Insegnare ad imparare

INSEGNARE AD IMPARARE: UNA PRIORITÀ STRATEGICA DELLA FORMAZIONE DEI DOCENTI.

di Emmanuele Roca

 

Imparare ad imparare” (Learning to Learn) rappresenta una delle competenze chiave per la vita ed il presupposto necessario per esercitare il diritto di cittadinanza.

Così l’Unione Europea (UE), nella Raccomandazione 2006/962/CE relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente, ha delineato “l’imparare ad imparare” definendolo come “l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni”. Ed ancora: “Questa competenza comprende la consapevolezza del proprio processo di apprendimento e dei propri bisogni, l’identificazione delle opportunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli per apprendere in modo efficace”.

Pertanto, “Imparare a imparare” presuppone delle abilità e si configura come competenza; ciò comporta che una persona conosca e comprenda le proprie strategie di apprendimento preferite, i punti di forza e i punti di debolezza delle proprie abilità e che sia in grado di cercare le opportunità di istruzione e formazione e gli strumenti di orientamento e/o di sostegno disponibili ed a lui necessari.

Nel nostro Paese, “Imparare ad imparare” è a pieno titolo una competenza chiave di cittadinanza (di natura metodologica, meta-cognitiva e sociale) da realizzare nell’ambito del curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (DM 254/2012), senza escludere però la possibilità di una sua ulteriore amplificazione nel secondo ciclo del sistema d’istruzione, nell’ambito dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. Tale competenza deve essere già acquisita al termine dell’istruzione decennale obbligatoria (DM 139/2007, DM 9/2010); il legislatore italiano la ha definita come capacità di “organizzare il proprio apprendimento, individuando, scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione e di formazione (formale, non formale ed informale), anche in funzione dei tempi disponibili, delle proprie strategie e del proprio metodo di studio e di lavoro”.

Se tale risulta essere la definizione del Learning to Learn redatta sia dagli organismi comunitari che dal legislatore nazionale, occorre però riflettere su ciò che si intenda “insegnare ad imparare” e valutare l’incidenza di quanto, nella pratica didattica della scuola italiana, venga realizzato.

“Imparare a imparare” coinvolge un insieme di aspetti metodologici e meta-cognitivi comprendenti sia le strategie di studio, sia la capacità di effettuare una riflessione sul proprio stile di apprendimento e sul come potenziarlo, sia la consapevolezza dei processi mentali attivati e ulteriormente attivabili durante l’apprendimento stesso. In pratica, si tratta di approfondire e delineare le caratteristiche e le modalità di attuazione dell’apprendimento dell’apprendimento.

Il docente dovrebbe essere così bravo da indurre il discente ad apprendere e modificare e/o potenziare il proprio modo di apprendere, facendo leva sulle sue disposizioni positive (resilienza, prontezza, reciprocità, ecc.) ed offrendo al tempo stesso un ventaglio di possibili azioni di intervento. Pertanto, l’insegnamento dell’imparare ad imparare dovrebbe attuarsi attraverso il “dialogo pedagogico” messo in atto nella relazione docente-allievo ed oltre ad interferire con la specifica dimensione cognitiva del discente, prevede l’impatto con variabili personali quali le motivazioni, le prospettive di realizzazione e gli aspetti del sé che interagiscono con l’apprendimento stesso.

Tale approccio è proprio anche della “Didattica Mentalista” che spostando il baricentro dell’azione didattica dalle discipline all’alunno – considerato nella sua valenza ontologica in quanto persona – pone la mente come oggetto di analisi e di intervento, basandosi sulle considerazioni del filosofo-pedagogista Antoine de La Garanderie inerenti la gestione mentale degli apprendimenti.

Attualmente, tale didattica sembra costituisca un approccio idoneo per comprendere le origini delle difficoltà di apprendimento e per impostare mirate ed efficaci azioni di potenziamento meta-cognitivo; tuttavia, davvero poche sono le realtà scolastiche dove tale approccio didattico viene sperimentato.

Il “dialogo pedagogico” proposto da A. de La Garanderie con funzione di indagine introspettiva consente di far percepire agli alunni il proprio stile di apprendimento ed i processi mentali attivati per apprendere, comprendere e scrivere. L’immagine mentale (visiva o uditiva) che si costruisce nel processo di apprendimento costituirebbe l’intermediario o la connessione psichica tra l’oggetto percepito ed il concetto formulato.

