). Di fatto, il provvedimento va a sanare una situazione anomala, venutasi a creare nel tempo a seguito delle diverse modalità di accesso all’insegnamento del personale docente, prospettate negli ultimi anni. Va valutata, tuttavia, positivamente questa previsione, necessaria per azzerare la situazione di precarietà e ripartire con la procedura di espletamento di concorsi periodici, unica modalità da ritenersi idonea per il reclutamento del personale. La sua attuazione apre, però, varie problematiche.

Molti docenti inseriti nelle graduatorie hanno esperienze di insegnamento brevi. Sono tutti in possesso dei requisiti indispensabili per l’espletamento delle funzioni di docente? Quali iniziative intende attuare il Ministro per qualificare gli insegnanti che verranno stabilizzati? E, in linea generale, cosa prevede il Ministero per attuare l’aggiornamento continuo e costante degli insegnanti?

Un’ulteriore problematica scaturisce dalla previsione dell’immissione in ruolo solo degli insegnanti inseriti nelle GAE, le graduatorie ad esaurimento, escludendo i docenti appartenenti ad altre categorie, quali ad esempio il tirocinio formativo attivo (TFA). Verrà previsto un percorso ad hoc anche per questi?

L’immissione in ruolo degli appartenenti alle graduatorie ad esaurimento preclude agli insegnanti immessi in ruolo negli ultimi anni e che hanno avuto come prima assegnazione una sede lontana dalla residenza di ottenere il trasferimento nell’ambito della propria Provincia. Ritiene il Ministro opportuno che, prima della immissione in ruolo degli appartenenti alle GAE, sia data la possibilità di soddisfare le esigenze degli insegnanti immessi in ruolo recentemente, consentendo il trasferimento nell’ambito della Provincia di origine?

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Ministro, l’odierno question time precede il Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio dove, salvo ulteriori rinvii, il Governo dovrebbe approvare il disegno di legge con le linee di attuazione del documento della riforma della buona scuola.

Le anticipazioni dei provvedimenti ci preoccupano, perché l’idea del cambiamento a costo zero rischia di minare pericolosamente la qualità della scuola. Come lei sicuramente già sa, la scuola in questi anni ha subito tagli pesantissimi – oltre 8 miliardi – che i ministri Tremonti e Gelmini hanno brutalmente effettuato: tagli che hanno colpito sopratutto i lavoratori, rendendo il loro futuro incerto e precario. E mi riferisco ai lavoratori della scuola ai quali sono stati presentati, negli ultimi anni, diversi sistemi di arruolamento, perché ogni Ministro che si è insediato ne ha pensato uno nuovo.

Oggi, in Italia, la scuola registra circa 250.000 precari, tra docenti e ATA – abbiamo presentato più volte interrogazioni per avere dati e numeri certi, ma siamo ancora senza risposta – la cui sorte è tuttora molto incerta. La recente sentenza della Corte di giustizia europea afferma che vanno assunti i precari che hanno 36 mesi di continuità nell’insegnamento, perché non si può essere precari se si lavora per un servizio pubblico essenziale come la scuola. Il Governo ha annunciato 150.000 assunzioni, poi ridotte a 120.000, ma ogni giorno i numeri sono sempre meno chiari, perché cambiano ad ogni annuncio.

Noi vorremmo sapere quante saranno le assunzioni e quante le assunzioni alle rispettive graduatorie di merito ed esaurimento, per garantire l’organico funzionale, nonché come pensate di utilizzare gli abilitati TFA e dei percorsi abilitanti speciali (PAS) e sopratutto tutti coloro che hanno abbondantemente superato i 36 mesi di precariato continuativo alle spalle.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Signora Ministra, dal primo annuncio trionfale del Presidente del Consiglio circa l’assunzione di tutti i precari della scuola, già 30.000 stabilizzazioni di insegnanti si sono perse per strada e nessuna certezza esiste oggi sulle altre 120.000 che sono state promesse, con tempi tecnici in scadenza che sicuramente impediranno l’immissione in ruolo dei professori per il prossimo anno scolastico.

All’indomani dell’ennesimo rinvio dei provvedimenti sulla scuola, di chiaro c’è solo che gli annunci continuano ad essere puntualmente smentiti dai fatti. Speriamo che oggi pomeriggio qualcosa cambi.

Secondo il Capo del Governo, per rispettare quanto promesso sui docenti, non servono decreti e ci sarebbero le condizioni per legiferare in tempo utile a meno che – a suo dire – l’ostruzionismo delle opposizioni non blocchi tutto: è sempre colpa degli altri! Il Premier dovrebbe prendere atto, una volta per tutte, che manca la garanzia delle coperture finanziarie dei suoi desiderata e comunicarlo agli italiani, anziché scaricare la responsabilità di eventuali flop sugli avversari politici.

Chiediamo quindi di sapere se il Governo abbia definitivamente scartato la via del decreto-legge, l’unica percorribile per assicurare le assunzioni dei docenti prima dell’inizio del prossimo anno scolastico. Visto che è una delle poche volte in cui lo strumento della decretazione d’urgenza sarebbe stato necessario e urgente, questa volta il Governo vuole escluderlo.

Inoltre, poiché è reale il rischio che migliaia di insegnanti precari, pur bravi, perdano la cattedra in seguito al decreto della buona scuola, chiediamo di sapere se nel testo governativo si terrà conto anche dei precari non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, che hanno maturato un’elevata formazione e un’esperienza sul campo, che in alcuni casi arriva a dieci anni di insegnamento.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini, a cui do la parola dopo una piccola reprimenda, perché – anche se nessuno vi ha fatto cenno – la prima cosa che mi è stata insegnata a scuola è la puntualità, e se fossi arrivato con dieci minuti di ritardo avrei dovuto portare la giustificazione dei genitori.

Per questa volta passi; la prossima voglio una giustificazione da parte del presidente Renzi.

GIANNINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, accetto ovviamente la reprimenda, mi scuso con i gentili senatori e colleghi e non invoco il quarto d’ora accademico, perché sarebbe di cattivo gusto e non pertinente alla sede.

