Scuola, retribuzioni giù del 4,1%

da ItaliaOggi

Scuola, retribuzioni giù del 4,1%

L’Aran fotografa l’andamento del potere di acquisto dal 2008. Perdita netta di 80 mensili

Carlo Forte

Docenti e Ata sempre più poveri. Il potere di acquisto delle retribuzioni del personale non dirigenziale della pubblica amministrazione, che comprende anche la scuola, è diminuito del 4,1% rispetto al 2008. A fronte di una crescita dell’inflazione cumulata pari al 13,6%, infatti, i dipendenti pubblici contrattualizzati, fino ad oggi, hanno fruito di incrementi retribuitivi solo nell’ordine del 9,5%.

Il dato è contenuto nel rapporto semestrale sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, pubblicato dall’Aran il 30 dicembre scorso.

Secondo l’agenzia, peraltro, dal 2011 l’indice delle retribuzioni di insegnanti, impiegati e funzionari è costantemente al di sotto dell’indice dei prezzi al consumo.

A conti fatti, la perdita netta in busta paga è pari a circa 80 euro mensili. Per i rinnovi contrattuali dei dipendenti pubblici la legge di stabilità prevede, però, appena 200 milioni di euro. Che bastano a malapena per recuperare 5 euro in più al mese.

E a rallentare ulteriormente l’avvio della contrattazione c’è anche la questione dei comparti e del calcolo della rappresentatività sindacale.

La precondizione posta dal governo per dare inizio alle trattative, infatti, è la riduzione del numero dei comparti della pubblica amministrazione dagli attuali 12 a soli 4 comparti. L’ultimo incontro negoziale sulla questione si è tenuto il 17 dicembre scorso.

In quella sede, il presidente dell’Aran, Sergio Gasparrini, ha proposto la costituzione di 4 comparti: sanità, scuola, enti territoriali e amministrazioni centrali. Ma la proposta non ha incontrato il favore di tutte le confederazioni sindacali.

La riduzione dei comparti, infatti, avrà effetti anche sul peso dei delle singole sigle. Per accedere alla contrattazione e alle altre prerogative, infatti, le organizzazioni sindacali devono essere in grado di vantare un tasso di rappresentatività non inferiore al 5%.

La percentuale si calcola rapportando il peso della singola sigla con la rappresentatività complessiva di tutti i sindacati del comparto di riferimento. E si computa, per il 50%, tenendo presente il numero degli iscritti e, per il restante 50%, considerando i voti alle Rsu: più grande è il comparto, più è difficile raggiungere il fatidico 5%.

Dunque, diverse sigle di comparto, chi più chi meno, rischiano di perdere la rappresentatività. Di qui le difficoltà per giungere ad un accordo in tempi brevi. Oltre tutto, a 9 mesi dalle elezioni delle Rsu, i risultati della consultazione non sono stati ancora resi noti ufficialmente.

Il 19 gennaio prossimo è prevista all’Aran una riunione ad esito della quale potrebbe essere reso pubblico il peso delle singole federazioni. Nella scuola non dovrebbero esserci particolari sorprese. Perché il comparto occupa, da solo, circa un milione di addetti. E i sindacati maggiormente rappresentativi hanno numeri abbastanza solidi per uscire indenni dal riassetto dei vari settori.

Ma l’accordo sui comparti è propedeutico all’apertura dei tavoli per il rinnovo dei contratti di tutti i comparti della pubblica amministrazione. Scuola compresa.

Quanto ai risvolti economici, va detto subito che la somma di spettanza per finanziare il contratto del solo comparto scuola non dovrebbe superare i 90 milioni l’anno. Per avere un’idea dell’entità della cifra basti pensare che il finanziamento dell’utilità del 2010 ai fini della progressione di anzianità è costato, da solo, 550 milioni.

E i 500 euro per l’aggiornamento costeranno 127 milioni di euro per il 2015 e 381 milioni per il 2016.

Mentre i 500 euro per i diciottenni che raggiungeranno quest’anno la maggiore età vale, da solo, 290 milioni di euro.

Va detto subito che la legge 107 ha stanziato ulteriori 200 milioni l’anno. Che saranno distribuiti dai dirigenti scolastici a titolo di retribuzione accessoria.

Ma solo ad alcuni docenti individuati secondo il proprio gradimento, ispirandosi a criteri generali che saranno indicati dal comitato di valutazione delle scuole. Pertanto, se il governo non stanzierà altri soldi, i docenti e i non docenti dovranno continuare a fronteggiare la perdita del potere di acquisto dei salari. Che potrebbe aggravarsi nei prossimi anni a causa del quantitative easing di Mario Draghi.

Secondo le stime della banca centrale europea, l’indice dei prezzi al consumo, nel 2016 dovrebbe salire all’1,5% e nel 2017 all’1,8%. Oltre tutto, il contratto della scuola è bloccato dal 2009. E il legislatore ha disposto anche la cancellazione dell’utilità di 4 anni ai fini della progressione retributiva di anzianità: 2010, 2011, 2012 e 2013. Utilità recuperate solo per il 2010 il 2011 e 2012. Il 2010 con un provvedimento dell’allora governo Berlusconi.

Mentre il 2011 e il 2012grazie ad accordi tra i sindacati Cisl, Uil, Snals e Gilda (la Cgil non li ha firmati) e il governo. Allo stato attuale, dunque, mancano all’appello anche i 1000 euro a testa derivanti dal mancato versamento delle spettanze per la progressione retributiva di anzianità relative al maturato economico del 2013.