Esami di maturità

ESAMI DI MATURITÀ di Umberto Tenuta

CANTO 684 Il cucciolo dell’uomo esce immaturo dal grembo materno e diventa maturo solo nel grembo culturale della società nella quale vive i primi decenni della sua vita.

È questo il significato degli esami di maturità.

Esami di maturità riservati ad una casta eletta.

Non a tutti i figli di donna.

 

La distinzione greca tra uomini liberi e schiavi arriva fino ai nostri giorni.

Se con la Legge Casati del 1859 l’istruzione viene estesa a tutti, l’educazione dell’uomo resta un privilegio della classe dominante.

Ne è testimonianza la Riforma Gentile del 1923, riforma che per tanti versi dura anche ai giorni nostri.

Da una parte il Ginnasio quinquennale prima e poi il Liceo, dall’altra le Scuole Professionali.

Si dirà che con la Riforma di cui alla Legge 1859 del 1963 avviene l’unificazione delle scuole di avviamento professionale e delle scuole medie (ex ginnasiali).

Al termine della Scuola media c’è libertà di scelta tra scuole professionali e Licei.

Chi sceglie?

I giovani, ancora immaturi, anche per fare una scelta?

I genitori, in base alla loro cultura ed al loro ceto sociale?

Sorvoliamo!

C’è un problema di fondo, sul quale forse non si è riflettuto abbastanza.

Quali che sia i decisori, resta il fatto che la Repubblica lascia immutato il destino dei giovani: uomini maturi ed uomini non maturi.

È la legalizzazione della immaturità.

La legalizzazione di una società classista.

Da una parte gli uomini maturi, liberi, privilegiati.

Dall’altra gli uomini immaturi, discriminati dal titolo di studio.

È come dire che da una parte ci sono coloro che sono diventati uomini e dall’altra ci sono coloro che uomini non sono diventati.

I primi ricevono un certificato di maturità umana che dovrà necessariamente essere completato da un successivo titolo di studio universitario.

I secondi ricevono un diploma che li abilita all’esercizio di una professione.

Uomini maturi, uomini liberi, uomini.

Uomini immaturi, uomini per il lavoro, non pienamente uomini.

Siamo ancora fermi a Sparta!

Una società piramidale, come l’aveva disegnata Giovanni Gentile.

Una società classista, come nel 1939 la difendeva il Ministro Bottai, affermando che dei figli dei contadini non si potevano fare degli “spostati”.

Spostati dai lavori dei campi.

Forse può sembrare oziosa la mia considerazione.

Nomen est numen!

Il nome è un presagio.

Il nome testimonia una discriminazione sociale.

Tra chi diventa “maturo”, uomo libero, uomo tout court, e chi resta “non maturo”, immaturo, non diventato uomo.

Madre natura li fa uguali.

La società li discrimina.

Fremono le ossa di Edgar!

<<Ogni uomo è destinato ad essere un successo e il mondo è destinato ad accogliere questo successo>>[1].

[1] FAURE EDGAR, (a cura di), Rapporto sulle strategie dell’educazione, Armando-UNESCO, Roma, 1973, p. 249.