Le controragioni dello sciopero

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LE CONTRORAGIONI DELLO SCIOPERO

di Alessandro Basso

 

Lo scioperò si farà e sarà compatto, questo ormai lo sanno tutti. Ed è legittimo e legittimato, sgombriamo il campo da ogni interpretazione fuorviante sulla natura stessa dello strumento più “alto e moderno” in mano ai sindacati.

È stato proclamato contro il D.D.L. La Buona Scuola; a dire il vero, forse un po’ ingenuamente, non avrei creduto dopo il governo Berlusconi si potesse ripresentare una stagione di così alta contrapposizione nel mondo della scuola.

A qualche residuale unità di lettore, potrebbe addirittura venire in mente che qualsiasi proposta di cambiamento nella scuola venga messa in discussione dagli insegnanti, ma non è certo così: lo sciopero è finalizzato al cambiamento, all’innovazione, alla buona scuola, a mettersi al passo con l’Europa, all’ampliamento dell’offerta formativa, al potenziamento del tempo scuola, alla riforma degli organi collegiali, alla revisione dello stato giuridico dei docenti. Chi sciopererà, lo farà per questi motivi.

Non è scritto da nessuna parte? Poco importa.

Al momento, quello che si legge è la parola NO. No a prescindere, no al cambiamento, no al bene dei ragazzi.

Qualcuno pensa a loro? Poco importa se capita di aver un insegnante inadeguato, l’importante è che venga assunto, che nessuno lo possa licenziare, che possa prendere lo stipendio alla pari di tutti gli altri colleghi che lavorano decorosamente.

Qualche arguto commentatore postula che la scuola non è un comparto ministeriale, non abbiamo a che fare con i faldoni, ma con i ragazzi.

Non è forse per loro che dovremmo cercare, noi presidi sceriffi-ranger-sindaci-despoti, di fare in modo che quei (pochi, per fortuna) insegnanti poco preparati o maldisposti verso la professione possano andare altrove?

Trovino i sindacati un modo, assieme al governo, per non licenziarli e per preservare i loro diritti occupazionali, ma intanto non sarebbe bene toglierli dalla classe?

Si dirà: lo potete già fare…è vero, ma solo in parte: al momento, quello che possiamo fare, è spedirli in un’altra scuola, se siamo fortunati e sufficientemente tenaci perché presentino domanda di trasferimento, inseguendoli per i corridoi con i moduli in mano, con il rischio di essere denunciati per mobbing.

E il problema si sposta di scuola, altri ragazzi, altro preside, altri genitori, altre lettere, altre assemblee, altre proteste.

Il nostro potere è ampio: possiamo toglierli dalle classi più difficili e far espiare la colpa a quelle più tranquille, oppure possiamo fare in modo che, se insegnano lettere, non insegnino italiano ma solo geografia: cosa importa se geografia non la imparano, non è mica una materia fondamentale?

Siamo fortunati quando insegnano discipline secondarie: i genitori arrivano più tardi, è sufficiente che raccomandiamo loro di non esporsi troppo, che non combinino guai.

Con tutto il rispetto per il fattore occupazionale, che importanza ha se un collaboratore scolastico può far tutto meno che le pulizie? Le possono fare i colleghi. Il preside non si azzardi a spostarlo di scuola, non è mica un suo dovere (non diritto!), non è stato contrattato.

Questa è l’autonomia? Questo è il ruolo di garanti delle tre libertà costituzionali (libertà di insegnamento, libertà di scelta educativa della famiglia, diritto di apprendimento degli alunni) che la Legge ci assegna quando stipuliamo un contratto di qualifica dirigenziale?

Il primo passaggio necessario è capire cosa significa la parola dirigente. I colleghi sanno bene quali siano le attribuzioni e le responsabilità che dobbiamo affrontare quotidianamente, ma queste non contano: non conta che se cade il tetto della scuola e siamo noi a risponderne pur non essendo proprietari dei locali.

Non ha importanza ed è normale che le contravvenzioni amministrative siano in capo al dirigente, anche quando la pratica è affidata ai propri dipendenti (i colleghi penseranno alla multa per il ritardo oltre alle 48 per la denuncia di un infortunio all’Inail).

La dirigenza non è quello che viene presentato in questi giorni, da nessuna parte nel DDL si parla di presidi sceriffi.

Quello che il governo sta facendo è completare un passaggio riformistico iniziato negli anni Novanta.

Si tratta di regolamentare, anzi regolare, ciò che avviene in tutte le amministrazioni pubbliche, senza tirare in ballo il mondo del privato (vige una legge dello stato che prevede la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, privatizzazione che ha attivato la contrattazione e, quindi, ha dato maggiore peso ai sindacati).

È facile pensare che questi discorsi siano frutto di una pensiero della categoria, ma è altrettanto vero il contrario, che nelle categorie altre, vi è la precisa volontà di far rimanere le cose come stanno, anzi possibilmente, tornare indietro.

La riforma della governance della scuola, quella che ci porta a votare per il CSPI martedì 28 p.v., non nasce da una riforma degli organi collegiali del 1999 e mai attuata? Possiamo lasciare gli organi collegiali come stanno? Quanti genitori si presentano a votare nelle vostre scuole per eleggere le loro rappresentanze?

Con questo, non si vuole certo dire che si debbano cancellare le forme di democrazia nella scuola, ma i tempi sono cambiati ed è necessario rivedere le attribuzioni di tutti gli organi, a partire dalla dirigenza, ovviamente, in quanto, piaccia o no, al momento ai vertici di una scuola è preposto un soggetto con funzioni dirigenziali.

Altrimenti, è meglio tornare ai direttori didattici, così come potremmo tornare al grembiule nero delle maestre e magari a scrivere con il pennino.

Ci sarà chi sciopererà per solidarietà con i colleghi precari, sempre legittimamente. Nel DDL non si parla di assumere più di 100.000 docenti? È un dovere farlo, sia per assecondare la giustizia europea sia per il dovere morale di porre fine a questo scempio di proliferazione di precari, che hanno scuramente il diritto di trovare pace. Poi si vedrà come impiegarli, intanto assumiamoli, il contrario non si poteva fare, ma pazienza.

Non sia mai che i ragazzi delle superiori lavorino d’estate, imparino un mestiere, facciano l’alternanza scuola-lavoro: sfruttamento!

Non va bene l’organico funzionale, vuoi mai che i dirigenti utilizzino i docenti per sostituire i docenti assenti e non si crei nuovo precariato; è troppo ardito pensare che un dirigente scelga la propria squadra e valorizzi le persone che assieme a lui stanno a scuola 12 ore al giorno: meglio i collaboratori scelti dal collegio dei docenti, o addirittura i presidi scelti dal collegio che, al primo atto gestionale impopolare possa riunirsi e rovesciare il vertice.

Il dado, però, è ormai tratto. Lo sciopero è avviato e pare sia destinato ad aver un buon successo e tutti i NO si sono concentrati contro i presidi. È un caso che sia stata individuata la data delle prove Invalsi, una esempio di serietà, di professionalità e di buona scuola.

Il Governo mi auguro abbia il coraggio di andare avanti e dimostrare di essere credibile, che abbia il coraggio di ascoltare le parti, di sedersi al tavolo con quelle che vogliono costruire qualcosa e che in qualche modo dicano qualche “si” e non tutti “no”.