Chiamata diretta tout court e stipendi magri, il PD avrà capito la lezione?

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta tout court e stipendi magri, il PD avrà capito la lezione?

La domanda è d’obbligo: dopo la debacle delle elezioni comunali, il Partito Democratico avrà capito che il popolo della scuola non può essere sottovalutato?

Anche i i poco scientifici sondaggi, per quel che possono valere, indicano questo. Un sondaggio di Libero ha chiesto quali fossero le cause più importanti alla base perdita di gradimento in sede elettorale del primo partito di Governo: ebbene, di gran lunga, al primo posto, per il decremento di consensi, si è posizionata proprio la riforma della scuola “targata” Renzi-Giannini.

Per comprendere se il PD ha capito la lezione, ovvero che è autolesionista non ascoltare le richieste di chi opera nella formazione delle nuove generazioni, ci sono due questioni che valgono da subito come dimostrazione: la mobilità e il rinnovo del contratto.

Sulla prima, c’è da capire se chi governa la scuola ha ancora intenzione di imporre la chiamata diretta tout court, senza alcuna graduazione dei diritti e dei titoli dei docenti interessati, per dare pieno spazio a quanto previsto dalla Legge 107/15, con ambiti territoriali e dirigenti che vi “pescano” in base alle esigenze formative stabilite nel loro Pof.

Su questo punto, cadono bene le parole del segretario generale della Uil scuola, Pino Turi. “Il Ministro Giannini qualche giorno fa, intervenendo su Radio24 – ha detto Turi – , ha parlato di ricucitura dello strappo con il mondo della scuola. Fatto, questo, certamente positivo e meritorio. Al ministro vogliamo dire – dichiara il sindacalista – che si tratta di un processo appena accennato, timido e molto lento”.

Per Turi non vi sono dubbi: occorre “un procedimento rapido indotto dalla contrattazione, di revisione profonda degli elementi sbagliati della legge 107”. Perché, se le cose andassero diversamente, sarebbe impossibile “disinnescare l’ulteriore frattura con il mondo della scuola rappresentato dall’annunciato e probabile referendum, che non farà certamente bene al Governo, al Pd e alla scuola stessa”.

Le parole del leader della Uil Scuola sembrano chiare: se il PD continua su questa linea, il referendum costituzionale d’autunno, su cui il partito condotto da Matteo Renzi punta tantissimo, rischia di produrre amare sorprese.

Poi, c’è capire se il Governo vuole ancora lasciare i docenti della scuola pubblica, come tutti i dipendenti pubblici, con un contratto fermo da sei anni. C’è curiosità: in tanti si chiedono se il ministro Madia, che convocherà i sindacati ad inizio luglio, avrà il coraggio di proporre ancora meno di dieci euro di aumento lordo. In tal caso, sarebbe proprio il caso di dire: sbagliare è umano, perseverare…