Cercherò di rispondere, nella sintesi dovuta, ai numerosi spunti e alle domande molto puntuali su un disegno di legge – e questa è la prima risposta che devo al senatore Centinaio, trattandosi della via scelta dal Governo – che verrà presentato nell’imminente Consiglio dei ministri che si terrà di qui a un’ora. Un provvedimento che presenta novità rilevanti sia in materia di autonomia scolastica, finalmente realizzata e non semplicemente dichiarata sulla carta, come è avvenuto fino ad oggi ai sensi della legge del 1999, sia in materia di offerta formativa e di assunzioni del personale docente. Tutti i punti evocati sono quindi contenuti nel provvedimento, che cercherò di sintetizzare.

Alla parte precettiva del disegno di legge delega si collega, comprendendola, una delega volta a riordinare tutto il complesso del sistema normativo scolastico stratificato nel corso del tempo, a partire dal testo unico, e a sistematizzare numerose materie che hanno necessità di essere ricondotte e sintonizzate con il progetto della buona scuola.

Si tratta di ambiti certamente fondamentali. Non c’è bisogno che lo ricordi in questa sede ed è evidente la necessità assoluta di instaurare un dialogo costruttivo con il Parlamento. Questo è il motivo sostanziale che ha spinto il Governo a scegliere lo strumento del disegno di legge piuttosto che la decretazione d’urgenza.

Il progetto è ambizioso, non lo nascondo, e vorrei distinguere per correttezza fattuale: non solo comunicativa, che comunque mi compete, i commenti giornalistici che si sono succeduti nel corso di un dibattito molto ampio e lungo nel corso del tempo – e forse è fatale e naturale che ciò avvenga – e quelli che sono invece i punti cardine del percorso.

Li riassumo. La buona scuola, nella sua presentazione originaria di formulazione di un progetto educativo, faceva riferimento alla possibilità di esaurire i 148.000 iscritti alle graduatorie ad esaurimento (era la proposta che avevamo sottoposto alla lunga consultazione nazionale insieme a tutti gli altri temi), numero che peraltro si è ridotto nel corso di quest’anno per effetto delle assunzioni realizzate e legate al turnover. Comunque i numeri, per rispetto ad un Consiglio dei ministri che si aprirà tra circa un’ora, non li darò in questa sede ma in conferenza stampa o comunque al termine del Consiglio dei ministri e quindi nel corso della serata. Sono comunque molto precisi e ne annuncio subito i criteri. Si conferma un piano assunzionale per quest’anno (2015-2016) che rispetta i principi, scelti definitivamente, di selezione degli iscritti alle graduatorie di merito e alle graduatorie ad esaurimento. Preciso che il numero è identificato e molto chiaro, ma ripeto che, per rispetto, non lo dirò in questa sede.

Il piano assunzionale – in risposta all’implicita e reiterata segnalazione di vari colleghi e di commentatori della buona scuola – non deriva da un obbligo stabilito dalla Corte di giustizia europea. La sentenza della Corte dà un’indicazione su due temi molto importanti e fondamentali a cui il disegno di legge dà una risposta molto precisa: la cessazione immediata dei contratti a tempo determinato sui posti vacanti e disponibili e l’attivazione del concorso come unico strumento per l’accesso alla carriera scolastica nel nostro Paese, in linea con gli strumenti che valgono per gli altri Paesi.

Si tratta di un progetto ambizioso che, come è stato ricordato, richiede risorse. Le risorse sono precise, sono state già assegnate dalla legge di stabilità e verranno puntualmente descritte nel disegno di legge e nella relazione che ne faremo oggi in Consiglio dei ministri. Al momento posso dare la cifra riassuntiva: un miliardo per il corrente anno e tre miliardi a regime.

Nella fase di progettazione abbiamo anche chiarito un principio che è rimasto fondamentale, e cioè: il piano straordinario di assunzioni ha come premessa indefettibile i fabbisogni della scuola. Le materie sono quindi quelle indicate dal fabbisogno della scuola e, conseguentemente, dell’offerta formativa proposta agli studenti.

Quali sono i principi su cui si fonderà il nuovo modello educativo, che parte nel 2015-2016 e che richiederà alcuni anni per entrare a regime nel nostro Paese? Una scuola autonoma nelle scelte didattiche e organizzative, che sappia rispondere alle esigenze formative, ai bisogni degli studenti e che abbia un organico ampio e potenziato. Il piano assunzionale e il conseguente concorso che si svolgerà nell’anno solare successivo ripristinano questo potenziamento dell’organico e ricordo che, tra gli anni 2009-2013, la scuola italiana ha perso 80.000 docenti.

La scuola utilizzerà tutte le forme di flessibilità didattica e organizzativa. Questo significa un curriculum dello studente – e così rispondo alle osservazioni della senatrice Ferrara – nel cui ambito si potranno operare scelte opzionali, ma saranno anche potenziate alcune discipline secondo le linee guida indicate alle scuole.

L’educazione musicale, mi permetto di dire in modo più ampio, è una delle discipline da potenziare, non solo nella scuola primaria ma anche nella scuola di livello secondario, anche se riteniamo che la scuola primaria costituisca il livello fondamentale, nel nostro Paese finora trascurato, da cui partire con questo tipo di competenze.

La scuola avrà anche un’autonomia funzionale e organizzativa fortemente collegata al potenziamento delle responsabilità del dirigente scolastico, a cui sono distribuiti, così come agli insegnanti, sia gli strumenti finanziari che quelli funzionali perché si possa arrivare a quell’autonomia che non è stata ancora realizzata. Ovviamente, tutto questo si collega ad un piano di valutazione sia degli insegnanti che dei dirigenti e ad una serie di responsabilità innovative come la possibilità di scegliere i docenti sulla base delle esigenze della scuola e del progetto educativo di durata triennale, che garantirà la stabilità, come ho più volte ricordato in altre sedi, e la continuità didattica che è mancata alla scuola italiana fino ad oggi.

Il piano triennale dell’offerta formativa sarà disegnato all’interno dell’istituto scolastico, sotto la guida del dirigente scolastico, sulla base del fabbisogno della scuola, degli studenti e delle famiglie, tenendo conto delle priorità tematiche cui ho appena accennato e che sono ormai molto note.

Perché tutto questo possa avvenire è necessario potenziare l’organico e ottenere finalmente il nuovo organico dell’autonomia, che permetterà di rispondere ai differenti bisogni formativi sui diversi livelli, e questa è la motivazione per cui il piano straordinario è una certezza di questo anno scolastico.