Secondo de La Garanderie, ciascuna persona ha delle proprie abitudini mentali (visive, uditive, cinestetiche) che costituiscono delle attitudini evocative psichiche specifiche e tali attitudini condizionerebbero le attitudini scolastiche ed i risultati dell’apprendimento. Pertanto, l’insegnante dovrebbe aiutare a scoprire le singole abitudini mentali evocative degli allievi e dovrebbe predisporre i mezzi e le strategie per l’acquisizione di quelle abitudini mentali non praticate o poco utilizzate e dalle quali dipenderebbero le difficoltà scolastiche.

Un buon insegnante, in pratica, dovrebbe essere in grado di riuscire a formulare una diagnosi pedagogica per ciascun alunno che indichi quali sono i “parametri mentali” padroneggiati e quali quelli carenti (ovvero le funzioni non esercitate seppure esistenti) in modo tale da attuare una serie di strategie ed esercizi applicativi (non una terapia per una malattia) che consentano di far sviluppare e potenziare i “parametri pedagogici accantonati”.

Molto spesso, purtroppo, nella pratica didattica quotidiana i docenti ignorano gli stili cognitivi degli allievi (come anche il proprio) e preferiscono un insegnamento quasi univoco e poco diversificato, proponendo un unico itinerario formativo per i diversi destinatari. Inoltre, l’habitus mentale proprio del docente (il suo stile di apprendimento) condiziona il metodo personale di lavoro come anche il processo di valutazione degli alunni; di ciò gli insegnati stessi non ne hanno piena consapevolezza. Occorre pertanto, fornire agli insegnanti una specifica formazione ed un quadro di riferimento teorico, insieme ad una serie di attività operative che consentano l’acquisizione di specifiche ed ulteriori competenze pedagogiche e di metodologie e strategie didattico-psicologiche da sperimentare in classe, al fine di migliorare le proprie competenze professionali e rendere efficace il dettame legislativo dell’insegnare ad “imparare a imparare”.

La recente Legge 107/2015 – che ha previsto l’obbligatorietà della formazione in servizio dei docenti (art 1 c. 124) e l’emanazione del Piano nazionale della scuola digitale con lo specifico obiettivo della formazione dei docenti per l’innovazione didattica e la formazione delle competenze lavorative, cognitive e sociali degli studenti (art. 1 c. 58 lettera f) – costituisce un valido sprono per le Istituzione Scolastiche ad attivare, nell’ambito del POF triennale, specifici percorsi di formazione mirati a potenziare le competenze necessarie per “insegnare ad imparare”.

In un futuro non lontano, alla richiesta degli alunni: “Professore … la smetta di raccomandarci di stare attenti, di riflettere e di impegnarci ad apprendere; usi piuttosto il suo zelo per spiegarci cosa dobbiamo fare per essere attenti, per riflettere e apprendere. Noi ci impegniamo a fare tutto il possibile per compiere tali atti, esattamente così come ce li avrà descritti”, speriamo che la scuola sappia offrire una risposta adeguata.


 

Riferimenti bibliografici:

  • de La Garanderie A., “I mezzi dell’apprendimento e il dialogo con l’alunno”, Erickson, Trento, 2003.
  • Marcuccio M., “L’imparare a imparare: da priorità strategica a pratica didattica. Una ricerca empirica nei percorsi professionalizzanti dell’obbligo formativo” in Atti del VI Congresso della Società Italiana di Ricerca Didattica (SIRD), Roma 11-13 Dicembre 2008, 171-185.
  • Sacchelli, P., “Il metodo metacognitivo della Gestione Mentale. Il pensiero di A. de La Garanderie”, Pendragon, Bologna, 2001.

Riferimenti normativi:

  • “Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente” (2006/962/CE) pubblicata nella U.C.E. 30 dicembre 2006, L. 394.
  • “Raccomandazione del Parlamento europeo e del consiglio del 23 aprile 2008 sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l’apprendimento permanente” (2008/C111/01/CE) pubblicata nella U.C.E. 6 maggio 2008, C111.
  • Decreto 22 agosto 2007, n. 139 “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione” pubblicato in G.U. della Repubblica Italiana 31 agosto 2007 n. 202
  • Decreto 27 gennaio 2010, n. 9 con allegato il Modello di certificazione dei saperi e delle competenze acquisite nell’assolvimento dell’obbligo di istruzione.
  • Decreto 16 novembre 2012, n. 254 “Regolamento recante indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 89” pubblicato in U. della Repubblica Italiana 5 febbraio 2013 n. 30.
  • Legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” pubblicata in U. della Repubblica Italiana 15 luglio 2015 n. 162.