Il lavoro è una bussola per gli studenti

da Il Sole 24 Ore

Il lavoro è una bussola per gli studenti

di Ivan Lo Bello*

Novembre è il mese dell’orientamento. È il periodo in cui tanti giovani iniziano a pensare con maggiore concretezza a quello che sarà il loro futuro. Novembre è anche, tradizionalmente, il mese in cui tante imprese incontrano le scuole nell’ambito della Giornata Nazionale Orientagiovani, quest’anno giunta alla sua XXII edizione.

L’edizione 2015 cade in un periodo di grandi cambiamenti per la scuola italiana dopo la riforma de «La Buona Scuola». Con la Legge 107/2015 si è finalmente riconosciuto il ruolo educativo del lavoro con l’obbligatorietà attribuita ai percorsi di alternanza scuola-lavoro, con l’investimento sui laboratori territoriali per l’occupabilità, con gli aggiustamenti sugli Its (anche se non del tutto sufficienti).

La scuola un valore di tutto il Paese
Ci troviamo in una fase propizia in cui la scuola diventa valore di tutto un Paese e non argomento su cui ci si divide o ci si chiude nelle sale degli addetti ai lavori. In un contesto simile il tema dell’orientamento diventa ancora più importante perché finalmente tra le missioni della scuola rientra, per legge, anche quella di creare occupazione, sviluppo economico e coesione sociale. Su questo siamo ancora molto indietro rispetto all’Europa e dobbiamo recuperare velocemente: nei paesi dove i giovani hanno maggiori possibilità di incontrare il lavoro durante lo studio, i tassi di occupazione sono più alti, il fenomeno dei Neet è molto ridimensionato, le possibilità di carriera dei giovani sono il doppio che da noi.

L’impresa non è nemica della scuola
C’è poi una grande questione culturale: comprendere che l’impresa non è nemica della scuola. L’impresa aiuta il Paese ad essere più competitivo, coeso, giusto ed etico perché aiuta i giovani a formarsi e ad avere una reale prospettiva di lavoro. L’impresa non è soltanto profitto e produzione. È responsabilità sociale che si manifesta anche come responsabilità formativa.

Quello dei privati che entrano a scuola è un ritornello ideologico destinato a scomparire. Lo dimostra, ed è giusto sottolinearlo, il vasto e plurale consenso sull’alternanza scuola-lavoro obbligatoria che finalmente riconosce ai giovani italiani il diritto di imparare lavorando. I giovani sappiano che c’è un mondo fuori dalle aule che guarda loro con attenzione. Un mondo che li attende e chiede loro di essere protagonisti. Le imprese non vogliono invadere, ma lasciarsi invadere. Essere un punto di riferimento per l’orientamento degli studenti italiani.

Orientare i giovani a “cosa fare da grandi”
I giovani hanno bisogno di una bussola. Non è un mistero che la scelta di “cosa fare da grandi”, specie dopo la scuola superiore, sia spesso affrontata senza nessuna informazione di contesto, e, ancor peggio, spesso nasca più dalla cristallizzazione di luoghi comuni che dalla reale capacità di connettere le vocazioni e i talenti degli studenti con i rapidi cambiamenti, soprattutto produttivi, a cui la nostra società è sottoposta. Non è un problema di scelta tra università o Its. Il problema è scegliere tra percorsi aperti al lavoro – prima, durante e dopo il conseguimento del titolo – e percorsi che non lo sono.

Si parlerà di questo nella XXII edizione di Orientagiovani, il cui evento centrale si terrà a Milano il 19 novembre. C’è un vuoto di competenze che mancano all’industria italiana, così come mostrano i dati annuali del Rapporto Excelsior di Unioncamere. Sono di difficile reperimento oltre 60mila figure tecnico-professionali mentre il Paese vive una drammatica situazione a livello di occupazione giovanile con segnali di ripresa ancora insufficienti.

La domanda del mercato del lavoro
È giusto che i giovani sappiano qual è la domanda del mercato del lavoro per fare una scelta consapevole, avere un’opzione in più per l’ingresso nella vita occupazionale. Si pensi agli Its che permettono già a 21 anni di avere un contratto, a tempo indeterminato in 6 casi su 10. Ma ci sono tanti altri percorsi, la maggior parte dei quali legati a stretto giro con il ruolo formativo delle aziende, che possono garantire ai giovani italiani di non restare parcheggiati nel sistema educativo (ricordiamoci che ci si laurea in media a 27 anni alla magistrale) e di costruire un percorso formativo-professionale già dopo il diploma.

Dobbiamo raccontare il cambiamento ai giovani: nel mondo l’istruzione guarda ai bisogni di una società che si fa sempre più connessa, che cerca creatività, che è pervasa dalla tecnologia, che è multiculturale e plurilingue. Ciò non significa mettere in soffitta la filosofia e la storia antica a vantaggio delle sole competenze tecnico-scientifiche. Al contrario si tratta di ripensare nuove alleanze tra scuola e lavoro per far entrare nei percorsi di studio i casi reali, la capacità di analizzare e risolvere problemi, una continua osmosi tra pensiero astratto e realtà.

La necessità di conoscere l’impresa
Non si deve abolire la filosofia, Euclide o la trigonometria. Non ci sarebbero gli smart-phone se Alan Turing non avesse letto Bacone, Leibniz e Hobbes. Il sapere ha trasformato la nostra vita e la nostra società, oltre che il nostro modo di produrre. Esso è invisibile e intangibile ma è incorporato in tutto ciò che facciamo e più che mai nei nostri luoghi di lavoro. I nostri ragazzi sono ansiosi di dare sfogo alla propria curiosità e di imparare, ma in modo diverso. Per queste ragioni hanno bisogno di conoscere l’impresa, i suoi fabbisogni, le opportunità che può offrire.

È questo il senso della Giornata Nazionale Orientagiovani e di tutte le attività di partnership scuola-impresa che migliaia di imprenditori italiani ogni giorno propongono e, seppur tra mille ostacoli, portano avanti con determinazione.

*Ivan Lo Bello è vice presidente per l’Education di Confindustria