Muovonsi opachi

Muovonsi opachi

di Stefano Stefanel

        L’oggettiva confusione che regna attorno al DDL “La Buona Scuola” è aumentata dagli oltre 2.000 emendamenti presentati, che dimostrano la debolezza di una democrazia parlamentare che si fonda sul cavillo e che non riesce a lavorare in forma sintetica e incisiva su un testo. I contestatori del DDL animano la piazza con dichiarazioni a difesa della Costituzione e della Democrazia e insulti neppure tanto sottintesi verso i dirigenti scolastici che testimoniano solo molta prepotenza e un’idea di scuola vecchia e in cui comanda chi urla di più. Dato che le norme non li aiutano chiedono che a decidere sia la piazza, anche su argomenti così complessi e difficili come quelli introdotti dal DDL. Poi ci sono gli insegnanti che vanno all’incontro col Ministro muniti di pentole per non farla parlare e che vengono anche difesi, visto che stanno dentro la logica secondo cui chi urla ha sempre ragione.

I difensori del DDL di parte PD stanno creando una bella confusione che mostra molta improvvisazione e non poca approssimazione. Il Ministro Giannini ha detto ha detto che alla fine del contratto come dirigenti si torna ad insegnare, scambiando la dirigenza scolastica per il rettorato. O il Ministro non sa che noi dirigenti non abbiamo più il ruolo docente e quindi se non facciamo più i dirigenti o lo stato ci trova un altro lavoro o ci manda via, oppure pensa che una volta finito il contratto riprendiamo a fare le supplenze brevi e torniamo nel precariato (magari alle soglie della pensione). In un primo momento sembrava che i dirigenti dovessero assumere tutti, poi che non possano nemmeno scegliersi i collaboratori più stretti; in un primo momento facevano tutto da soli, poi faranno tutto gli organi collegiali; nella prima stesura davano premi ai docenti, adesso pare che faranno parte di un comitato di valutazione. Insomma se gli affossatori del DDL urlano e minacciano i difensori farfugliano. E il caos regna sovrano non permettendo di capire cosa si sta decidendo.

Il giovane e focoso collega Alessandro Basso (enfant prodige della scuola friulana) in un bell’articolo apparso su www.edscuola.it (Le contro ragioni dello sciopero, 26 aprile 2015) espone i termini del problema con leggerezza e moderato sarcasmo. In realtà siamo messi come dice lui, dentro un processo molto confuso e pieno di sole incertezze. Basso parla dal punto di vista dirigenziale, che lui sposa completamente, ma credo che questo punto di vista sia debolissimo e, infatti, verrà spazzato via con un paio di emendamenti che possono ribaltare il senso stesso del DDL. A mio modo di vedere la posizione complessiva dei dirigenti scolastico è molto indebolita da due questioni di base:

  • la loro mancata valutazione;
  • la loro sindacalizzazione.

I dirigenti scolastici che devono essere valutati per legge non sono mai stati valutati. Questo vulnus non si può eliminare semplicemente ribaltando tutto sulla valutazione dei docenti. Pur non valutati i dirigenti scolastici rispondono dei risultati del servizio, ma questo pare non interessare nessuno, anche quando si finisce in tribunale per soffitti che cadono o docenti che non sorvegliano. La differenza tra valutazione e responsabilità (dei risultati del servizio) è ampia, ma tutta a sfavore dei risultati del servizio, che sono quelli che ti possono far pagare di tasca tua e darti anche problemi di tipo penale per mancanze che sono di altri (soffitto che cade). La categoria ha una grande colpa nell’essersi nascosta dietro garantismi sindacali e non pretendendo con forza una valutazione anche unilaterale che l’avrebbe fortemente rafforzata. D’altronde è evidente che se il dirigente scolastico non vuole farsi valutare da un soggetto unico (ispettore o direttore generale che sia) in forma non estremamente garantita, per quale motivo un milione di persone dovrebbero volere farsi valutare da 5.000 dirigenti che non sono valutati.

