I voti? Con le lettere

da Corriere della sera

I voti? Con le lettere

La pagella con tutti i voti numerici, a cui i bambini di scuole primarie e ragazzi di scuole medie sono ormai abituati dal 2009, è destinata a sparire. Per lasciare spazio alle più «eque e meno limitanti» lettere: ovvero, A-B-C-D-E, cinque gradi di giudizio per valutare gli studenti e assegnare loro un punteggio qualitativo dopo aver constatato se hanno o meno raggiunto gli obiettivi fissati dal ciclo di studi. La novità è contenuta in uno dei disegni di legge delega che il governo sta preparando sulla base delle indicazioni contenute nella legge 107, la riforma della scuola varata a luglio dello scorso anno. E che dovrebbe essere approvato entro l’estate, per entrare in vigore dall’anno scolastico 2017-2018.

Obiettivo? Uscire dalla logica della scuola-calcolatrice, limitare le ansie della corsa al voto e far riaffiorare l’idea che il successo scolastico sia un percorso, e non una media delle performance. «Così restituiamo alla scuola primaria il compito di mettere bambine e bambini agli stessi nastri di partenza — spiega la senatrice Francesca Puglisi che sta seguendo l’iter —. Misurare con un numero la gioia di apprendere di un bambino è come misurare il cielo con un righello».

In Italia è stata la riforma Gelmini a reintrodurre la valutazione numerica alla scuola primaria e secondaria di primo grado, abbandonata nel 1977: in realtà secondo quella legge i docenti dovrebbero esprimere il proprio giudizio in voti solo per la pagella intermedia e quella finale, lasciando spazio a giudizi più articolati — o meno severi — nel corso dell’anno per compiti, interrogazioni e elaborazioni di bambini e ragazzi. Ma spesso il voto è diventato uno strumento semplice e matematicamente ineccepibile per classificare lo studente: che, alla fine dell’anno, non può che constatare che il giudizio complessivo sulla sua preparazione è la media dei voti ottenuti. «Ed è proprio questo che deve cambiare — spiegano gli esperti che lavorano al progetto —, la valutazione in lettere esprime il concetto di evoluzione delle competenze e delle conoscenze, mentre il voto fotografa in maniera statica una situazione». Un esempio? Se uno studente, dopo un inizio complicato, si mette sotto a studiare e negli ultimi compiti prende sempre A, meriterà una A finale, che testimonia il punto di arrivo conquistato. Nel caso del voto numerico, i «5» o i «4» presi nei compiti iniziali non potrebbero invece essere cancellati ma diventerebbero parte della media, anche se alla fine dell’anno lo studente ha meritato tutti 8. «È come se non ci si potesse più sottrarre a quell’insuccesso». Beccarsi una E o una D, invece che un’umiliante insufficienza, dovrebbe essere sentito come un monito: il bambino o la bambina dimostrano di non aver raggiunto o di aver solo parzialmente raggiunto i livelli di apprendimento previsti per quella classe, e quindi devono impegnarsi di più.

In realtà era già stata diramata una circolare a febbraio dello scorso anno per sperimentare «i nuovi modelli di certificazione delle competenze», che invitava i docenti ad adottare nuove pratiche per misurare problem solving e abilità, atteggiamenti ed emozioni, potenzialità, stile di vita. Questo nuovo provvedimento però supera quelle linee guida e introduce un modello adottato con successo già in molti altri Paesi europei e in America, ma da noi non ci saranno segni «più o meno», e solo le ultime due lettere della scala denoteranno un’impreparazione tale da dover sostenere eventuali corsi di recupero.

Perché l’idea chiave è: fornire agli studenti gli strumenti per raggiungere la meta. Ed è proprio in questa direzione che va anche un’altra novità che dovrebbe essere contenuta nel provvedimento. E cioè l’abolizione della bocciatura alle elementari: «Inutile e dannosa», sentenziano gli esperti del ministero.

Valentina Santarpia