Giannini-sindacati, fumata nera

da ItaliaOggi

Giannini-sindacati, fumata nera

Riforma, genitori e studenti fuori dal comitato di valutazione. Le sigle: non basta, sarà sciopero

Alessandra Ricciardi

Nessun passo indietro sulla platea dei docenti precari che saranno stabilizzati a settembre e neanche sui poteri dei dirigenti scolastici di nomina degli insegnanti. Unica apertura sulla composizione del comitato di valutazione, da cui potrebbero saltare il rappresentate dei genitori e degli studenti. Un’apertura sulla riforma della scuola, quella giunta ieri dal ministro dell’istruzione, Stefania Giannini, che assolutamente non soddisfa i sindacati. Le sigle, dopo il vertice al Miur, hanno confermato lo sciopero di un’ora per le prime due giornate di scrutinio. Che i no della Giannini si inseriscano in una strategia del governo, per non mollare subito e apportare qualche limatura ulteriore al senato, o che invece rappresentino la posizione ultimativa lo si vedrà la prossima settimana. La commissione cultura del senato farà consultazioni già in questi giorni pre elettorali. Poi lunedì prossimo il primo step: il deposito degli emendamenti. Bolla l’incontro come «unilaterale» Marco Paolo Nigi, segretario Snals-Confsal, che aggiunge: «Non possiamo che confermare tutta la mobilitazione e le azioni in campo». È «semplicemente surreale» per il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, «il ministro ci ha convocato per ribadire che l’impianto resta quello e se resta quello per noi è inaccettabile». Concorda il coordinatore di Gilda degli insegnanti, Rino Di Meglio: «È evidente che non ci sono margini di trattativa». Il segretario generale della Uil scuola, Massimo Di Menna, spiega: «L’unica disponibilità ad approfondire, ed è tutta da verificare, è stata mostrata sulla questione della valutazione e cioè sulla composizione del comitato. Veramente poco rispetto alle richieste che abbiamo fatto». Dice Francesco Scrima, segretario Cisl scuola: «Per i precari, puntano tutto sul concorso senza accogliere le richieste di chi da anni lavora nella scuola e ha conseguito un’abilitazione. E sul potere dei presidi, il ministro Giannini ritiene che le competenze previste nel ddl siano indispensabili al governo della scuola. In questo modo, l’inizio del prossimo anno scolastico sarà all’insegna del caos».

La replica è affidata ad Andrea Marcucci, presidente pd della commissione cultura del senato: «Il governo Renzi ha detto che il ddl scuola non è prendere o lasciare. Lo stesso principio dovrebbe valere anche per i sindacati». Di tutt’altro avviso un altro esponente del Pd, Stefano Fassina: «Il governo continua a far finta di dialogare con il mondo della scuola. Come si fa a non capire che non può funzionare un intervento che non è condiviso dalla stragrande maggioranza di coloro che lo dovrebbero far vivere quotidianamente?». Posizione condivisa da Michele Emiliano, candidato del centrosinistra a governatore della Puglia. «Ho chiesto il ritiro del ddl scuola…C’è uno strano rapporto tra me e Matteo Renzi. Io prendo mazzate da tutte le parti. Faccio arrabbiare Renzi quando dico che sulla scuola stiamo spingendo in maniera smisurata senza ragione. Poi i nostri elettori ci dicono che sono al tal punto incavolati con il governo che non voteranno per me». Anche le regionali stanno mettendo a dura prova l’identità del Pd.