Un punto importante, che risponde in maniera puntuale alla Corte di giustizia europea, oltre che ad un principio di qualità della didattica e dell’apprendimento dei nostri studenti, è che non saranno più possibili contratti a tempo determinato stipulati con personale docente, educativo e amministrativo-tecnico presso le istituzioni scolastiche che superino la durata complessiva di 36 mesi. Quindi, questo è un elemento credo molto, ma molto importante.

Ci saranno strumenti anche molto innovativi per la formazione dei docenti, che diventa una delle componenti fondamentali – lo abbiamo detto in altre occasioni, ma lo voglio ribadire – sia nel senso dell’autoformazione, possibilmente organizzata sempre in sintonia con il piano educativo della singola scuola, sia rispondendo a linee guida di carattere più generale.

Un altro punto che è stato richiamato è, naturalmente, la necessità di fornire strumenti che non siano relegati semplicemente o confinati nelle singole competenze disciplinari. Parlo dell’allusione che ha fatto la senatrice Ferrara al cyberbullismo, che – ahimè – è, insieme alla dispersione scolastica, pur come manifestazioni differenti, un fenomeno e indicatore di disagio sociale in alcune aree del Paese veramente molto preoccupante. Gli strumenti che noi offriamo, oltre a disegnare una scuola autonoma, aperta e flessibile (quindi legata ai bisogni dei singoli territori e dei singoli progetti), sono altri che voglio ricordare, anche se non sono stati puntualmente evocati, come l’alternanza scuola-lavoro e il maggior collegamento del progetto formativo con il mondo dell’impresa e della produzione. I laboratori territoriali saranno anch’essi un altro importante elemento. Credo che queste siano le risposte.

PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

FERRARA Elena (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERRARA Elena (PD). Ringrazio il Ministro per averci illustrato un provvedimento che deve essere ancora approvato, ma le cui linee vanno precisate già da oggi in modo opportuno, perché quello che si è detto è davvero tanto e spesso improprio rispetto alle scelte che il Governo e il Ministero hanno fatto.

Vorrei sottolineare come, di fatto, nel rapporto con la scuola si assiste alla ripresa di un’auspicata e importante autonomia scolastica sui territori, considerando però, anche, che il Ministero non arretra sull’importanza di dare delle direttive. Questo perché dobbiamo assolutamente garantire comunque degli standard, dei livelli essenziali di formazione ai nostri studenti, proprio lavorando insieme in questo tessuto e radicandoci nel tessuto dei nostri territori dove edilizia scolastica, laboratori, formazione degli insegnanti e intreccio con il terzo settore diventano fondamentali. Quando parlo di accordo con il MIBACT, penso anche che si possano ipotizzare delle detrazioni fiscali per le famiglie che, per esempio, utilizzano strutture del terzo settore, che sono molto utili perché la loro attività si compenetra con la formazione messa a disposizione dalle istituzioni pubbliche.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signora Ministra, ho apprezzato l’approccio olistico della sua replica, ma mi consenta alcune brevi considerazioni.

La buona scuola è, appunto, un nome ad effetto, come lo sblocca Italia. Il ministro Giannini forse non sa che dei 47 decreti previsti da quel provvedimento, che doveva far ripartire l’economia italiana, ne sono stati emanati appena tre. Ecco perché serve prendere le decisioni che riguardano la scuola insieme al Parlamento. Prima di prendere ogni decisione, pertanto, la invito a valutare insieme al Ministro dell’economia le risorse effettive, che a noi sembrano francamente inadeguate. Tutti ci auguriamo che la scuola sia buona, migliore di quella attuale, che non è tutta da buttare via.

Fugata, signora Ministra, la tentazione del decreto-legge, noi auspichiamo un lavoro insieme al Parlamento sul percorso per arrivare ad un metodo di valutazione della qualità dei docenti, come pure dello stato, appunto, dei precari. La precarietà e la cronica alternanza dei docenti minano seriamente la continuità didattica e la qualità dell’insegnamento.

BLUNDO (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BLUNDO (M5S). Signor Ministro, la ringraziamo per averci dato il chiarimento sulla cifra del miliardo, per il corrente anno, e dei tre miliardi a regime, che quindi ha confermato, ma ci manca il riferimento a cosa fa capo e a qual è il capitolo di spesa. Spero che adesso, a seguito dell’imminente Consiglio dei ministri, sarà data ulteriore chiarezza nella vostra conferenza stampa.

Sebbene non mi sia stata data alcuna risposta in questo question time sulle classi di concorso dei licei musicali, sulla classe A077 e sulla problematica dell’eliminazione dell’insegnamento di diritto e di scienza delle finanze all’interno delle scuole italiane, auspico anche che queste risposte ci vengano in seguito dalle prossime conferenze stampa.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signora Ministra, nel ringraziarla per le precisazioni fornite, torno sulla questione del personale, che ritengo sia uno dei capisaldi per la qualità della nostra scuola.

È apprezzabile la modalità seguita dal Governo di non ricorrere ad un decreto-legge, ma di far riferimento ad un disegno di legge, perché questo dà maggior responsabilità ai due rami del Parlamento. Ritengo tuttavia che i tempi siano molto stretti, quindi la raccomandazione che mi sento di rivolgerle è di riuscire a rispettare la tempistica in maniera tale che le assunzioni possano essere effettuate già dal prossimo anno scolastico, in maniera da attuare fin da subito, per il nuovo personale che verrà immesso in ruolo, le modalità di formazione e di adeguamento delle caratteristiche dell’insegnamento, nonché i meccanismi relativi alla valutazione della qualità dell’insegnamento stesso.

Ritengo che ricorrere ancora alle classi di anzianità, legate semplicemente al tempo, sia un concetto da superare e che sia necessario arrivare invece ad una valutazione dell’insegnante e ad una progressione economica strettamente legate al merito.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Signor Ministro, la ringrazio per il suo intervento, che ha confermato però i nostri dubbi sull’aver fissato un question time oggi, a pochi minuti da un Consiglio dei ministri teso ad approvare il nuovo disegno di legge delega. Ci aspettavamo infatti dati concreti, mentre ci ha confermato solo ciò che in questi giorni abbiamo avuto modo di ascoltare dalle sue parole.

