La pagella della Buona Scuola

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LA PAGELLA DEL PRIMO QUADRIMESTRE DELLA BUONA SCUOLA
Opportunità, fragilità e la strada in discesa del consenso a tutti i costi

di Alessandro Basso

 

Terminato il primo quadrimestre, è possibile tentare di abbozzare un primo bilancio della buona scuola, scoprendo purtroppo che la grande rivoluzione non c’è stata e che con buona pace di tutti i sindacati gli sceriffi hanno potuto lavorare, tutto sommato, senza armi così pericolose.
Questo non significa che come cittadini e contribuenti dobbiamo buttare in mare tutto ciò che è accaduto, anzi dovremmo avere uno scatto di reni in modo che gli investimenti che la buona scuola immette possano essere portati a vantaggio della collettività.

Quale beneficio ci sarebbe per tutti noi nel rendere inefficace un cambiamento sentito così importante all’interno delle scuole, anche se non pienamente condiviso da parte del personale e dalle organizzazioni che lo rappresentano?
La campagna mediatica che ha accompagnato la buona scuola, purtroppo, è stata affrontata sui principi non certo sulla concretezza di quello che poi si sarebbe realizzato.

Non resta altro che costatare che la fretta è, da sempre, una cattiva consigliera: aver affrontato percorsi così notevoli con maggior calma avrebbe permesso, probabilmente, di metabolizzare alcune situazioni scottanti e, soprattutto, di trovare le formule giuridiche per poterle realizzare concretamente.

Dietro questa operazione di bilancio, sicuramente non esaustiva né tantomeno scientifica, sussiste, purtroppo, un aspetto patologico del nostro sistema pubblica amministrazione, se non addirittura Paese: principi forti, solidi, condivisibili oppure non condivisibili e fortemente criticati, agiti attraverso strumenti organizzativi deboli e inefficaci per la loro stessa realizzazione.

Di principi non realizzati perché carenti negli strumenti è ricco il sentiero di tutta la nostra pubblica amministrazione: possiamo citare la privatizzazione del rapporto di impiego, che fondamentalmente non ha scalfito minimamente alcuni privilegi tipici del dipendente pubblico, la valutazione delle performance è soltanto una chiosa per chi scrive articoli e libri sull’argomento, anche se qualcosa si sta muovendo in questo campo e via dicendo.
Prima di poter rintracciare un risultato definitivo, è bene essere prudenti, è necessario attendere ancora del tempo e chi scrive non vuole essere sicuramente catastrofista nel determinare una sconfitta aprioristica.

La corsa contro il tempo per approvare il piano triennale dell’offerta formativa ha messo in evidenza il grande dinamismo delle istituzioni scolastiche che si sono adoperate in pochi mesi, di fatto, a ristrutturare il proprio pacchetto formativo dopo aver compreso che il piano triennale non si traduceva nella trasposizione del POF verso un contesto di più ampio orizzonte temporale. È stata dunque un’occasione notevole per riflettere sulla vita formativa, sulle opzioni pedagogiche interne all’Istituto e anche sulle modalità organizzative che la buona scuola potrà dare quando a regime, se si avrà il coraggio di portarla a regime in un certo modo.

E’ stata altresì l’occasione per il ri-editing del documento fondamentale della scuola, ponendolo al riparo dalla tentazione di ripetizione pluriennale.

Allo stesso tempo, si ritiene fortemente positivo aver dato una tempistica maggiormente legata all’anno scolastico ai fondi per il funzionamento: mai come quest’anno si è potuto procedere ad una contrattazione di secondo livello e ad una programmazione dei fondi più ordinata e rispettosa dei tempi stabiliti dalle norme.

L’introduzione obbligatoria dell’alternanza scuola lavoro sta prendendo piede, soprattutto nei rapporti con il territorio, specie per i tecnici e professionali; il mondo dell’impresa sta particolarmente apprezzando un avvicinamento del nostro paese ai sistemi europei nella formazione degli studenti nel campo delle competenze lavorative.

L’organico potenziato com’è stato scritto alcuni mesi orsono, è sicuramente l’aspetto più interessante è positivo di questa legge perché potrà permettere di lavorare verso un’offerta formativa davvero diversificata e flessibile.

Si riscontra un grande rammarico, però, per come è stato introdotto in accompagnamento ai piani straordinari di assunzione:le scuole hanno avuto tipologie di personale non richieste, alcune delle quali allocate con il sistema delle supplenze brevi, permettendo, di fatto, a tutte le categorie di personale delle fasi ABCD di poter fare ciò che meglio aderiva alle loro esigenze e non a quelle della scuola : chi ha voluto rimanere al proprio posto, ha potuto farlo, così come chi ha differito, differito solo una parte, differito ma facendo l’anno di prova …

Ciò sta generando una forte confusione nelle scuole che, contemporaneamente, devono affrontare la sfida per far comprendere all’utenza e al personale interno gli sviluppi positivi di questa innovazione.
E tutte queste categorie di personale sono arrivate a scuola con le vecchie regole, sono state nominate da graduatorie e i loro sostituti pure, con buona pace delle segreterie che, a gennaio, stanno ancora cercando personale.

Cosa è rimasto, dunque, degli sceriffi? Per il momento non hanno potuto scegliere nemmeno una singola unità di personale e quanto pare non lo potranno fare nemmeno nei mesi futuri, perché l’accordo che si sta suggellando a livello centrale sulla mobilità, tutto comprenderebbe, è bene usare il condizionale, meno che chiamata diretta e ambiti: i sindacati non sono d’accordo, ergo “non s’ha da fare”.

 

Peccato per chi si è sbilanciato a garantire agli studenti e alle loro famiglie che qualcosa sarebbe cambiato e magari ci ha messo anche la faccia.
L’organico funzionale sembra essere eclissato completamente, aggettivo della buona scuola utilizzato quale complemento linguistico: pare non ci sia nessuna intenzione di far diventare l’organico dell’autonomia un organico funzionale vero e proprio. Quindi in un istituto superiore un docente titolare presso un indirizzo, non potrà essere utilizzato nella classe accanto, alla faccia dell’autonomia e dei grandi poteri dei presidi.
Resta da parlare del bonus, grande chance di litigio, tormento per i dirigenti scolastici che sapientemente hanno dovuto destreggiarsi tra contrapposizioni interne, contrasti sindacali e tentativi di disarcionamento all’interno degli organi collegiali. Alla data odierna, la quantificazione del bonus non è ancora pervenuta, alcuni giuristi sostengono che la determinazione dei criteri è tardiva e genererà contenzioso perché i docenti non hanno potuto conoscere preliminarmente i criteri per poter esplicitare il loro merito. Nessuna novità: le alte rappresentanze continuano a ritenere che i valutatori per eccellenza non debbano essere valutati.

 

Non si tratta assolutamente di disfattismo: chi scrive crede ancora che qualcosa di buono possa saltare fuori, a condizione che il legislatore, modesto parere, intervenga nella lotta quotidiana tra i principi e gli strumenti dati agli organi gestionali per poterli concretizzare e trasformarli in risultati.

Non ci possiamo permettere un fallimento, che non sarà il fallimento del partito che ha proposto la riforma, ma il fallimento di un sistema Paese che potrebbe essere imputato di non essere in grado di dotarsi di un sistema scolastico efficiente ed efficace, a fronte di investimenti importanti ,anche a costo di non seguire la linea del consenso a tutti i costi.