Quanta ignoranza trasuda dalla legge 107

Quanta ignoranza trasuda dalla legge 107

di Enrico Maranzana

 

La finalità della legge di riforma del servizio scolastico è enunciata nei commi iniziali: “Il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza”, deriva da “l’innalzamento dei livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti .. per realizzare una scuola aperta, quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica”.

 

Se ne focalizzino i nuclei portanti:

  • L’odierna società della conoscenza si caratterizza per
  • La velocità di crescita del sapere che evolve per ristrutturazioni e non per accumulazione;
  • L’aumento della dimensione dei problemi che conduce alla levitazione della relativa complessità;
  • Il superamento del lavoro individuale con l’introduzione di processi di scomposizione del compito e con l’individuazione dei soggetti cui affidare i sottoproblemi individuati;
  • L’aggregazione dei saperi intorno a problemi, non alle discipline;
  • L’annullamento dello spazio: il mondo è un villaggio;
  • La cultura informatica che si sostanzia nella modellazione, nella descrizione e nel controllo di processi, nel testing.

 

  • Competenze
  • Le competenze sono i comportamenti che esibiscono le persone quando affrontano un compito.
  • Le competenze rendono visibili capacità, abilità e conoscenze.
  • Le competenze, essendo comportamenti, non possono essere insegnate: si promuovono con l’esercizio.
  • Laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica
  • La finalizzazione del sistema scolastico “all’innalzamento dei livelli d’istruzione e di competenza” implica la dilatazione del significato di “conoscenza”.
  • Conoscere, quando la società era statica, corrispondeva al possesso e all’articolazione della struttura concettuale delle discipline.
  • In una società dinamica e complessa, in cui la scuola mira a promuovere competenze, in cui il sapere è funzionale al loro sviluppo, è essenziale valorizzare l’aspetto vitale delle discipline. Queste sono da concepire come folletti che saltellano per il mondo: le tracce che lasciano sono gli inerti argomenti disciplinari. Il loro spirito vitale risiede nell’energia, nella curiosità, nella determinazione e nella vivacità del loro carattere: quale meraviglia manifestano quando percepiscono nuovi problemi, quanta attenzione dimostrano quando ne circoscrivono l’ambito. E che dire della loro precisione nello scavare per trovarne soluzioni, dei trilli di gioia che accompagnano la cattura di nuove questioni.

 

I documenti di riordino della scuola elaborati dal Miur nel 2010 fanno propria tale visione. Il profilo culturale, educativo e professionale dei licei, ad esempio, “fissano alcuni punti fondamentali e imprescindibili che solo la pratica didattica è in grado di integrare e sviluppare”. Tra questi “la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari”, “lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica”.

 

 

In questo quadro è da collocare l’ipotesi operativa indicata dalla legge 107 per “perseguire la piena realizzazione del curricolo della scuola .. mediante le forme di flessibilità dell’autonomia didattica e organizzativa .. in particolare attraverso”:

  1. L’articolazione modulare del monte orario annuale di ciascuna disciplina, ivi compresi attività e insegnamenti interdisciplinari;
  2. Il potenziamento del tempo scolastico anche oltre i modelli e i quadri orari, nei limiti della dotazione organica dell’autonomia di cui al comma 5, tenuto conto delle scelte degli studenti e delle famiglie;
  3. La programmazione plurisettimanale e flessibile dell’orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline, anche mediante l’articolazione del gruppo della classe”.

 

L’assenza di sensibilità e la mancanza d’attenzione per le problematiche formative e per le dinamiche educative sono sufficienti per soppesare, senza l’ausilio di commenti, la validità del modus operandi formulato dal legislatore.


La finalità del sistema scolastico è enunciata nel comma d’apertura della legge 107/15: “Per affermare il ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza e innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento, per ..”.

 

Istruzione [Treccani.it]: termine sotto il quale si è soliti comprendere tre significati distinti:

  1. Una serie di attività volte a far apprendere un insieme coordinato di conoscenze;
  2. Il risultato riscontrabile nel soggetto dell’insegnamento a lui impartito;
  3. L’insegnamento istituzionalizzato entro strutture scolastiche ed extrascolastiche.

La ratio del comma d’apertura fa coincidere il significato di “istruzione” col punto 2).

 

Competenza Termine non primitivo: descrive il comportamento di un soggetto che affronta un compito.

Le sue componenti elementari sono

  1. “la conoscenza” che costituisce l’ambito operativo;
  2. “le capacità e le abilità”, qualità individuali percepibili attraverso l’osservazione del percorso risolutivo.

 

Il testo del comma della legge esige l’elisione dei punti 1) e 3) e la scelta del campo semantico che i due termini condividono: più esteso quello di “competenza” per la presenza di aspetti legati a qualità umane. Una considerazione che il legislatore non è stato in grado di cogliere perché il significato di “competenza” gli è sconosciuto. Carenza comprovata dal comma 7 della legge che elenca gli obiettivi formativi prioritari: il 53% dei traguardi non ha la natura di “competenza”.

Un’anomalia che ha condotto alla banalizzazione di “innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti”: l’espressione “competenza” è stata fagocitata da “istruzione” che, in conformità al senso comune, è stata fatta corrispondere, specularmente, a “insegnamento”.

L’errata riformulazione del problema formativo/educativo ha sterilizzato la scuola e occultato, nel contesto dinamico e complesso contemporaneo, la sua ragion d’essere: nessuna ipotesi sulle modalità di promozione delle competenze è stata formulata. Una strategia risolutiva era stata elaborata dal Miur, sintetizzata in “La promozione delle competenze”, visibile in rete.