Prendiamo atto che i 148.000 che dovevano essere assunti dalle graduatorie vengono decurtati da quelli che sono già stati assunti nel 2014: questo significa che stiamo portando avanti un piano di assunzioni già previsto dai precedenti provvedimenti. Ci preoccupa non poco la sua affermazione – ma speriamo di aver capito male – relativa al fatto che il piano assunzionale non deriva da un obbligo della sentenza della Corte europea e che quindi provvederete all’immediata cessazione dei contratti a tempo determinato. Spero che questo non voglia dire che il Governo contribuisca ad aumentare il numero dei precari.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Ministro, non so dirle se sono soddisfatto o no; a dire la verità non lo so: aspetto questa sera, quando dal Governo e dal Consiglio dei ministri uscirà qualcosa di concreto.

L’unica cosa che speriamo è che le 150.000 assunzioni che Renzi aveva promesso agli insegnanti italiani verranno realizzate: si tratta di una promessa che ha fatto e che, come tale, dev’essere mantenuta, non come tutte le altre cose che vengono promesse, ma poi finiscono nel dimenticatoio.

Continuo ad avere una perplessità: eravamo dell’idea che fosse meglio fare un decreto-legge, e le spiego il perché. Si tratta della sua reazione, signor Ministro, quando ha saputo dal Presidente del Consiglio che non si trattava più di decreto-legge, ma di disegno di legge: nel momento in cui il Ministro dell’istruzione ha una reazione come la sua – seppur pacata ed educata, come nel suo stile – penso che qualcosa il Presidente del Consiglio l’abbia “ciccata”. Ne sono convinto, mi spiace.

PRESIDENTE. Passiamo ora alle interrogazioni su questioni concernenti l’accesso all’università e il reclutamento del personale docente universitario, cui risponderà il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini.

FASIOLO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASIOLO (PD). Signor Presidente, il mio intervento è legato all’accesso degli studenti alle facoltà a numero chiuso, con particolare riguardo a quella di medicina.

Signora Ministra, la ringrazio anzitutto per essere qui, a poco tempo da un Consiglio dei ministri molto impegnativo, che disegnerà la buona scuola. Vorrei richiamare la sua attenzione su un problema legato all’università, che molti studenti stanno ponendo, relativo alle prove di accesso ad alcune facoltà a numero chiuso. A mio parere, l’attuale sistema di selezione attraverso i test alle facoltà universitarie, in particolare i discussi test di medicina, con i ricorsi che ne sono derivati, i ripescaggi, nonché una sanatoria generalizzata, è foriero di problematiche in merito sia alle tempistiche (intendo le tempistiche di selezione) sia ai contenuti delle prove.

Certa è una cosa: il nodo centrale sta nell’attuale sistema di selezione. Particolarmente per quanto attiene alla facoltà di medicina, pare poco premiata la meritocrazia, l’attitudine dello studente (in quanto un singolo test in poche ore difficilmente può stabilirne la preparazione effettiva) e tantomeno la predisposizione ad una futura e così impegnativa professione. Per il modo in cui sono attualmente strutturati, i test tendono a favorire coloro che hanno ricevuto una formazione scolastica prettamente scientifica o chi dispone di maggiore tempo ed opportunità di approfondimento degli argomenti probabili oggetto dei test, trovandosi perciò lo studente avvantaggiato spesso per maggiore addestramento, non sempre per maggiore attitudine.

Le chiedo perciò, ministro Giannini, se e come intenda riconsiderare il metodo di ammissione, valutando altre ipotesi più efficaci, come ad esempio una preselezione con un maggior numero di ammessi a livello iniziale, per poi a conclusione del primo anno di corso procedere ad un’ulteriore valutazione sulla base del profitto e delle attitudini riscontrate. Innovazioni anche queste, Ministro, che sarebbe proficuo introdurre a seguito della manifesta inadeguatezza del sistema attuale.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signor Presidente, la prima cosa che viene in mente, quando si pensa alle università italiane, sono le graduatorie (il ranking), che collocano i nostri migliori atenei lontanissimi dalle prime posizioni nelle classifiche internazionali. La valutazione viene fatta sulla base di vari indicatori, che in sostanza misurano la qualità dei docenti e del lavoro di ricerca svolto. Da queste deriva la qualità dei laureati e il loro inserimento nel mondo del lavoro. A questo devono servire le università: a dare una preparazione al laureato tale da metterlo in competizione con le professionalità del resto del mondo.

Dobbiamo allora porci il problema se il reclutamento del personale docente nelle università italiane sia adeguato oppure no, ma anche se siano adeguati i criteri che regolano l’attività di ricerca e di divulgazione scientifica. In particolare, la riforma del 2010 e i suoi decreti attuativi si posero il problema serio del reperimento delle risorse da destinare alle università e dell’utilizzo delle stesse. Ci si pose l’obiettivo ambizioso di ridisegnare i tratti basilari del sistema universitario secondo principi di efficacia e di efficienza, scegliendo un percorso qualitativo per le carriere della docenza e per i ricercatori. Andava altresì creato un sistema più trasparente per la formazione delle commissioni preposte al reclutamento del professori e dei ricercatori universitari. Fu posto anche un tetto alle spese relative al personale in rapporto al finanziamento ordinario per le università, superato il quale scattava il divieto di procedere a nuove assunzioni. Anche gli interventi adottati per la valorizzazione del merito prevedevano una riforma radicale del sistema universitario secondo obiettivi di qualità ed efficienza. L’intenzione era quella di promuovere l’eccellenza ed il merito dei migliori studenti attraverso l’assegnazione di premi, buoni studio e prestiti d’onore.

PRESIDENTE. Formuli il quesito, senatore Liuzzi.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Sto chiudendo, signor Presidente.

Chiediamo al ministro Giannini, di cui conosciamo sensibilità, preparazione, esperienza ed attitudine al confronto, posto che parte di quella riforma ha individuato i contesti ed in certa misura raggiunto le finalità che si era preposta, in che direzione intenda proseguire per confermare quegli obiettivi di qualità e di merito, perseguiti i quali anche le nostre università potranno competere con quelle estere.

MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTEVECCHI (M5S). Signor Ministro, in merito ai test di ingresso alla facoltà di medicina, nell’arco dei mesi si è assistito a un cambio di verso ripetuto nel tempo. Inizialmente, infatti, ricordo che lei, signor Ministro, aveva ipotizzato di introdurre in Italia un sistema che si ispirasse al modello francese; vi è stata poi una levata di scudi e lei è tornata sui suoi passi e ha detto, in un’audizione alla Camera dei deputati, presso la Commissione permanente di competenza, che «il mantenimento dell’accesso programmato è un punto fermo del percorso per diventare medici. Cancellarlo sarebbe un salto indietro nel passato, deleterio per il sistema sanitario italiano che è uno dei migliori al mondo». Le chiedo, innanzitutto, se conferma quanto ha detto, perché credo che la qualità di un sistema sanitario e di un percorso di studi non siano unicamente riferibili al numero chiuso nell’accesso al corso di studi stesso; le chiedo, inoltre, se sia ipotizzabile, in un futuro, iniziare a ragionare su un modello di tipo francese.

Vorrei poi chiederle in merito all’altro pasticciaccio, quello del test di ingresso alla scuola di specializzazione in medicina, cosa intenda fare il Ministero. Nel frattempo, infatti, dalla data del 3 novembre 2014, quando lei disse – testuali parole – che «le prove non dovranno essere ripetute, abbiamo trovato una soluzione», sono partiti ricorsi su ricorsi: le aule delle scuole di specializzazione si sono ingrossate perché è cresciuto il numero di studenti e così anche le corsie (chiaramente, infatti, anche se la situazione, era in parte aspettata, non si era preparati). Vorrei sapere come il Ministro intenda procedere anche su questo punto; in realtà, infatti, non c’è una grande chiarezza di intenti.

Vorrei sapere, infine, come si procederà in merito ai test di ammissione alla facoltà di medicina: si è tornati infatti alla data della prima decade di settembre, non ci sarà un nuovo test, ma qualche ragguaglio e informazione ulteriore non guasterebbero.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Signor Ministro, l’accesso alle facoltà universitarie e alle scuole di specializzazione, che avviene con le modalità del test di accesso, è da ritenersi quantomeno poco appropriato per la difficoltà di verificare il livello di conoscenze complessive dello studente: il risultato molto spesso può essere influenzato da fattori del tutto occasionali. Negli ultimi anni, poi, si sono verificate disfunzioni che hanno creato situazioni di incertezza e di tensione negli studenti e che hanno generato anche contenziosi.

Si chiede se siano previste nuove modalità per l’accesso alle facoltà universitarie, posto che la selezione mediante test non sempre è coerente con il livello effettivo di preparazione dello studente e con le sue attitudini.

È pensabile rendere libero l’accesso alle facoltà universitarie, prevedendo uno sbarramento rigoroso al termine del primo anno, qualora non venga raggiunto un numero minimo di crediti? E, laddove sia necessario contingentare il numero di iscritti, è pensabile utilizzare il criterio del punteggio conseguito agli esami di maturità che consegue al percorso formativo complessivo dello studente?

Sì chiede, inoltre, quale sia lo stato di attuazione del riordino delle scuole di specializzazione e quali siano i tempi e le modalità di accesso alle stesse.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Signor Ministro, i docenti strutturati nelle università sono crollati verticalmente, da 60.000 a 50.000 in sei anni: praticamente,turnover zero. Infatti, non solo il 50-80 per cento dei punti organico da pensionamento è svanito in nome del risanamento, ma i ricercatori nuovi assunti grazie alla legge Gelmini del 2010 sono, anche loro, a tempo determinato. Noi sappiamo che esistono due tipi di ricercatori: il ricercatore di tipo A, che dura fino a cinque anni, non rinnovabile, e il ricercatore di tipo B, che dopo tre anni, di norma, vede convertito il proprio contratto in un posto da professore associato e quindi non più disponibile fino alla pensione. Il Ministero dell’università e della ricerca nel 2012 aveva stabilito che per ogni posto da ordinario si è obbligati a bandire anche un posto per ricercatore di tipo B, per garantire almeno un minimo di assunzioni a tempo indeterminato.

Il Governo Renzi ha diminuito questa possibilità, che di fatto era una possibilità di futuro per i ricercatori di tipo A: una possibilità di veder proseguire il proprio percorso universitario. Noi oggi le chiediamo come si procederà dal prossimo anno, quando giungeranno a scadenza i contratti per i ricercatori di tipo A, che rischiano di scontare il parziale fallimento della tenure track all’italiana.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Signor Ministro, la Costituzione della Repubblica italiana prevede che il diritto di studio debba essere garantito a tutti, ma lo stop alla revisione dell’accesso ai corsi universitari a numero programmato, comunicato dal sottosegretario per l’istruzione, l’università e la ricerca, Faraone, è l’ennesima promessa tradita dal Governo Renzi, dopo che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. aveva annunciato una selezione finalmente attenta alla qualità, ispirata al modello francese, abolendo i test di ingresso. Su questo tema ci siamo spesso confrontati e, come ben sa il Ministro, la Lega Nord è totalmente contraria ai test di ingresso, in particolar modo a medicina, dove c’è un solo posto disponibile ogni sette domande e attualmente si entra più per fortuna che per capacità.

I test di ingresso, anche se ben formulati, possono essere relativamente utili per verificare il livello di preparazione, alla fine di un ciclo di studi. Ben diverso è quando essi pretendono di mettere a fuoco quanto si sia portati ad intraprendere un nuovo percorso di studi, soprattutto in un settore particolare come quello medico. Basterebbe guardare a quello che accade in altre Nazioni vicine a noi, come la Francia, in cui la selezione per la facoltà di medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale. Quindi, signor Ministro, chiediamo se il Governo stia lavorando a un sistema che lasci una possibilità a tutti gli studenti di accedere all’università, scremandoli dopo un certo periodo di tempo – magari dopo un anno – in base ad un adeguato numero di esami da superare, in modo tale che i migliori possano scegliere il corso di laurea di interesse, fino all’esaurimento dei posti in quel corso o in quell’ateneo, o se – come temiamo – prevarrà il Renzi pensiero, ancora una volta anticostituzionale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere congiuntamente il ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, senatrice Giannini.

