Z. Bauman – E. Mauro, Babel

Una conversazione di alto profilo sulla babele del mondo contemporaneo

di Maurizio Tiriticco

 

Zygmunt Bauman, Ezio Mauro, Babel, Laterza, Bari, 2015, pp. 166, € 16,00

“Un tempo, in alcuni regimi, bisognava difendere l’autonomia dell’individuo davanti alla totalità pervasiva del sistema che lo annullava. Oggi bisogna dare un valore alla solitudine del singolo, renderla intelligente, consapevole: anche in questo caso autonoma, sia pure per un processo inverso. Conservare la libertà di scegliere significa tenere aperte opzioni diverse, cioè lo spazio dell’azione, dell’azione politica. Il problema sembra addirittura fisico, è invece culturale” (p. 152).

 

babelIl volume raccoglie una lunga, articolata e documentata conversazione sui problemi del mondo contemporaneo tra un autorevole “lettore” della società di oggi e un giornalista di alto profilo. Il focus è la complessa fenomenologia di un mondo che nel giro di qualche decennio ha subito mutamenti radicali nell’economia, nella politica, nei comportamenti di ciascuno di noi, e soprattutto nei processi di comunicazione.

Il processo di globalizzazione e tutti quei fenomeni che rendono la nostra società sempre più “liquida” non solo sembrano essere irreversibili, ma subiscono giorno dopo giorno sempre più sensibili accelerazioni. In effetti sono le stesse coordinate spazio/temporali, su cui si intrecciano da sempre le relazioni interpersonali, a subire profonde modifiche, le quali si ripercuotono sui campi di comunicazione e sui comportamenti. E’ ozioso alludere ai cellulari e ai social network, che costituiscono i terminali tecnologici di un sistema di relazioni assolutamente nuovo. Ciò che conta e che costituisce spunti di analisi interessanti nella conversazione di Babel è l’insieme delle profonde ricadute che i sempre più veloci cambiamenti a livello planetario impongono sull’economia, sul lavoro, sulla politica, sui modi stessi di pensare e di essere – soprattutto di essere – di noi tutti, cittadini del terzo millennio.

L’accelerazione sempre più intensa delle comunicazioni fisiche – i trasporti – e delle informazioni sta modificando profondamente le coordinate stesse dello spazio e del tempo e della percezione che ciascuno di noi ne ha. E’ come se fossimo “schiacciati” su uno spazio sempre più piccolo e su un tempo sempre più ravvicinato. Il “lontano” non sembra più esistere e il futuro è letteralmente schiacciato su di un presente che sembra ignorare lo stesso passato.

Quando Romolo tracciava il solco a due passi dal Tevere ignorava l’esistenza stessa di un Po e il futuro del suo regno era legato al volo augurale di dodici avvoltoi. Il gruppo degli allevatori e degli agricoltori delle origini della nostra storia viveva e operava nel suo piccolo spazio, e nel tempo si scandivano le regole dei comportamenti che garantivano la coesione e la continuità del gruppo. La trasmissione costante e continua delle leggende – era il ruolo delle mamme e delle nonne – e il culto degli antenati garantivano l’identità e la coesione del gruppo, il suo presente e il suo futuro: un piccolo spazio, ma un tempo estremamente dilatato. Oggi il grande gruppo planetario non conosce più confini e limiti spaziali, ma il tempo si restringe al semplice succedersi delle giornate. Non c’è passato e il futuro è solo quello del giorno dopo. E troppo spesso l’Ecstasy lo suggella per sempre.

E’ una fenomenologia assolutamente nuova e complessa, nella quale e per la quale si allentano anche i vincoli che in genere sono, anzi, erano dati dalla necessità dello “stare” insieme” e insieme garantire la sopravvivenza e il futuro del gruppo.

