RUOLO UNICO DELLA DIRIGENZA STATALE

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E ALLE AUTORITA’ DELLA REPUBBLICA PER L’INCLUSIONE DELLA DIRIGENZA SCOLASTICA NEL RUOLO UNICO DELLA DIRIGENZA STATALE

Da un’agevole ricognizione delle fonti normative primarie figuranti nel D. Lgs 165/01 s.m.i., rivisitate dall’art. 10 del Disegno di legge 1577, c.d. riforma Madia, il dirigente pubblico è un soggetto dotato di autonomi poteri di gestione di risorse umane, finanziarie e strumentali per la loro ottimale combinazione preordinata alla realizzazione dello scopo-programma-progetto predefinito dal committente politico (paradigma: art. 16, D. Lgs 165/01, per i capidipartimento e direttori generali) o assegnato dal dirigente di vertice (successivo art. 17 per i dirigenti amministrativi e tecnici di attuale seconda fascia), ovvero direttamente prescritto da fonte normativa e con possibilità di ulteriori obiettivi specifici nel provvedimento d’incarico ( per i dirigenti preposti alla conduzione di istituzioni scolastiche, enti-organi dello Stato, funzionalmente autonome, secondo l’art. 1, comma 2, D.P.R. 275/99, integrabile con i contenuti della funzione compendiati nell’art. 25 del D. Lgs 165/01, cit.), con esclusiva responsabilità di risultato.

La funzione dirigenziale è dunque, strutturalmente e funzionalmente, unica, indipendentemente dal suo luogo di esercizio, tanto ciò vero che è ora statuito un unico sistema di reclutamento e formazione ( per la dirigente scolastica anticipato dalla legge 128/13). Ciò è a dire che quella ridisegnata è una figura tipicamente organizzatoria.

Ne è diretta e coerente conseguenza l’istituzione di tre ruoli unici (per lo Stato, per le regioni, per gli enti locali), distinti ma coordinati e suscettibili di reciproche compenetrazioni: ciò che importa l’abolizione delle due attuali fasce gerarchizzate, di una dirigenza a carriera garantita, non più compatibili con una dirigenza che si vuole position based, contrassegnata dalla piena interscambiabilità e rotazione degli incarichi in virtù dei titoli di studio posseduti, delle competenze culturali e professionali acquisite, delle esperienze maturate: volta per volta allegabili da ogni dirigente, a prescindere dal pregresso luogo di esercizio (le singole amministrazioni) della funzione e in esito ad una rigorosa valutazione degli obiettivi assegnati e delle capacità organizzativo-gestionali dimostrate.

A dieci mesi di distanza dalla sua presentazione in Commissione Cultura del Senato, il predetto disegno di legge delega è in procinto di essere licenziato per l’Assemblea con gli emendamenti apportati, che, con riguardo all’articolo 10 prevedono:

-l’inclusione nel ruolo unico delle attuali figure dirigenziali e/o attributarie di posizioni dirigenziali ancorché non connotate da precipui compiti di gestione di risorse umane e finanziarie, se non in misura marginale ed eventuale;

-la pari inclusione nello stesso dei segretari comunali, sia pure limita ad un triennio, per continuare essi a svolgere le funzioni di controllo della legalità dell’azione amministrativa e di coordinamento dell’azione amministrativa;

-la confermata esclusione dal ruolo unico della dirigenza statale della dirigenza scolastica, precludendo in radice la possibilità che essa sia collocata nelle pure previste sezioni per le professionalità speciali, ma sempre all’interno del ruolo unico: all’infuori del quale, ex lege, non vi è dirigenza!

In parallelo alla discussione in Senato, la Camera dei deputati è chiamata ad approvare il disegno di legge delega di attuazione della Buona scuola, che fa perno su una potenziata o rafforzata dirigenza scolastica, affinché possa essa “garantire un’immediata e celere gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali”, svolgendo dunque “compiti di gestione direzionale, organizzativa e di coordinamento”, con “responsabilità delle scelte didattiche, formative e della valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti”.

Tal che l’assurda sua esclusione dal ruolo unico configurerebbe la dirigenza scolastica – al di là del nomen iuris – come un’entità sospesa o definibile in negativo, per l’appunto una non dirigenza, non potendo di certo essere ascritta nel novero dei professional – caratterizzati dal possesso di circoscritte competenze tecniche, esercitate con più o meno larga discrezionalità, giuscivilisticamente configuranti una c.d. obbligazione di mezzi e, a fortiori, dei funzionari, agenti le parimenti circoscritte competenze tecniche nell’ambito di procedure predefinite; ovvero, ed infine, assimilandola ad una sorta di super esperto disciplinare che insegna la propria materia, con quel che la integra e la supporta ( ciò che invece è tipico della funzione docente, ex artt. 1 e 395 del D. Lgs 297/94 e artt. 26 e 27 CCNL Scuola): benché ogni dirigente preposto alla conduzione delle istituzioni scolastiche debba avere confidenza con i processi educativi, affinità di linguaggio con i professionisti della formazione che deve coordinare, familiarità con contesti organizzativi contrassegnati da legami deboli, in cui l’interpretazione prevale sull’esecuzione, in luogo dei lineari canoni propri delle procedure prevalentemente standardizzate.

DIRIGENTISCUOLA-CONFEDIR chiede pertanto alle Autorità in indirizzo, che non vogliano assecondare un Legislatore schizofrenico, di farsi promotrici di un emendamento all’articolo 10 del DDL 1577/14, nel segno dell’inclusione nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato dei dirigenti delle istituzioni scolastiche ed educative, eventualmente collocabili, all’interno del predetto ruolo unico, in una delle previste sezioni delle professionalità speciali in ragione della complessa funzione che sono chiamati a svolgere, integrante competenze di ordine gestionale, con diretta ed esclusiva responsabilità, e peculiari competenze di natura tecnico-professionale connesse alla qualifica di provenienza, senza pregiudizio della piena mobilità in uscita e dell’applicabilità dei generali istituti che connotano l’intera dirigenza pubblica.