Crescita intelligente? Impossibile senza la scuola

da tuttoscuola.com

Crescita intelligente? Impossibile senza la scuola

 di  Enrico Seta (*)

“La missione più importante del sistema educativo è preparare i giovani per il mercato del lavoro”. Lo ha scritto recentemente Dirk Van Damme  Direttore del Centre for Educational Research and Innovation (CERI) presso l’OCSE di Parigi.  Nel contesto italiano, per quel che pensiamo, diciamo e facciamo sulla scuola, l’affermazione può apparire quasi blasfema. Eppure una prima macroscopica questione da affrontare nel nostro Paese è quella del progressivo scollamento tra istruzione/formazione e mercato del lavoro. Ma non soltanto, abbiamo un basso livello di dotazioni tecnologiche e, salvo lodevoli eccezioni, il digitale viene visto, anche da alcuni operatori dell’istruzione, come una minaccia.

Siamo partiti da qui, ma soprattutto dalla tradizionale difficoltà del nostro Paese di guardare al “medio termine”, dal fatto che  siamo abituati a modellare le scelte di policy sulla domanda del presente per lanciare una delle proposte e illustrare una delle Tesi del rapporto 2016 di italiadecide che sarà presentato lunedì prossimo presso la Camera dei deputati alla presenza del Capo dello Stato e della ministra Marianna Madia. Ci siamo soffermati, quest’anno sulle sfide della società digitali e certamente una di questa deve essere saper rispondere alla domanda che esprimono i giovani che oggi entrano nel percorso educativo e che  tra qualche anno dovranno misurarsi con l’organizzazione del lavoro in uno scenario competitivo e in continua evoluzione.

Se ricerca, istruzione e imprese non collaborano non ci sarà alcun effetto persistente e, l’obiettivo dell’alternanza scuola/lavoro posto con forza dalla Riforma Giannini che mostra la volontà di cambiare le cose, potrebbe restare lettera morta.

Alternanza con il lavoro e digitalizzazione della scuola, sono dunque necessari.  Coniugare alternanza e digitalizzazione può rappresentare il filo conduttore di una riforma da cui ci si attende molto, ma che potrebbe anche partorire il classico topolino se non verrà rapidamente riempita di contenuti, di iniziative concrete, di energia espansiva.

Ma digitalizzare la scuola non significa soltanto usare lavagne interattive e computer in classe, ma confrontarsi e utilizzare e scambiare dati e informazioni e in ciò può essere d’aiuto, se si trovano professori sensibili e dirigenti sensibili, ai quali l’autonomia scolastica permette di modificare l’offerta formativa non soltanto per la qualità delle opzioni offerte, ma anche per le modalità di programmazione e per flessibilità oraria. Nella riforma Giannini questo è scritto, ma ora bisogna tradurre quella visione in azione costante e quindi in provvedimenti e scelte ordinate secondo un criterio gerarchico e con scadenze non irrealistiche, assicurando con continuità l’adeguato supporto politico.  La sede è  l’attuazione del Piano per la Scuola Digitale, pubblicato dal MIUR lo scorso ottobre. Un documento che prende il posto di una precedente piattaforma ministeriale assai carente e che testimonia quindi un’apertura e una disponibilità nuove, per lo meno nelle stanze del MIUR. Bisogna fare evolvere quel Piano in un vero e proprio Masterplan della Scuola Digitale.

Non mancheranno le difficoltà, dovute in gran parte a dati oggettivi. Perché non sia una riforma “di facciata”, dovrà mettere in crisi i sistemi di formazione degli insegnanti, la formazione dei curricula, i sistemi di valutazione, il modello di lezione, gli stessi ambienti fisici. E poi se esiste una dimensione specificamente scolastico-educativa del tema delle competenze, declinata nei vari livelli di istruzione, esiste anche il dato che la società digitale è un potente fattore di sollecitazione del lifelonglearning. Misurarsi con le competenze richieste dalla società digitale è una sfida che si ripropone per tutta la vita e che mette in discussione la tradizionale compartimentazione fra sedi del processo educativo (formazione del capitale umano) e sedi della vita sociale e della produzione (creazione di valore). E infatti la sfida delle competenze digitali mette immediatamente in discussione processi, istituzioni e metodi della formazione professionale – i cui assetti istituzionali sono del tutto inadeguati e vengono opportunamente rivisitati anche dalla riforma costituzionale in itinere – oltre che i confini stessi fra scuola e lavoro.

Ministero, insegnati, dirigenti, sindacati, stakeholder, tutti chiamati alla stessa sfida. Vincerla è dare un futuro migliore ai nostri giovani, ma anche a tutto il nostro Paese.

 

(*) curatore rapporto 2016 italiadecide. “Italiadigitale. 8 tesi per l’innovazione e la crescita intelligente”