Il prof intermittente

da la Repubblica

Il prof intermittente

Dalle elementari alle superiori negli istituti italiani ogni anno riparte la giostra dei supplenti. In pochi mesi molte classi hanno già cambiato quattro docenti per la stessa materia. Ma ci sono anche esempi positivi: a Bari e Palermo calano le sostituzioni e gli insegnanti in malattia

Corrado Zunino

La supplentite non è sconfitta. La Buona scuola, per ora, l’ha aggravata. Al Liceo Fermi di Bologna una classe seconda è al quarto insegnante di Fisica in quattro mesi: ne hanno cambiato uno ogni quattro settimane, puntualità svizzera. L’ultimo prof ha interrogato tutti prima di lasciare: «Almeno vi do il voto sulle cose che vi ho spiegato io». Il docente di ruolo — quello che non si è mai visto — è momentaneamente in servizio all’università e rientra a febbraio. Lo scorso settembre il preside del Fermi ha chiamato un supplente: si è presentato, ma dopo un mese ha accettato un altro incarico in un’altra scuola. È arrivato il sostituto, gli sono bastate quattro settimane e poi ha scelto di meglio. Il terzo si è ammalato prima ancora che i ragazzi imparassero i suoi metodi di insegnamento. Il quarto ha la scadenza segnata in fronte: metà febbraio, appunto, quando rientrerà il titolare. Cinque professori di Fisica in un anno, roba da guinness, aggravata dal fatto che lo scientifico interessato è intitolato al Nobel per la fisica Enrico Fermi e difficilmente in quella seconda classe maltrattata produrrà scienziati preparati. «Questo sistema non regge», dice il preside Maurizio Lazzarini: «Scuola e università viaggiano su tempi diversi e le graduatorie dei precari vengono aggiornate soltanto a novembre con il treno in corsa». Stefania Marianucci, voce dei genitori bolognesi impegnati nelle scuole: «La mancanza di continuità didattica per gli studenti è una cosa grave».
La giostra degli insegnanti in questa stagione che ha visto le nomine per il potenziamento a dicembre e consente ai docenti migranti di presentare domanda di rientro a gennaio è diventata una montagna russa. In provincia va anche peggio. A Vergato, sull’Appennino bolognese, l’istituto superiore ha solo venti docenti stabili su sessanta. Ogni anno il sessanta per cento del corpo insegnante cambia. A Firenze i ragazzi di una prima elementare del Beato Angelico, istituto comprensivo, saranno giudicati nelle materie letterarie, fine quadrimestre, da un insegnante che non c’è. E che non c’è mai stato. La preside Eda Bruni spiega: «A settembre ho dovuto nominare un supplente perché il docente che doveva entrare di ruolo e che, tra l’altro, aveva chiesto il trasferimento da noi, alla fine mi ha comunicato che stava male. Il supplente è andato avanti per quattro mesi, fino all’altro ieri quando, a due settimane dalle pagelle, mi ha chiamato il famoso insegnante che aveva dato forfait. Era pronto a rientrare. Per legge, devo farlo salire in cattedra ». I genitori sono un filo arrabbiati: i loro figli di sei anni saranno valutati da un maestro che neppure ne conosce il cognome.
La Cgil toscana ha contato mille supplenti avvicendati in regione dalle elementari alle superiori, quest’anno. Lo scorso settembre in tutta Italia sono stati assegnati posti a supplenza “fino all’avente titolo”, vale a dire fino alla nomina dell’insegnante di ruolo che ha diritto a quella cattedra. Con la “fase C” del piano di assunzioni della Buona scuola (dicembre) gli insegnanti sono stati indicati, molti, però, invece che accettare l’incarico definitivo hanno preferito restare nella scuola dove a settembre avevano iniziato a fare i supplenti. Meglio rimandare di un anno il posto fisso, tanto lo stipendio corre lo stesso. A quel punto i presidi hanno cercato nelle graduatorie a esaurimento (la prima fascia dei precari) un nuovo supplente. Su alcune discipline, il sostegno, la matematica e la chimica, non c’erano più precari disponibili (un’antica tara italiana, quella dei pochi insegnanti scientifici) e così i dirigenti scolastici hanno dovuto trovare soluzioni interne, hanno spostato docenti, gli hanno assegnato nuove classi. «Le segreterie delle nostre scuole sono intasate», racconta una dirigente vicentina, «per riuscire a completare le ore di chimica ho dovuto fare tre contratti a tre insegnanti diversi: quattro ore a settimana per la prima, tre ore la seconda, due ore la terza». Dice che è tutto un manicomio, la preside del Nord-Est, ma è solo dispiaciuta che una legge — la Buona scuola — sia riuscita a disincagliare graduatorie di precari stratificate da anni e ora fatichi a dare continuità didattica a una generazione di studenti.
Un genitore sfinito, a Roma, elementare Badini, promette di rivolgersi alla Procura della Repubblica. Eccolo: «Alla scuola elementare Badini mia figlia, che ora è in terza elementare, dalla prima ha cambiato un numero impressionante di maestri di matematica: solo quest’anno quattro. Abbiamo scoperto che l’insegnante di ruolo, residente in Campania, è malata da tre anni». Brunella Maiolini, preside alla Claudio Abbado di Prati: «L’anno è difficile, soprattutto alla primaria. Tempi e modi della riforma sono stati eccezionali. All’Ufficio scolastico regionale sono terminate soltanto ieri le convocazioni di un organico che avrebbe dovuto arrivare entro il 20 novembre».
Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini prova a spiegare l’affanno: «Quando si cura una grave patologia prima di arrivare alla completa guarigione serve un periodo di convalescenza. Per la prima volta la legge 107 consente di coprire tutti i posti vacanti con assunzioni. Per noi questo è un anno di transizione, ne servono tre per andare a regime anche sui supplenti ». Ci sono classi a Napoli che cercano un sostituto da novembre, e non l’hanno trovato. Centoventi docenti del potenziamento erano già impegnati e quei posti sono in attesa di qualcuno che li occupi. Alla Giovanni XXIIII di Genova, elementare vicina allo stadio, 40 insegnanti per 500 alunni: in ogni classe devono esserci almeno due maestri. «Ci sono cinque assenze al giorno e le supplenze di poche ore i docenti le rifiutano ». La Legge di stabilità prevede che il primo giorno di malattia non venga mai coperto da sostituti e i ragazzi senza prof vengono smistati in altre classi. Tempo buttato. La Buona scuola, tra l’altro, ha portato in classe docenti che in vita hanno insegnato quasi niente: Assunta Fusco, lei da Napoli, aveva nel curriculum sei giorni di supplenza in 15 anni di graduatoria.
A Milano solo il 15 per cento di maestri e professori ha preso realmente servizio e i presidi hanno dovuto trovare in fretta duemila supplenti. Il comprensivo Scialoia ha classi alla terza sostituzione. Una supplente, per dire, ha preso servizio e dopo 48 ore ha chiesto il congedo parentale. All’Istituto Boselli di Torino a fine dicembre mancavano ancora 40 cattedre, quasi tutte di matematica. Il Collegio docenti per porre rimedio al grande buco (nessuna interrogazione, nessuna verifica) ha proposto di fare una media tra i voti delle materie insegnate per costruire un voto anche nelle materie non insegnate.
Le cose vanno meglio, rispetto anche agli anni precedenti, a Palermo e a Bari. Nella città siciliana hanno cambiato posto solo 130 supplenti su 17mila cattedre. E le assenze per malattia quest’anno si sono ridotte. I nuovi assunti devono superare un anno di prova, e questo è un deterrente