«Le scuole religiose ora paghino l’Ici»

da Corriere della sera

«Le scuole religiose ora paghino l’Ici»

Mimmo Pantaleo, segretario generale Cgil Scuola: È una sentenza che finalmente ripristina una condizione di giustizia fiscale

Allarme nel mondo cattolico: la Cassazione ha accolto un ricorso del Comune di Livorno e stabilito che pure le scuole religiose devono pagare l’Ici poiché non sono attività che possono godere dell’esenzione.
LIVORNO Il conto da pagare al Comune è salato e le suore degli istituti Immacolata e Santo Spirito di Livorno hanno già chiesto una dilazione in «comode rate» per almeno una ventina di anni. Già, perché i 422.178 euro di Ici, dovuti all’amministrazione municipale dal 2004 al 2009, non si possono sborsare tutti in una volta, pena, dicono le religiose, la chiusura delle due scuole paritarie (materne, elementari e medie), ma allo stesso tempo le sentenze della Cassazione devono essere rispettate. E quella appena pubblicata dalla Suprema Corte, la prima su questo argomento, non è soltanto destinata a fare giurisdizione ma anche e soprattutto a rivoluzionare il rapporto tra scuole private, religiose e non, e Terzo settore in generale.
La Cassazione ha stabilito che l’eventuale esenzione della tassa è «limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione e di culto indicate dalla legge del 1985». Ed in essa «non rientra l’esercizio di attività sanitarie, ricettive o didattiche, salvo non sia dimostrato specificamente che le stesse non siano svolte con modalità non commerciali». Neppure il «non a fine di lucro» può bastare per non pagare «perché anche un imprenditore può operare in perdita».
Una sentenza sorprendente? «Certamente incongrua — spiega il professor Emanuele Rossi, ordinario di Diritto costituzionale alla Scuola Superiore di studi universitari Sant’Anna di Pisa e già esperto governativo per il terzo settore — perché analizza soltanto la natura commerciale delle scuole paritarie e non lo scopo educativo, il loro fine no profit, la valenza sociale.
È come mettere sullo stesso piano una mensa caritatevole e un ristorante alla moda. Certamente sarà una sentenza che farà giurisdizione e provocherà grossi problemi ad associazioni ed enti no profit, religiosi e laici».
Il Comune di Livorno, che ha vinto la causa, è soddisfatto. «Sapevamo sin dall’inizio di essere dalla parte della ragione — spiega il vice sindaco Stella Sorgente (M5S) — e avevamo chiesto una conciliazione che però è stata rifiutata. I due istituti religiosi avrebbero pagato in tutto 150 mila euro. Le suore si sono rivolte ai loro ordini che non hanno accettato. Peccato».
Adesso la sentenza sul caso Livorno potrebbe provocare una reazione a catena. Nel mirino dell’ex Ici, oggi assorbita dall’Imu, ci sono molte delle 13 mila scuole paritarie italiane frequentate ogni anno da un milione di studenti.
Preoccupato don Francesco Macrì, presidente della Fidae (Federazione Istituti di attività educative), che parla di una sentenza «che lascia interdetti, perché costringerà le scuole paritarie a chiudere». E altri giudizi negativi arrivano dal mondo politico di estrazione cattolica, ma anche dal volontariato.
Giudizi positivi arrivano invece da Mimmo Pantaleo, segretario generale Cgil Scuola: «È una sentenza che finalmente ripristina una condizione di giustizia fiscale — spiega il sindacalista —. Anche una Scuola partitaria è infatti un’attività commerciale perché si pagano le rette. Scuole private penalizzate? Assolutamente no, semmai sono state troppo agevolate dall’ultima legge del governo con sgravi e altri benefit».
Marco Gasperetti