«Progetto dei 300 giorni», strumento didattico efficace per i ragazzi autistici

da Il Sole 24 Ore

«Progetto dei 300 giorni», strumento didattico efficace per i ragazzi autistici

di Maria Piera Ceci

Luca, 16 anni, ogni volta che per strada vedeva un cane saltava in braccio alla prima persona che gli capitava a tiro, oppure scappava in mezzo alla strada, senza controllare che non passassero auto. Un comportamento pericoloso che andava assolutamente corretto. Ma non è facile modificare questo genere di comportamenti in ragazzi autistici come Luca. Eppure la scuola è riuscita ad insegnargli a controllarsi. Questo grazie ad un progetto voluto dall’Ufficio scolastico regionale dell’Emilia Romagna e dalla Fondazione Agnelli, illustrato in un volume dal titolo “Il Progetto dei 300 giorni. Autismo in adolescenza tra ricerca e sperimentazione”, edito da Erickson.

La sperimentazione
E’ durata infatti un anno e mezzo scolastico la sperimentazione che ha coinvolto 27 scuole dell’Emilia Romagna, 36 ragazzi autistici nati nel 1996, 54 insegnanti di sostegno, spesso affiancati da almeno un educatore per allievo.
Il progetto si è fondato sul Ttap (Teacch transition assessment profile) un innovativo protocollo valutativo, a partire dal programma statunitense Teacch (Treatment and education of autistic and related communication-handicapped children), che consente di valutare il ragazzo durante tutto il percorso scolastico e permette di aiutarli a traghettarsi nella vita adulta. Molta importanza viene data infatti alla conquista della maggiore autonomia possibile.

Gli obiettivi
«L’esigenza nasce dalla difficoltà rilevata da insegnanti ed educatori ad impostare un intervento a livello educativo mirato per persone adolescenti con autismo che frequentano la scuola secondaria di secondo grado e soprattutto dall’esigenza di impostarli in prospettiva dell’età adulta» – spiega a Scuola 24 Maurizio Arduino, responsabile del Centro autismo e sindrome di Asperger della Asl Cn1 e direttore scientifico del “Progetto 300 giorni”. «Ad esempio lavorare sulla lettura su cui si è lavorato per i dieci anni precedenti a scuola con scarsi risultati potrebbe non essere un obiettivo prevalente, come per esempio che la persona sia in grado di stare seduti ad un tavolo, rispettare le regole del contesto, sapersi vestire. Il programma è partito da una valutazione in base alla quale sono stati tarati gli obiettivi educativi personalizzati, da perseguire con metodologie precise che gli insegnanti hanno dovuto apprendere con un corso di formazione. Quindi ragazzi ed insegnanti sono stati seguiti durante tutto il percorso e alla fine è stato valutato il raggiungimento degli obiettivi. La stragrande maggioranza degli obiettivi è stata raggiunta, anche se in alcuni casi parzialmente. Qualcuno per esempio potrebbe aver imparato a vestirsi, senza sapersi però allacciare le scarpe o abbottonare la camicia. In altri casi si è insegnato ai ragazzi a chiedere di andare in bagno senza parlare, ma mostrando un’immagine. In altri casi si è insegnato a svolgere un lavoro in autonomia, come bagnare i fiori o copiare una relazione al computer».

Il percorso di Luca
Fra coloro che hanno partecipato al progetto c’è anche Maurizio Primavera, insegnante di sostegno dell’Iis «Ipc Manfredi – Itc Tanari» di Bologna, che da dieci anni lavora con i ragazzi autistici. E’ stato lui a seguire Luca. Dapprima ha lavorato sulla valutazione del caso seguendo il metodo Ttap. Insieme ai genitori ha valutato il caso specifico e fissato gli obiettivi da raggiungere. Poi hanno inserito gli obiettivi nel Pei (il Piano educativo individualizzato). Anzichè scrivere cose generiche come si fa di solito, hanno scritto che Luca avrebbe dovuto essere in grado di migliorare le abilità sociali, quindi salutare quando avesse incontrato una persona senza stritolare la mano, oppure riuscire a lavorare per un quarto d’ora per poi chiedere di riposare quando era stanco. Piccole cose, ma che gli avrebbero permesso di diventare più autonomo.
«A scuola abbiamo affiancato alle istruzioni verbali delle immagini in cui veniva rappresentata l’attività che volevamo facesse, scomposta in piccole azioni e disegnata o mostrata in foto. – racconta Maurizio Primavera – Anche per fargli passare la paura eccessiva dei cani abbiamo usato questo metodo, che è poi il metodo della Storia sociale, ed ha funzionato. Ora quando vede un cane si ferma, esita, ma non scappa, riesce a controllarsi».
Un piccolo passo avanti nella crescita di Luca che gli consente di avere un comportamento più adeguato.
«E’ stato faticoso, soprattutto quando c’è stato da monitorare l’attività, ma le soddisfazioni sono state tante. La prima sicuramente per il fatto che Luca ha imparato a fare cose che non credevamo sarebbe riuscito a fare. E poi c’è la soddisfazione professionale, perchè ho acquisito un bagaglio di conoscenze di cui colpevolmente non sentivo la necessità, ma che mi aiuterà anche nelle prossime esperienze con i ragazzi autistici. Nel futuro c’è il progetto da parte dell’Ufficio scolastico regionale per poter usare il metodo anche in autonomia, senza essere seguiti dalle educatrici. E per l’anno prossimo, soldi permettendo, si farà della formazione più approfondita sull’autismo e come gestirlo a scuola».