La responsabilità dei risultati del servizio è una cosa molto pericolosa, gravosa e complessa, anche perché ognuno di noi è chiamato a rispondere del lavoro (e del non lavoro) degli altri. Quando gli insegnanti si assentano i genitori se la prendono con noi, non con l’assente. Quando un insegnante è ignorante, nocivo e spesso anche cattivo si chiede al dirigente di intervenire, anche se poi troppi sono a favore della non licenziabilità del dipendente pubblico. La categoria non è mai riuscita a spiegare la propria professione, anche perché si è arroccata dentro un vezzo linguistico. Gli piace continuare a farsi chiamare “Preside” e vorrebbe però venir equiparata ai dirigenti. La questione non è solo nominale: il DDL “La Buona Scuola” nella sua prima stesura prendeva sul serio la questione dirigenziale e dotava i dirigenti scolastici di poteri ritenuti quasi unanimemente abnormi. Tutta l’opinione pubblica pensa che in Italia a capo delle scuole ci siano Presidi, non dirigenti. E quindi per quale motivo si dovrebbero accettare competenze eminentemente dirigenziali quando tutti ritengono che siamo Presidi, cioè in assoluta continuità con la direzione degli istituti prima dell’autonomia?

Dentro questo meccanismo linguistico autodistruttivo si colloca la sindacalizzazione della categoria, che difende i suoi diritti di lavoratore così come fanno le altre categorie. Se i dirigenti difendono se stessi dalla valutazione (la contrattualizzazione della metodologia valutativa con la sua rigidità rimane l’elemento più certo dell’impossibilità di una valutazione del dirigente scolastico) come possono supporre che altrettanto non facciano gli insegnanti o gli ata? E la difesa non ha molte regole sostanziali, fatte salve quelle formali. L’aver collegato lo sciopero più consistente con le prove Invalsi testimonia solo che la scuola italiana vuole rendere pubblico e chiaro il concetto che nessuno la deve valutare dall’esterno e che dall’interno la valutazione sarà solo garanzia di uniformità e appiattimento.

I giovani dirigenti come Basso devono prendere atto che la foga contro la valutazione porta ad un oggettiva contrasto contro la dirigenza scolastica vista come controparte garantita non legittimata a valutare alcunché perché terza rispetto alla scuola e alle classi. Il dirigente per sua natura e per mandato normativo deve controllare il sistema, il Preside deve solo prendere atto di quello che il sistema vuole (Miur, Provveditorati, Organi collegiali, ecc.). D’altronde le oscillazioni di chi la legge la sta approvando sono sotto gli occhi di tutti: ieri si diceva che avremmo assunto tutti come i manager privati, oggi si dice che dobbiamo solo confrontarci con Collegio docenti e Consiglio d’Istituto, luoghi in cui si media molto e su cambia il meno possibile. D’altronde se lo Stato non è capace di decidere cosa vuole che facciano i capi d’istituto perché si pensa di fermare con argomentazioni confuse e ondivaghe coloro che ritengono che i capi d’istituto non debbano decidere un bel niente. Se poi anche persone di grande valore come Maurizio Tiriticco sposano la piazza contro dirigenti e Invalsi direi che le speranze di farci capire sono molto poche.

Trovatemi un dirigente finito sotto processo perché è caduto un tetto, perché un bambino ne ha ferito un altro, perché un’assunzione era sbagliata, perché non c’è stata sorveglianza in una classe ecc. che sia stato difeso (anche solo con una lettera di solidarietà) dai suoi insegnanti. Non lo trovare perché non c’è: i rapporti possono essere buonissimi (i miei per fortuna lo sono), ma scambiare questi rapporti per una reale adesione al ruolo dirigenziale ce ne corre. Noi non ci facciamo valutare come i docenti e ci facciamo proteggere dai sindacati come i docenti: di cosa ci lamentiamo allora quando viene scatenato un putiferio mediatico e piazzaiolo per non far cambiare nulla e far rimanere la scuola nell’immobilismo più assoluto?

Tutti i sistemi scolastici di vertice dell’area Ocse hanno capito bisogna dare alle scuole maggiore autonomia, responsabilità e valutazione: l’unico modo per farlo è trattare i dirigenti da dirigenti oppure farli ritornare Presidi. Il caos attuale aiuta solo chi urla di più e chi vuole mantenere tutto invariato. Il DDL partiva con l’idea che il sistema dovesse essere governato dai dirigenti: ma questa idea non è piaciuta a nessuno. Spostando l’asse sugli Organi collegiali vedremo cosa succede. Ma magari anche diciamo una volta per tutte: abbiamo scritto che le scuole sono dirette da dirigenti, ma non volevamo dire quello, volevamo solo dare un nome diverso al Preside.