GIANNINI, ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Signor Presidente, gentili senatori, anche in questo caso ci sono vari temi, che cercherò di sintetizzare, partendo dai due punti cruciali, che a mio parere soggiacciono alla maggioranza degli interventi, ovvero la necessità di potenziare la meritocrazia dell’università italiana – così come di altri settori, a partire da quello della scuola – la necessità di promuovere l’eccellenza e quella di garantire – ai sensi dei principi costituzionali, citati da ultimo dal senatore Centinaio – il diritto allo studio per tutti gli studenti – aggiungo, citando la Costituzione – capaci e meritevoli.

Elencherò dettagliatamente le misure che questo Governo ha assunto in termini di criteri di finanziamento al sistema universitario e anche di cambiamento di alcuni punti qualificanti, nell’assegnazione dei fondi premiali e dei fondi strutturali e nelle politiche di reclutamento fino ad oggi esaminate e/o modificate rispetto al passato recente. Passerò poi ad argomentare le scelte in corso e quelle di prospettiva, per cui auspico anche io un’evoluzione positiva verso alcune delle direzioni che sono state evocate sia per le scuole di specializzazione di medicina, che per l’accesso alla facoltà di medicina.

Partendo dal primo punto, per la ripartizione del fondo di finanziamento ordinario del 2014 abbiamo introdotto alcune novità molto importanti, che enuncio. Il sistema di finanziamento di quest’anno è stato caratterizzato dall’introduzione del costo standard, come primo settore della pubblica amministrazione italiana e primo settore universitario all’interno dell’Unione europea. Ciò significa avere un parametro di riferimento basato sul costo standard per l’attribuzione di circa il 15 per cento del fondo di finanziamento complessivo. Il principio del costo standard, oltre ad essere una novità, è anche un principio premiale, perché intende sostanzialmente identificare e quindi valorizzare quelle università che forniscono servizi adeguati rispetto alla platea degli studenti, che sono capaci di contenere il numero degli studenti fuori corso – perché il parametro che si utilizza è il numero degli studenti in corso di laurea – e al tempo stesso che hanno requisiti di sostenibilità dal punto di vista della docenza e del personale tecnico amministrativo. Quindi direi, con una sintesi, che si tratta di università che funzionano, che sono adeguate agli obbiettivi scientifici e didattici e che hanno dei servizi strutturali adeguati alle esigenze degli studenti.

Per ciò che riguarda il riparto dell’anno attuale – il 2015 – mentre si sta lavorando a questi nuovi principi, che saranno esattamente gli stessi, ma potenziati quantitativamente, voglio ricordare che per le università statali la disponibilità delle risorse complessive è aumentata di circa un punto percentuale rispetto all’anno precedente. È il primo anno, quindi, in cui c’è una curva ascendente rispetto a quanto avvenuto fino all’anno scorso. Sostanzialmente, abbiamo 7,1 miliardi per tutto il sistema, con una quota assegnata al costo standard, nei termini e nella quantità che ho detto, e con una quota premiale sensibilmente elevata: era al 13,5 per cento nel 2013, nel 2014 è passata al 18 per cento e la mia intenzione è di potenziare ulteriormente questo parametro.

La quota premiale si basa – altro dato molto importante che risponde sinteticamente, ma anche con una certa analisi di dettaglio, soprattutto al quesito posto dal senatore Liuzzi – sui risultati della attività didattica per il 10 per cento, con specifico riferimento alla componente internazionale, quindi al tasso di attrattività e di internazionalizzazione delle università, e naturalmente è una delle misure che abbiamo introdotto. Voglio ricordare, sempre sotto questo profilo, che abbiamo destinato 65 milioni di euro per il fondo giovani, di cui 51 milioni per la mobilità internazionale degli studenti e dei dottorandi, quindi questa è una misura che va nella direzione di quella valorizzazione e potenziamento dell’eccellenza che è uno degli elementi che, anche guardando i ranking e le classifiche internazionali, laddove esse abbiano un’applicazione possibile al nostro sistema, dovrebbe portarci progressivamente a migliorare.

Il prodotto della quota storica di finanziamento della quota per costo standard e della quota premiale, nonché il fondo perequativo, cioè – in soldoni – quello che tutela le università che a seguito della combinazione di questi tre parametri avrebbero avuto in prima applicazione del costo standard un abbattimento sensibile del loro finanziamento complessivo, comporta un range di fluttuazione che finalmente, lasciatemelo dire, valorizza il merito e limita le perdite talvolta drammatiche di alcuni atenei, soprattutto in alcune aree del Paese. Questo è un equilibrio fondamentale per il raggiungimento di quei due obiettivi di cui dicevo: la promozione dell’eccellenza, ma anche un diritto allo studio garantito al maggior numero degli studenti capaci e meritevoli e in tutte le aree del Paese.

A partire dal 2015, vorremmo introdurre anche ulteriori innovazioni significative sempre sotto questo profilo. Questo significa favorire, ad esempio, il rientro dei ricercatori italiani che si sono trasferiti all’estero, quindi programmi di recupero dei cosiddetti talenti in mobilità, e attrarre i ricercatori di eccellenza che sono residenti all’estero e che possano contribuire all’innovazione e alla qualità della ricerca scientifica italiana. Sotto questo profilo, ad esempio, lo strumento della chiamata diretta semplificato ed il finanziamento dell’attività dei visiting professor nelle università che stiamo facendo progressivamente sarà sicuramente un elemento importante. Faccio qualche esempio: 3,5 milioni di euro sono destinati alla misura della chiamata e cinque milioni ai cosiddetti bandi Levi Montalcini, che sono quei bandi, come ricorderete, che prevedono anche la possibilità di assunzione basata sul merito e su posti di ricercatori in tenure track, di cui parlava la senatrice Montevecchi, quindi di tipo B.

A parte queste ultime misure, che sono congiunturali, ma che andranno a sistema, è molto importante che esse si possano accompagnare alla ridefinizione dei tipi di programmi di ricerca per cui gli atenei possono assumere direttamente docenti che hanno vinto dei grant e fondi competitivi a livello internazionale ed europeo. Per sostenere questo fenomeno, oltre che per rispondere al drammatico problema, che la senatrice Petraglia ha citato, del necessario ricambio della docenza con qualche misura che cominci a tamponare un’emorragia di professori e di ricercatori, si è già iniziato a muovere dei passi. È chiaro però che si tratta di un percorso che va messo a regime o con un piano straordinario di assunzione di giovani ricercatori o – meglio ancora – con un’agibilità di flusso di assunzioni il più possibile regolare.

