Precari, la Consulta prende tempo

da ItaliaOggi

Precari, la Consulta prende tempo

La Corte deve decidere sulla stabilizzazione dei supplenti con contratti di lunga durata

Giuseppe Mantica

Ancora incertezze sulla stabilizzazione dei precari della scuola: la questione di legittimità è stata posta al vaglio della Corte Costituzionale che ha aperto i lavori nell’udienza del 17 maggio scorso. Le ordinanze di remissione sono sei, la prima dell’anno 2012 del Tribunale di Roma e l’ultima dell’anno 2014 del Tribunale di Trento: la norma sotto esame è l’art. 4, comma 1, della legge n. 124/99, nella parte in cui consente la copertura delle cattedre, che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre di ogni anno e che rimangano prevedibilmente scoperte, mediante il conferimento di supplenze annuali.

Tanto era stato previsto in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo (quindi negli ultimi quindici anni, fino alla legge n. 107/2015), situazione che ha comportato una successione di contratti a tempo determinato e dato origine a quel fenomeno definito come abuso di precariato.

Gli insegnanti, che sono stati utilizzati per anni a supplire nelle cattedre scoperte, pretendono, dunque, la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro con la trasformazione del contratto da tempo determinato (perché protratto oltre i trentasei mesi) a tempo indeterminato. Pare ad essi evidente, infatti, che gli incarichi annuali disposti in successione hanno avuto la funzione di sopperire ad esigenze non transitorie bensì a carenze strutturali e permanenti dell’Amministrazione; il ricorso sistematico alle assunzioni a termine dovrebbe, comunque, ritenersi illecito per il contrasto con i principi posti dalla Direttiva europea n. 1999/70/CE del 28 giugno 1999, e quindi con l’articolo 117 della Costituzione per violazione della gerarchia delle norme, e più estesamente dell’art. 11 sul riconoscimento e sulla valenza delle organizzazioni internazionali.

Invero, la Direttiva europea è stata recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 368/01 (poi integrato dalla legge n. 247/07) che mira ad evitare l’abusivo ricorso al contratto a termine ed impone la conversione a tempo indeterminato qualora il rapporto provvisorio sia ripetuto, senza soluzione di continuità, oltre il termine di trentasei mesi. La disciplina che deve ritenersi applicabile anche ai dipendenti di pubbliche amministrazioni.

Il ministero resiste affermando che l’intervento della legge sulla Buona Scuola avrebbe sanato anche questa situazione avendo realizzato la condizione concorsuale posta come limite temporale dalla legge contestata.

L’udienza ha sollevato ulteriori polemiche sia perché la Corte ha ritenuto fuori termine le costituzioni di alcuni dipendenti e gli interventi ad adiuvandum di importanti organizzazioni sindacali quali Gilda, Flc-Cgil e Codacons, sia per la presentazione del giudice relatore che è parsa sintetica e semplificata per la sopraggiunta legge n. 107. I difensori dei lavoratori hanno insistito affinché la Consulta, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma impugnata, riconosca l’applicabilità dell’art. 19 del d.lgs. n. 81/2015 che, in tema di revisione della normativa, riassetta la nuova disciplina organica dei contratti di lavoro subordinati.

Anche su questo fronte, dunque, restano tesi i rapporti tra docenti ed Amministrazione in attesa di conoscere le decisioni della Corte.