C. Mezzalama, Il giardino persiano

Come salvare la vita

di Antonio Stanca

mezzalamaChiara Mezzalama, giornalista, saggista, scrittrice, traduttrice, psicoterapeuta romana, che attualmente vive a Parigi, ha pubblicato a Giugno del 2015, il suo secondo romanzo dal titolo Il giardino persiano, edizioni E/O, Roma, (pp. 192, €17,00). Nel 2009 aveva pubblicato il primo, Avrò cura di te, e intanto collaborava con riviste quali Leggendaria e Left e scriveva un’opera sugli attentati terroristici a Parigi intitolata Voglio essere Charlie: diario minimo di una scrittrice italiana a Parigi.

Ha cominciato come giornalista e saggista ed ha continuato come scrittrice la Mezzalama senza rinunciare alle precedenti attività. E’ nata a Roma nel 1972, è figlia di un diplomatico italiano ed ha trascorso molti anni della sua infanzia all’estero dove il padre veniva spesso inviato in rappresentanza del governo italiano. In questo secondo romanzo narra, infatti, di un’estate trascorsa in Iran dove il padre era stato mandato quale ambasciatore d’Italia. La madre, lei che aveva nove anni e il fratello più piccolo, Paolo, lo avevano seguito come era successi altre volte e si erano stabiliti in un’antica e lussuosa residenza appartenuta a principi persiani e poco distante da Teheran. E’ un romanzo autobiografico come mostra pure il nome, Chiara, della bambina protagonista, della quale è la voce narrante.

Capace è stata la Mezzalama di scrivere, all’età di quarantatré anni, un’opera dove rivive le emozioni, le gioie, le delusioni di quando aveva nove anni, di renderle con la sua lingua di allora, di quando trascorse quell’estate in quell’antica villa a Farmanieh, nei dintorni di Teheran, che oltre all’uso di grandi stanze offrì alla sua famiglia anche quello di un grande giardino, di un laghetto, di una fontana e di una piscina.

Era l’estate del 1981 e l’Iran era sconvolto dalla rivoluzione islamica, che aveva portato all’affermazione dell’Ayatollah Khomeini, e dalla guerra con l’Iraq, da due avvenimenti che sarebbero stati determinanti per la storia del Paese, l’avrebbero segnata per molto tempo e ne avrebbero lasciato lunga traccia. Il regime instaurato da Khomeini era rigido, quasi crudele. Contrario, proibitivo era nei riguardi di qualunque manifestazione, fosse individuale o sociale, culturale o religiosa, musicale o figurativa, mostrare di risentire dello spirito, dell’ambiente occidentale. Ad una serie infinita di divieti era sottoposta la popolazione, in particolare quella femminile. Tanti erano gli obblighi da rispettare compreso quello dei bambini che venivano arruolati, armati e preparati per la guerra. La povertà, la miseria, l’ignoranza diffuse presso larghi strati della popolazione, impedivano qualsiasi forma di protesta e costringevano all’accettazione di quanto veniva ordinato.

Per la famiglia di Chiara era stato messo a disposizione personale del posto e molto guardati, osservati si sentivano lei, la madre, il fratello, le poche volte che uscivano da casa.

In un clima simile Chiara vive l’estate del suo nono anno. Ma poco, niente avverte dei tumulti esterni poiché avvengono lontano dalla casa dove alloggia. Il giardino di questa, che la madre comincia ad ordinare con l’aiuto dei domestici, è tanto grande da offrire alla bambina la possibilità di trascorrere in posti diversi la maggior parte del suo tempo compreso quello dedicato alla lettura. Diventerà il suo “giardino persiano” con molte piante, molti animali, molti colori, molte luci, molti suoni, molte voci, con quanto serviva a lei per provare quella sensazione di ampiezza, di scoperta, di novità, di libertà che sempre aveva desiderato. Nel giardino si sentirà ogni giorno nuova, diversa perché sempre nuove, diverse cose le sarà possibile fare, vedere, scoprire. Le sembrerà di vivere un sogno, di essere il personaggio di una favola, verrà a contatto con elementi, aspetti della natura che non sapeva, che la vita a Roma non le aveva fatto conoscere, crederà di essere diventata uno di essi, di poter scambiare, comunicare con essi, lo farà, proverà affetto, amore per Massoud, il bambino iraniano povero, lacero che incontrerà per caso e perché niente di tutto questo vada perduto, perché sia salvato dalla guerra, dagli orrori, dalle distruzioni, dal male che stanno oltre il muro della villa, perché valga più di essi, perché rimanga per sempre, ne farà l’oggetto di una scrittura che inizierà su fogli di carta già usati.

La Mezzalama scrittrice è nata così, l’ispirazione le è venuta dai luoghi della sua infanzia, da qui la sua intenzione, il suo impegno a fare di quella della natura una vita da narrare, da indicare come possibilità di salvezza in un mondo percorso dal male. E’ questo il significato del romanzo, rappresentare un messaggio, un insegnamento e modo migliore non c’era se non quello di scriverlo nella lingua della Chiara di allora, di una bambina cioè, e delle favole sue proprie.