Rapporto Censis: alternanza in oltre il 43% delle scuole, all’università in calo gli abbandoni dopo il primo anno

da Il Sole 24 Ore

Rapporto Censis: alternanza in oltre il 43% delle scuole, all’università in calo gli abbandoni dopo il primo anno

di Alessia Tripodi

Secondo i dati 2013-2014 sulla situazione sociale del Paese i percorsi «on the job» coinvolgono solamente il 13% dei licei

Esperienze di alternanza scuola lavoro in oltre il 43% delle scuole italiane, dove i presidi chiedono «tempi più lunghi» per organizzare i percorsi di formazione on the job. Mentre sul fronte universitario, se da un lato calano le immatricolazioni, dall’altro aumenta la quota degli iscritti che «resistono» e non abbandonano gli studi dopo il primo anno accademico. Sono i dati contenuti nel 49esimo Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese diffuso venerdì scorso dal Censis.

Poca alternanza nei licei
Secondo i dati nel 2013-2014 ha realizzato percorsi alternanza scuola lavoro il 43,5% degli istituti, ma solo il 13,3% dei licei può vantare un’esperienza pregressa. I percorsi finora realizzati hanno coinvolto al massimo, in un anno, poco più di 200milastudenti (il 10,3% del totale) e hanno avuto una durata media di circa 70-80 ore. La platea, dice il Rapporto, è oggi molto più ampia (più di 500mila iscritti al terzo anno di studi solo nell’anno scolastico 2015-2016 e, nel prossimo triennio, circa 1,5 milioni di studenti), cui dovranno essere garantite almeno 400 ore di percorso nei tecnici e nei professionali e almeno 200 ore nei licei. Ma se il 75,4% dei presidi intervistati dal Censis per l’alternanza scuola-lavoro «sarebbe meglio avere tempi più lunghi», visto che «l’introduzione generalizzata dell’alternanza – dicono – comporta una profonda rivisitazione dell’organizzazione scolastica e degli insegnamenti disciplinari» Il 71,1% dei presidi italiani (con punte dell’86,4% al Sud) prevede poi che sarà possibile garantire a ogni studente del triennio finale un percorso in alternanza, perchè nel territorio non c’è un numero sufficiente di aziende disposte ad accogliere studenti. Ciò nonostante, dicono ancora i dati, il 71,8% dei reputa positivo l’aver stabilito un tetto minimo di ore dedicate ai percorsi di alternanza. Ok, infine, anche alla durata triennale del Pof, il Piano dell’offerta formativa, che secondo il 62,7% dei presidi permette di effettuare una programmazione più adeguata e coerente con gli obiettivi formativi e di valutarne gli impatti.

Università, meno abbandoni
Rispetto all’anno accademico 2010-2011, nel 2013-2014 gli immatricolati ai corsi di laurea triennali e a ciclo unico sono infatti diminuiti del 4,9%, cioè di quasi 12mila unità, mentre il cosiddetto «tasso di persistenza», vale a dire il valore che misura la continuità nel passaggio dal primo al secondo anno accademico, è passato dall’84,3% all’89,8 per cento.
Quanto a quella che chiama la «geografia universitaria», il Censis evidenzia come a una riduzione dell’11,2% degli immatricolati nel Sud e nelle isole si contrappongono un incremento del 4% tra quelli del Nord-Ovest e decrementi più ridotti tra le popolazioni universitarie del Nord-Est e del Centro, rispettivamente -3,6% e -5,2 per cento. Il 44,2% degli immatricolati continua a concentrarsi nei grandi atenei, anche se nel periodo considerato si è verificato un «travaso» di immatricolati dai grandi e medi atenei (-35,4%) verso i piccoli atenei, che hanno registrato un incremento di immatricolati pari a +42,4 cento. Per quanto riguarda invece le spese delle università per gli interventi a favore degli studenti, comprese le risorse per orientamento e tutoraggio, i dati evidenziano una diminuzione di oltre 7,5 milioni di euro, dai 47 milioni del 2010 ai 39,5 milioni del 2013. Nelle Regioni del Nord , infine, si è concentrato nel 2013 oltre il 60% delle risorse.