Neuroscienze e buona didattica

Neuroscienze e buona didattica

di Adriana Rumbolo

1) L’empatia è la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependo, in questo modo, emozioni e pensieri. E’ un termine che deriva dal greco, en-pathos “sentire dentro”, e consiste nel riconoscere le emozioni degli altri come se fossero proprie, calandosi nella realtà altrui per comprenderne punti di vista, pensieri, sentimenti, emozioni e “pathos”.Qualità indispensabile per chi vuole dedicarsi all’insegnamento.

2) Non trascurare occasioni per evidenziare una buona qualità di  ogni soggetto perchè si senta partecipe e non enfatizzare  un qualsiasi difetto di apprendimento.

3) Programmi si, ma sempre in dinamismo interdisciplinare
Il cervello non conosce  muri soprattutto invalicabili
Se non si rispetta la sua struttura, allora potrebbe costruirselo lui  “un muro” che lo salvi da una realtà invasiva e prigioniera.

4) Perchè  un’esperienza di apprendimento riesca  il cervello la deve accogliere bene. Ciò avviene se è stato risvegliato il suo interesse.e allora ci sarà  lo spacchettamento  perchè il contenuto dell’apprendimento  possa essere ricostruito  più conforme alla struttura cerebrale del soggetto stesso.

Frugando nell’archivio, la memoria,  lo elaborerà con le esperienze passate,  qualche volta scomodando anche l’inconscio,  mescolandosi ai colori delle emozioni coinvolte,  e alla fine se tutto è andato bene,   il soggetto avrà fatto una nuova  esperienza,   dopo averla personalizzata,  e uscendo da scuola non dirà sempre:”Che noia,la scuola è proprio inutile!”

Movimento , musica(v. video Beppe rocca “musica e  neuroscienze”) per non cadere mai nell’errore cartesiano.

Corpo e mente sono continuamente collegati in una fitta rete di informazioni e di  risposte , guai a pensarli separati.

A un  soggetto non sono sufficienti due ore di educazione fisica alla settimana su complessive 35 ore di  lezioni e soprattutto  non permettere mai che la  musica , la  creatività  siano lasciate fuori dalla classe,   appese come i cappotti: il cervello ne soffrirebbe troppo e non coopererebbe all’apprendimento.