E le funzioni stesse della comunicazione interpersonale subiscono profonde modifiche. Jakobson ci ha insegnato che le funzioni del comunicare sono sei, che qui non è il caso di ricordare, ma… solo una, purtroppo, è oggi quella dominante, quella fàtica: si ha quando ci si preoccupa soltanto che l’interlocutore ci sia, qualsiasi cosa si dica o si ascolti! L’importante è esserci, inviare e ricevere messaggini a iosa, faccette e altri emoticon, marcare il territorio, possiamo dire. Di qui le centinaia di “amici” sempre nuovi, come scalpi da aggiungere alla propria cintura. Gli oggetti del comunicare diventano sempre più poveri, ma i soggetti che comunicano sul nulla e di nulla sono sempre più numerosi.

In parallelo si va sempre più perdendo la dimensione sociale dello stare insieme e del comunicare; si allenta lo spirito pubblico e si logora la stessa democrazia. Il numero sempre più basso di votanti – fenomeno non solo italiano – è indicativo di un ripiegarsi di ciascuno sul proprio Io. “In questo strappo del patto tra Stato e cittadino c’è una condanna, come se la democrazia fosse una forma temporale della costruzione umana e non riuscisse a governare il nuovo secolo appena incominciato, arenata nel Novecento” (p. 19). Questa instabilità politica e sociale si coniuga con un’altra instabilità, che riguarda il lavoro.

“In passato i lavoratori potevano combattere con un minimo di successo contro gli attacchi dei capitali fissi al loro standard di vita; oggi sono del tutto disarmati di fronte a ‘investitori’ straordinariamente mobili, ondeggianti, capricciosi, inquieti e imprevedibili, continuamente a caccia di più alti profitti e pronti a volare dove la pubblicità fa intravedere fugaci opportunità favorevoli”. Così, assistiamo impotenti a un costante e progressivo logorio dei rapporti sociali e, purtroppo, anche di quelli interpersonali. A valori che si stanno perdendo non corrispondono valori nuovi. E il futuro ci si presenta sempre più liquido, stando all’ultima pubblicazione di Bauman, “Il futuro liquido”, edito da Feltrinelli.

Concludendo, Babel è un libro molto molto amaro: “Viviamo in mare aperto, sotto l’onda continua, senza un punto fermo che misuri il peso e la distanza delle cose” (risvolto di copertina). Forse può fargli da controcanto l’ultimo libro di Edgar Morin, “Insegnare a vivere, manifesto per cambiare l’educazione”, Raffaello Cortina, 2014. Ma in un mondo liquido o che si sta liquefacendo, è possibile un rilancio dell’educazione? Come se questa potesse essere immune dall’assalto della marea liquida? Chissà!

Il volume lascia il lettore abbastanza sconcertato. Possibile che anche la politica sia essa stessa soggetto di liquidità? Le recenti vicende di una Grecia al tappeto in effetti non sono confortanti. Sono un fenomeno a sé, oppure una pericolosa linea di tendenza? Una deriva dalla quale nessuno potrà uscire?

Il libro che ho letto è veramente sconcertante. Le seguenti osservazioni di Ezio Mauro, a mio vedere, costituiscono il senso e il significato dell’intero volume: “Siamo arrivati a Mefistofele: la parola prende completamente il posto del pensiero. In realtà anche la parola viene sempre più spesso ridotta a segno, o almeno a segnale: pensa all’abuso di acronimi. Se ieri il medium era il messaggio, ora il medium può fare a meno del messaggio. I ragazzi si scambiano col cellulare segnali vuoti per salutare, sollecitare, confermare, e l’impulso riassume definitivamente la parola e il vuoto, sostituendoli. D’altra parte, se la tua identità è quella di un punto in una rete e il tuo sistema è fatto a nodi, la questione vitale diventa quella di pulsare, partecipare al grande battito più che al vecchio dibattito, non perdere il ritmo, non uscire dal cerchio. Sentire è necessario più che capire, è una facoltà e non uno sforzo. Al centro della rete – ognuno è al centro e alla periferia del web – io vivo connesso alle emozioni altrui, alle sensazioni degli amici, alle reazioni di sconosciuti, alle informazioni del flusso, alle selezioni prodotte dai social network, alla ‘folla delle impressioni vaganti e volatili’, come dici tu. Io sento, dunque sono. Io sono in rete, dunque sento” (p. 117).

E’ il rovesciamento del “cogito” cartesiano! Dall’affermazione del Sé al suo rovinoso declino…

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