L. De Crescenzo, Stammi felice

“Statti felice”

di Luigi Manfrecola

  Non è il solito De Crescenzo, ma ne vale comunque la pena. L’arguzia divertita è quella sua solita, la battuta bruciante ed autoironica è presente come sempre, la saggezza bonaria ti incanta ancora col vigore della sintesi bozzettistica. L’umanità calorosa, saggia e lenta dello scrittore-poeta ti seduce ancora. E tuttavia avverti una certa fatica, una stanchezza ed una frettolosità addebitabile agli anni, ma che tuttavia il “mestiere” riesce a camuffare.

E’ un libricino godibile quello dato alle stampe recentemente dal mio conterraneo che, negli anni, ha saputo divenire l’immagine della Napoli più vera , testimone di una “cultura” non paludata e noiosa ma capace di una profondità e di una levità sorprendente, capace di attrarre i non addetti ai lavori anche quando si è accostata ai Maestri del pensiero. L’ha fatto con umiltà e modestia, senza pretese, ma con una efficacia comunicativa e divulgativa che nessuno mai aveva ottenuto. E’ evidente che questo non può bastare ai barbosi cultori della materia se non posseggono quella napoletanità dissacrante che sa avvicinarti al mondo ed alla grandezza di alcuni suoi figli con uno sguardo disincantato ed ironico. Quella stessa grandezza che fu di un Vico o di un Croce, maestri del Pensiero inarrivabili oppure di un De Filippo o di un Viviani quali sociologi e poeti insuperabili. Non a caso, alla grandezza di Eduardo ho infatti in animo di dedicare molti dei miei futuri spazi di riflessione.

Allora, purché non si immagini di trovarvi quello che non può né deve esserci, consiglio a tutti gli amici la lettura della rapidissima ed ultima fatica dell’Ingegnere che discute di “Felicità” immaginando un simposio con convitati degni di considerazione : da Socrate a Platone, passando per Nietzsche e per Schopenhauer. Chiaramente il nocciolo del messaggio dei filosofi è solo sfiorato per divenire pretesto di arguto commento , ma tanto può bastarci.

Due sono le ragioni principali da cui muove questo mio invito. La prima si lega all’esigenza di riscoprire quella speranza di felicità che questi tempi sventurati rischiano di minare. La seconda, molto più banale, si lega alla forza di una citazione che intendo già qui riportare per coloro che il libricino non vorranno comprarlo. A pagina 44 lo scrittore afferma :

“Volete sapere cos’è realmente una “bella catastrofe”?E’ un terremoto che non ammazza nessuno e fa riscoprire il senso delle cose. Volete sapere cosa è la NAPOLETANITA’? Secondo me è la capacità di riuscire a scoprire il senso delle cose senza aver bisogno di un terremoto.