Cosa si è fatto fino ad oggi? In primo luogo, le università cosiddette virtuose, cioè quelle con parametri di bilancio previsti dal decreto legislativo n. 49 del 2012, possono riutilizzare per intero i punti organico che si sono liberati per cessazione dei contratti dei ricercatori di tipo A, quelli senza tenure track per intenderci. Per il triennio 2015-2017 (quindi da quest’anno fino al 2017), le università possono fissare il numero delle assunzioni dei professori ordinari, favorendo quindi il ricambio, perché – perdonatemi – i giovani non sono solo necessariamente ricercatori, ma possono esserci anche giovani brillanti che vanno in cattedra a un’età relativamente bassa. In questo caso si favorisce il ricambio e si dà un incentivo finanziario alle assunzioni dei ricercatori pari a circa cinque milioni per ciascuno dei tre anni. Questo significa un’ottantina di posti in giù.

È stato inoltre previsto lo svincolo dei punti organico. Come voi sapete avendo approvato il decreto milleproroghe, la legge di stabilità ha protratto tutti i punti organico disponibili da turnover dal 2009 ad oggi. Questa è un’altra misura importante, oltre al piano straordinario degli associati. Si tratta di misure cui si unisce lo schema di decreto sulla ripartizione dei punti organico per il triennio 2015-2017, il quale, tra le numerose innovazioni, prevede che tutte le università con i parametri di bilancio in ordine, cioè le cosiddette università virtuose, possano avere almeno il 30 per cento del rispettivo turnover (vi ricordo che il tetto medio nazionale è del 50 per cento): ciò significa fare tutta una serie di azioni che vadano nella direzione del ricambio, dell’incremento e del ringiovanimento della popolazione docente e di ricerca delle nostre università.

A questo punto, visto che il tempo sta scarseggiando, passerei ai quesiti su medicina. Non ricordo chi ha citato una mia affermazione sull’accesso programmato, ma vorrei chiarire una volta per tutte che non solo non la rinnego, ma la confermo: io non ho mai confuso il numero programmato con l’accesso per selezione. Sono due cose completamente diverse, quindi ribadisco che il numero programmato in una facoltà come quella di medicina è una misura sana e che, rispetto alle generazioni degli anni Settanta e Ottanta, ha portato a una didattica qualitativa. Non è l’unico fattore che rende il nostro sistema sanitario eccellente, ma è uno di essi. Che poi questo sia il migliore strumento per la selezione (cioè quello in corso fino ad oggi), come ho già detto in altre occasioni, non ne sono affatto convinta: è un sistema imperfetto che dobbiamo cominciare a migliorare. Il mio auspicio è che in qualche tempo, forse anche in un anno, si possa arrivare ad avere le condizioni per il cosiddetto modello alla francese.

Cosa faremo quest’anno e cosa ha impedito di avere una misura ragionevole e non peggiorativa del funzionamento della facoltà? Signori, il fatto che in questo Paese gli aspiranti iscritti a medicina sono ancora una massa critica anomala. Vi dico solo due numeri che potete confrontare: ogni anno nel nostro Paese le matricole sono circa 230.000-240.000; di queste, circa 70.000 (e due anni fa 90.000) erano aspiranti medici. Questo è il risultato di un orientamento che non è efficace né incisivo, come invece deve cominciare ad essere. Lo faremo a partire da questo anno scolastico, con i test di autovalutazione e autocollocamento, che naturalmente non hanno nessuna funzione selettiva, ma danno allo studente la misura della comprensione della propria attitudine e delle proprie competenze acquisite. Lo faremo inoltre con il perfezionamento delle prove selettive, concentrate – lo confermo – nella prima decade di settembre (lo abbiamo anche stabilito, mi sembra che siano l’8 o il 9, comunque lo comunicheremo ufficialmente ad horas). Sostanzialmente, l’indirizzo della modifica è quello di diminuire, come la legge ci consente di fare (noi procediamo a norma di legge su questo punto, come ben sapete), la quantità delle cosiddette domande di cultura generale o di carattere esterno alla valutazione delle competenze acquisite dagli studenti nelle discipline che diventano propedeutiche al corso di laurea.

Per le specializzazioni non sto a ripetere affermazioni già fatte in altri contesti, ma faccio un breve intervento perché è un mio dovere. Quello che abbiamo fatto di veramente importante è il decreto interministeriale che razionalizza e riordina le scuole di specializzazione medica, con una diminuzione del numero degli anni, che consente ai nostri giovani medici di entrare in una prospettiva europea in maniera competitiva e adeguata.

Vi riferisco anche ciò che è in corso. Abbiamo garantito il rispetto dei tempi. Il secondo concorso nazionale di accesso sarà emanato entro il 30 di aprile e le prove si svolgeranno entro il 31 di luglio, con una lieve modifica, sostanziale però per il buon funzionamento: un numero minore di opzioni per gli specializzandi. La complessità di quest’anno non è stata data infatti dal pasticciaccio (come lo ha definito la senatrice Montevecchi) delle due domande scambiate, che assolutamente sono state neutralizzate senza alcun nocumento per nessuno dei candidati che sono poi risultati vincitori della borsa di studio. La complessità è stata causata dal numero sterminato di possibili sedi che ha creato un processo lunghissimo e anche interferenza con l’attività didattica delle scuole. Ciò non avverrà.

Visto che il Parlamento è fortemente impegnato su questi temi, noi dobbiamo riflettere, Governo e Parlamento unitamente, sul vero vulnus della formazione medica, cioè sul meccanismo ad imbuto che fa sì che noi laureiamo circa 10.000 ragazzi all’anno in medicina e poi offriamo (questo è il dato dell’anno scorso) 3.300 borse di studio in partenza, che un enorme sforzo del mio Ministero e di questo Governo ha portato finalmente a 5.500, ma che sono sempre poco più della metà. Dobbiamo allora fare, e lo stiamo facendo, uno sforzo di aumento del numero di queste borse di studio, perché chi si laurea in medicina, salvo che non scelga la carriera della medicina generale di cura, deve necessariamente specializzarsi e deve avere la possibilità di farlo.