 

Enunciate le finalità il legislatore, come un imbonitore che attribuisce ai suoi prodotti qualità fantasiose, asserisce: “Per i fini di cui al comma 1, le istituzioni scolastiche garantiscono la partecipazione alle decisioni degli organi collegiali e la loro organizzazione è orientata alla massima flessibilità, diversificazione, efficienza ed efficacia del servizio scolastico”.

La struttura decisionale, infatti, non possiede:

  • Flessibilità. Il modello organizzativo che la legge introduce ha natura gerarchico – lineare, è rigido, è valido solo in situazioni statiche e di dimensioni ridotte. Un’introduzione al corretto disegno organizzativo è visibile in rete: “Coraggio! Organizziamo le scuole”, applicazione delle scienze dell’amministrazione alla scuola; “Quale formazione per il dirigente scolastico?” colloca la figura del preside all’interno di un apparato scolastico razionalmente costituito.
  • Diversificazione. La legge 107 appiattisce la gestione scolastica:
  • Il consiglio di Istituto è espropriato delle responsabilità strategiche;
  • la programmazione dell’azione educativa”, spazio vitale del Collegio dei docenti, è tacitamente abrogata;
  • Il Consiglio di classe, il cui compito è l’identificazione dei traguardi cui tutti gli insegnamenti devono convergere, non ha più ragione d’essere.
  • Efficacia. Un’utopia: il sistema scolastico non è stato correttamente orientato

Un’insegnante, commentando un articolo sulla figura del docente esperto e in particolare l’asserzione “La trasmissione delle conoscenze non è il traguardo della scuola contemporanea. Essa è orientata alla promozione di competenze” sentenziava: ”Non esistono competenze senza conoscenze: smettiamola di fare danni!”.

Una contestazione che sintetizza un paradosso: a scuola si certificano le competenze senza conoscerne il significato.

La fissità, l’incapacità di abbandonare il proprio punto di vista, il rifiuto di valutare le innovazioni, l’insicurezza derivante dall’abbandono della tradizione sono all’origine di una contrapposizione che sterilizza i fermenti del necessario cambiamento.

Razionalità esige che ogni scuola ricerchi una propria, condivisa definizione di competenza.

Tra queste si propone:

Le competenze, entità non primitive, sono i comportamenti che esibiscono le persone che affrontano un compito.

Le sue componenti elementari sono

  1. “le conoscenze” che costituiscono l’ambito operativo;
  2. “le capacità e le abilità”, qualità individuali, percepibili attraverso l’osservazione dei percorsi risolutivi.

Una definizione che mette in risalto l’inconsistenza, l’infondatezza e il disorientamento di “smettiamola di fare danni!”.

Una definizione che illumina il campo del problema e che evidenzia la contrapposizione tra due modelli di scuola. Uno con cardine il sapere disciplinare, l’altro teso alla promozione e al consolidamento delle qualità dei giovani con l’utilizzo strumentale delle discipline, la cui acquisizione avverrà specularmente.

Ne derivano due strutture organizzative. La prima avente a fondamento l’attività dei singoli docenti, la seconda collegiale: tutti gli insegnamenti sono coordinati per convergere verso i condivisi obiettivi formativi e verso gli obiettivi educativi derivanti.

Ne scaturiscono due strutture decisionali con metodologie di sviluppo contrapposte. Il primo di natura bottom_up: la strategia risolutiva è insita nei dati del problema e affiora spontaneamente; il secondo muove, procedendo per successive approssimazioni, dal risultato atteso ai dati [Top-down].

Ne discendono due configurazioni datate. La prima risalente alla metà del secolo scorso, la seconda introdotta dai decreti delegati del 1974 e rinforzata dal DPR sull’autonomia scolastica del 1999 che “si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana”.

Si concretizzi la norma prendendo come esempio due competenze generali elencate nella legge 107 [aspetto formativo]:

  1. valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, con particolare riferimento all’italiano;
  2. potenziamento delle competenze matematico-logiche e scientifiche.

Non esistono insegnamenti che possono prescindere dalle competenze comunicative e dalla razionalità.

Una scuola scientificamente governata deve individuare le capacità e le abilità sottese alle competenze generali, formulare e controllare ipotesi di lavoro [aspetto educativo], prefigurare piani per la convergenza di tutti gli insegnamenti verso i comuni e condivisi traguardi [aspetto concernente l’istruzione].

L’insegnamento chiude il percorso progettuale. I docenti ideano, eventualmente come membri dei dipartimenti disciplinari, gestiscono “occasioni d’apprendimento” aventi una duplice finalità: concretizzare quanto deliberato dagli organismi collegiali, trasmettere una corretta immagine della propria disciplina [competenze specifiche].

 

I decreti del 1974 avevano individuato e costituito soggetti cui affidare le corrispondenti responsabilità.

 

Questo è lo scenario in cui si colloca la legge di riforma 107/2015 che, fatto proprio lo slogan “smettiamola di fare danni”, rade al suolo la collegialità, abbatte la corrispondente struttura organizzativa, abroga tacitamente l’art. 1 del Dpr 275/99 sull’autonomia scolastica, sopra trascritto.

La relazione di presentazione del disegno di legge “La buona scuola” non lascia spazio a interpretazioni: “La riforma degli organi di governo della scuola, istituiti con decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, si pone come esigenza indifferibile .. pertanto, procedere a un complessivo rinnovamento della governance della scuola, in coerenza con il processo di realizzazione dell’autonomia, avviato con l’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59 “.

N.B. La legge 59/97 è una delega al governo, estinta dalla promulgazione del corrispondente decreto [CFR in rete: “L’inoppugnabile dimostrazione dell’incostituzionalità della legge n. 107/2015”]