Francesco Munzi, Anime nere

Francesco Munzi “Anime nere”

di Mario Coviello

 

anime_nere1Al Teatro Olimpico di Roma il 12 giugno è andata in scena la 59sima edizione dei David di Donatello. A trionfare è Anime nere di Francesco Munzi, storia cupa di camorra che conquista nove premi. Passato in concorso a Venezia 71, batte Nanni Moretti (Mia madre), Mario Martone (Il giovane favoloso) Saverio Costanzo (Hungry Hearts), Ermanno Olmi (Torneranno i prati). Dopo il successo internazionale della serie tv Gomorra, tratta dal romanzo di Saviano, che è stata venduta in 106 paesi, mi chiedo: fa bene all’Italia che sta uscendo faticosamente da una crisi così grave presentarsi al mondo con vicende di drangheta e camorra ? E perché il David che è il premio più ambito per i cineasti italiani riconosce questo cinema così ostico, difficile e lo preferisce a Moretti che racconta della morte della madre, a Martone che canta Leopardi, a Costanzo che parla di una madre difficile e urticante?

“Anime nere” è la storia di Luciano, Rocco e Luigi tre fratelli che sono tre aspetti di come la malavita organizzata, in questo caso quella calabrese, possa attecchire in maniera differente. Luciano, il maggiore, si illude di poter sfuggire al destino che macchia la famiglia dal giorno in cui il padre fu ucciso per una vendetta trasversale, e vive tra le sue capre, in Aspromonte. Proprio lui che è rimasto nella terra dove il crimine sembra non lasciare scampo, tenta l’esclusione dalle logiche del crimine stesso a cui il fratello minore, Luigi , aderisce con l’attività di narcotrafficante, mentre Rocco,apparentemente distaccato, a Milano è un’ imprenditore edile che ricicla il denaro sporco del fratello.

Questo il prologo. Si, perchè “Anime nere” può essere considerato una moderna tragedia sofoclea, in cui il libero arbitrio viene soffocato da un destino ineluttabile.

anime_nere2Eddy Skin del film ha scritto : “Io non sapevo come fosse Africo. Sapevo che esisteva un paese di nome Africo, sapevo che fosse in Calabria. Ma non ne conoscevo il cielo livido, le case con i mattoni a vista, le opere pubbliche fuori scale, le strade come mulattiere, non conoscevo le capre con le corna, la chiesa di cemento in mezzo al paese. Io non sapevo che dialetto si parlasse ad Africo, avrei immaginato un calabrese caricaturale con tutte le t aspirate, non ne conoscevo la parlata chiusa, tra le vocali del salentino e la sintesi espressiva del siciliano. Con Anime nere ho viaggiato in un luogo dove non avrei messo piede, e mai avrei immaginato….Anime nere mi ha portato ad Africo, mi ha fatto sentire il freddo della notte aspromontina, mi ha fatto attraversare strade che non avrei mai pensato di percorrere….
Anime nere non racconta solo una tragedia familiare, ma anche un modo di pensare, un dramma generazionale tra l’equilibrio raggiunto dai padri e il nichilismo del giovane cresciuto con quel disperato bisogno di identità che finirà di compromettere ogni difficile, faticoso, labile equilibrio. Nella scelta suicida di Leo ho riletto non solo l’incomprensibile scelta dei giovani jihadisti britannici che vanno a uccidere e morire in Iraq, ma anche le mille violenze urbane di giovani uomini e donne che vogliono tutto, e lo vogliono subito, e non capiscono perchè altri hanno ciò a cui loro devono rinunciare, e tutto distruggono per affermare il loro solo desiderio di esistere. Munzi non dà lezioni, pare quasi che finga di sospendere il giudizio, il suo punto di vista appare neutrale e rispettoso per un mondo atavico ma non primordiale, capace di attendere, e non a caso destinato alla dannazione quando l’urgenza di velocità del moderno contamina il più giovane e il più debole della famiglia. Un film, poi, ho l’abitudine di giudicarlo davvero il giorno dopo, quando vai a dormire e pensi al film, quando con gli amici che erano con te parli del film. E Anime nere dura molto di più delle due ore di proiezione. Perchè di Calabria, di Aspromonte, di Africo si parla, ma le Anime nere di Francesco Munzi sono universali.”