Meno Renzi, più Manzoni

da Il Fatto Quotidiano

Meno Renzi, più Manzoni

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La furia iconoclasta di Renzi vuole evidentemente fare impallidire quella dell’Isis di fronte alle vestigia assiro-babilonesi. Dopo aver giustamente infierito su D’Alema e Rosy Bindi il rottamatore non si ferma di fronte alle fondamentali glorie letterarie nazionali. Il tono è bensì sarcastico e provocatorio. Si cita Umberto Eco per pararsi le spalle. Quest’ultimo aveva in realtà affermato che la lettura imposta dei Promessi sposi, come tutte le cose che sono imposte, finisce per privare la gente su cui grava l’imposizione del piacere che dovrebbe scaturire dalla lettura di una grande opera. Renzi si limita a ripetere più o meno per filo e per segno il pensiero del grande semiologo in materia e fin qui poco male. Pare inoltre che Renzi sia peraltro rimasto particolarmente colpito dalle pagine che Manzoni dedica all’incontro tra Renzo ed Azzeccagarbugli. Il discutibile messaggio che Renzi trae da questa efficacissima satira del diritto al servizio del potere è che il problema è costituito dal fatto che le leggi sono suscettibili di interpretazione. Ma lasciamo perdere anche questo aspetto. O per meglio dire stendiamovi un velo pietoso.

Tutto bene dunque? Esternazioni in fin dei conti poco rilevanti tra le tante macinate quotidianamente da uno dei più straordinari e prolifici produttori di chiacchiere che la nostra storia nazionale ricordi? Beninteso, anche Renzi, come ogni cittadino italiano ha tutto il diritto a dire ogni tanto qualche scempiaggine, purché ad essa si accompagni un impegno concreto per migliorare la società, tanto più che non si tratta di un cittadino qualsiasi ma del presidente del Consiglio.
Ecco allora spuntare taluni elementi di riflessione che rendono particolarmente sciagurata e inquietante l’apparentemente innocua esternazione di Renzi che ha voluto ripetere Umberto Eco aggiungendovi qualche sua poco fondata elucubrazione sui pericoli insiti nell’interpretazione delle leggi (quasi che questa operazione logica indispensabile potesse in qualche modo essere eliminata).

Primo, la scuola italiana è alla frutta e le ricette indicate da Renzi, accentrando i poteri nel capo d’istituto, destinando ulteriori benefici alle scuole private, continuando a negarle i mezzi minimi necessari a svolgere la sua fondamentale funzione, aggravano evidentemente la sua crisi strutturale. Secondo, è in corso anche un attacco alla lingua italiana e qui il riferimento al Manzoni è evidentemente d’obbligo. Perché il Jobs Act, pessimi contenuti a parte, si chiama così e non, che so io, Legge sull’impiego o simili? Perché il proliferare di espressioni misteriose come benchmarking, best practices e simili? Ovviamente la colpa non è tutta di Renzi, il cui inglese è fra l’altro come noto pessimo. Ma precise responsabilità le ha anche a questo riguardo.

Nulla contro le lingue straniere, ovviamente. Personalmente ne parlo quattro (inglese, francese, spagnolo e tedesco), me la cavicchio con il russo, e mi diletto a studiarne altre, fra le quali da ultimo, con un certo profitto, l’interessantissimo cinese. Ma l’italiano lo vogliamo salvare? E se lo vogliamo salvare dobbiamo fare studiare Manzoni, fra gli altri. Nessuna imposizione per carità, ma la possibilità di leggerlo e commentarlo in classe dovrebbe continuare ad essere offerta a tutti i giovani italiani. Poi va benissimo aggiungere Wu Ming, Ammaniti, Pasolini, lo stesso Eco e tanti altri (cito a caso). Il problema però è che per salvare la lingua italiana bisogna salvare la scuola. E bisogna farlo noi, visto che, diversamente dal caso (tutto da discutere) della Pirelli e simili, non si profilano cinesi o altri disposti a farlo al posto nostro. Ma ci vuole a tale fine la possibilità di investire risorse adeguate, assorbendo tutti i precari ed evitando di trasformare ogni istituto scolastico in un luogo dove la competition (eh eh) feroce di tutti contro tutti per qualche euro in più, e il potere arbitrario di un preside assurto al rango di autocrate, avvelenano l’atmosfera, trasformando la cultura in un ammasso di nozioni attaccaticce, magari da acquisire con la famigerata tecnica del quesito a risposta multipla.

Ecco, fatte queste necessarie precisazioni relative al contesto, le apparentemente solo bizzarre esternazioni di Renzi su Manzoni acquistano a ben vedere una portata davvero sinistra (nel senso meno nobile e positivo del termine). Aggiungiamo per concludere il quadro che le ha formulate davanti a una platea di giovani frequentatori di un’università privata che pagano molte migliaia di euro all’anno per laurearsi. Gli altri andranno a scaricare le cassette di frutta come i figli di Poletti, ma a vita e senza diritti, al massimo qualche finta tutela crescente. L’Italia renziana di domani?