Un Paese che vuole mantenere la qualità di questo fondamentale settore deve porsi questo dovere istituzionale.

(…)PRESIDENTE. Hanno adesso facoltà di replicare gli interroganti, per un minuto ciascuno.

FASIOLO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASIOLO (PD). Signora Ministra, sono assolutamente soddisfatta per il suo richiamo al principio di premialità e anche per la sua condivisione della non perfezione, quindi della ricerca di ulteriori modalità di selezione o per la revisione dei test attuali.

Volevo segnalarle, tuttavia, che le maglie troppo strette non sempre aiutano, tenendo anche conto di un fatto. Sì ai migliori, sono d’accordo assolutamente con lei: devono essere selezionati i migliori sulla base del merito, ma, parallelamente, si tenga conto che l’università dovrà attrezzarsi e guardare al futuro perché l’età media dei medici di medicina generale, secondo la curva di Gauss, attualmente è di cinquantasette anni. Deve far riflettere che entro i prossimi dieci anni questi medici saranno quasi tutti in pensione e, dunque, avremo un gran bisogno di nuovi medici. Se noi vogliamo realizzare la legge Balduzzi con la riorganizzazione della sanità territoriale, attuando unità complesse di medicina, con presidio h24 e potenziamento delle cure territoriali in una società in rapida invecchiamento, e se pensiamo che nel 2030 il 27 per cento della popolazione sarà over 65, dobbiamo programmare sin d’ora l’accesso alla facoltà di medicina.

Certamente, dovremo formare il nuovo personale medico: che sia il migliore. Speriamo di essere tutti quanti longevi.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LIUZZI (FI-PdL XVII). Signor Ministro, un punto percentuale in più delle risorse complessive destinate dal bilancio dello Stato alle università è una buona notizia, ma non basta, non è sufficiente. Invitiamo, quindi, il Governo a continuare su questa strada. È chiaro, però, che anche le università dovranno fare anche la loro parte e valorizzare ancora di più il punto focale della riforma Gelmini, ossia l’eliminazione dell’autoreferenzialità. E quindi: i costi standard e la responsabilità del merito degli studenti, dei ricercatori e dei docenti, ed i finanziamenti dello Stato sempre più legati alla valutazione dei risultati.

Da parlamentare del Sud mi consenta, però, di invocare misure correttive, finalizzate a mettere gli atenei insistenti su aree storicamente svantaggiate nelle condizioni di recuperare quel gap socioeconomico, che altrimenti mai potranno recuperare in termini di competitività, a tutto detrimento dello sviluppo dei territori e del riequilibrio delle differenze tra Nord e Sud.

MONTEVECCHI (M5S). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MONTEVECCHI (M5S). Impiegherò davvero poco tempo.

Purtroppo non sono soddisfatta dalle risposte date, perché nel concreto non ho capito come si vorrà muovere il Ministero rispetto al problema sorto con l’esame per l’accesso alle scuole di specializzazione, problema che non ha riguardato solo uno scambio di prove, perché c’è stato ben di più: punteggi sbagliati e poi corretti in fretta e furia, controlli non uniformi, computer portatili nascosti nelle giacche. Un panorama su cui mi piacerebbe che il Ministro ragionasse quando si parla di riforma dei test di ammissione e di metodi di controllo, trasparenza e garanzia.

Per quanto riguarda il test di ingresso alla facoltà di medicina, aspettiamo tutti con ansia maggiori informazioni. Anche a tal riguardo, mi auguro che il Ministro inizi una riflessione che lo possa portare a rivedere la sua posizione, a pensare di adottare un modello ispirato a quello francese e a valutare tutte le varie criticità che mettono in serio pericolo la didattica all’interno delle nostre facoltà di medicina.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CONTE (AP (NCD-UDC)). Prendo atto, signora Ministra, del processo in atto e della volontà manifestata di superare il concetto dei test, per quanto riguarda l’accesso sia alle facoltà di medicina che alle specializzazioni.

È stato fatto riferimento alla sproporzione tra il numero di coloro che intendono accedere alla facoltà di medicina e il numero effettivo dei posti, per cui reputo necessario un contingentamento. Dal mio punto di vista, si pone anche una questione di natura diversa, che non è oggetto del question time di oggi, e che concerne l’orientamento che dovrebbero effettuare le scuole superiori rispetto alle facoltà universitarie, in maniera tale che gli studenti possano essere indirizzati verso le possibilità offerte dal mercato del lavoro, posto che spesso vi è una difficoltà di inserimento degli studenti laureati.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETRAGLIA (Misto-SEL). Ministro, noi conosciamo la sua particolare attenzione verso il mondo dell’università e della ricerca, quindi, la invitiamo a tenere ben presente che oggi, su cento ricercatori, solo sei possono rimanere legati al nostro sistema universitario e venire assunti. Pensiamo quindi che debba essere fatto uno sforzo maggiore rispetto ai cinque milioni cui lei ha fatto riferimento e riteniamo che ottanta posti siano davvero nulla rispetto alla ricchezza che abbiamo in Italia.

Riteniamo che in questo ambito il Governo debba fare molti passi in avanti e trovare le risorse necessarie, perché la ricerca pubblica deve essere una delle priorità su cui puntare.

CENTINAIO (LN-Aut). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTINAIO (LN-Aut). Ministro, ribadiamo la nostra idea che non può essere un test di ingresso a decidere se uno studente sia capace o meritevole, soprattutto se le domande che gli vengono poste non hanno nulla a che fare con la facoltà che andrà ad intraprendere. Manteniamo, quindi, la nostra opinione al riguardo.

Rispetto a quanto ci ha detto, siamo parzialmente soddisfatti. Mi riferisco al progetto di portare avanti il modello francese, che riteniamo idoneo a rilevare le effettive capacità dello studente e la sua volontà a perseguire la facoltà scelta. Riteniamo che sia il migliore e, quindi, la sosterremo eventualmente nella sua proposta, sperando che poi non appaia ancora il Faraone di turno a bloccare tutto.